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Superfood e la loro efficacia sulla salute

I superfoods , secondo uno studio pubblicato nel 2023 su Medicina , rivista internazionale che tratta dei problemi in ambito medico , possono essere integrati nella dieta nei pazienti con Diabete Mellito di tipo II .  Il termine ‘’ superfoood’’ viene applicato al mercato di alimenti con significativi benefici per la salute , ovvero che possono prevenire malattie e migliorare la salute in generale . Questi alimenti sono ricchi di determinati nutrienti come antiossidanti o acidi grassi omega -3 , un esempio sono i semi di lino , di chia , di girasole decorticato e di canapa. L’American Diabetes Association raccomanda il consumo dei seguenti ‘’superfood’’ nella dieta dei pazienti con diabete di tipo 2 :  
  • Fagioli , ad esempio i fagioli rossi, bianchi o neri perché forniscono proteine senza grassi saturi  
  • Verdura a foglia verde scura come spinaci , cavoli e cavolo riccio perché forniscono vitamine come la vitamina K, ferro, calcio, potassio e sono poveri di carboidrati e calorie  
  • Agrumi poiché contengono vitamina C, folati e potassio  
  • Bacche come mirtilli e fragole per la loro attività antiossidante  
  • Pomodori per il loro contenuto di vitamina C, vitamina E e potassio  
  • Pesci ricchi di acidi grassi e omega 3 come il salmone, sardine, sgombro, trota e tonno bianco, poiché  grassi omega 3 riducono il rischio di malattie cardiache e infiammazione  
  • Noci che contribuiscono a controllare la fame e sono generalmente una buona fonte di grassi omega 3  
  • Cereali integrali come avena integrale, quinoa, orzo integrale e farro che sono buone fonti di fibre nonché di vitamine e minerali  
  • Latte e yogurt poveri di grassi e zuccheri aggiunti, sono ricchi di calcio e vitamina D
I superfoods  dovrebbero essere integrati in un piano di terapia nutrizionale medica , ad esempio , il consumo di superfoods può avere un impatto positivo sul controllo dei parametri della sindrome metabolica , come la circonferenza della vita , l’indice di massa corporea (BMI) , la pressione sanguigna o le concentrazioni di colesterolo delle lipoproteine ad alta densità (HDL) , trigliceridi e glucosio .   Un piano di terapia nutrizionale medica di successo può ridurre l’HbA1c ( emoglobina glicata ) in misura simile o maggiore rispetto ai farmaci per il diabete di tipo 2 , fino al 2 % nel diabete di tipo 2 ( Evert AB et al ; Diabetes Cares , 2019 )  Inoltre, i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) raccomandano il “metodo del piatto”, che si basa su un piatto : metà del piatto dovrebbe essere riempito con verdure non amidacee (ad esempio, insalata, fagiolini, broccoli, cavolfiori, cavoli e carote); un quarto del piatto dovrebbe essere riempito con una proteina magra (ad esempio, pollo, tacchino, fagioli, tofu o uova); e l’altro quarto del piatto dovrebbe essere riempito con carboidrati (ad esempio, verdure amidacee: patate e piselli), riso, pasta, fagioli, frutta e yogurt o latte [ 2 ].  Evert AB et al hanno valutato le revisioni precedenti pubblicate nel 2019 e nel 2022 per identificare i superfoods che potessero ridurre significativamente i livelli glicemici nei pazienti con diabete di tipo 2 . Hanno preso studi recenti e aggiornati . Sono stati quindi identificati i superfoods che possono ridurre i livelli glicemici nei pazienti con DM2 ( Diabete Mellito di tipo 2 ) dopo un ‘attenta analisi di vari studi. Alimenti con polifenoli come le bacche: polifenoli e flavoni come la luteolina (sedano e prezzemolo), la quercitina (mela e broccoli), le catechine (tè, cioccolato ) , la genisterina (soia), acido gallico (aceto e uva), resveratrolo (uva e vino)   I polifenoli consentono di migliorare l’assorbimento del glucosio , stimolando il trasposrto del glucosio in altre cellule tissutali , diminuisce la gluconeogenesi e aumento la secrezione di insulina [ 3 ] .   Oltre ad una significativa riduzione della glicemia , si è riscontrato anche un miglioramento del profilo lipidico e della resistenza all’insulina , ad esempio con l’uso giornaliero di caffè e tè.  Il consumo giornaliero di alimenti e bevande naturalmente ricchi di polifenoli sembra fornire un beneficio nel controllo delle malattie cardiometaboliche. La dieta dovrebbe preferibilmente contenere diverse classi di polifenoli piuttosto che un alimento specifico o un composto fenolico, poiché diverse classi di polifenoli sembrano avere un effetto pleiotropico  Ad esempio, il consumo giornaliero di frutta ricca di antocianidine (mirtilli e mele) ha ridotto il rischio di diabete di tipo 2 del 23%. Tuttavia, un’associazione positiva tra il consumo di flavonoidi e le loro sottoclassi e un rischio ridotto di diabete di tipo 2 non è stata riscontrata in tutti gli studi. [ 4 ]  Ad esempio, il consumo leggero/moderato di vino è stato associato a un migliore controllo metabolico negli individui con diabete di tipo 2 a causa della presenza di polifenoli non alcolici, come il resveratrolo [ 5 ]. Tuttavia, è opportuno seguire le raccomandazioni dell’American Diabetes Association sull’assunzione di alcol: un drink al giorno per le donne e fino a due al giorno per gli uomini (5 once di vino, una birra da 12 once o un’oncia e mezza di superalcolici a 80 gradi), perché ci sono potenziali rischi associati al consumo di alcol da parte dei pazienti con diabete di tipo 2, come un aumentato rischio ipoglicemico, in particolare quando vengono prescritti insulina e sulfoniluree.

Microalghe e spirulina

Le microalghe, come la spirulina, rappresentano una fonte di nutrienti e un fitocomplesso che, assunti con la dieta o tramite integrazione regolata, possono supportare le normali funzioni cerebrali e lo sviluppo del sistema nervoso.. Varie prove in vivo testimoniano peculiari meccanismi di neuroprotezione e regolazione dell’appetito, nonché meccanismi antiossidanti e antinfiammatori nel parenchima cerebrale con potenziali utilizzi nella prevenzione di patologie neurodegenerative o psicocognitive, dove la componente infiammatoria è rilevante [6]  Una corretta terapia nutrizionale medica per i pazienti affetti da DM T2 può essere più facilmente raggiunta e/o mantenuta con l’uso concomitante di “supercibi”, poiché possono migliorare o mantenere il controllo metabolico (profili di glucosio e lipidi, peso della massa corporea, pressione sanguigna e marcatori antinfiammatori). Pertanto, vengono proposte le seguenti raccomandazioni: 
  • Il consumo isolato di “superfoods” non dovrebbe essere utilizzato per sostituire una dieta o un piano di esercizi adeguati e di successo per i pazienti con diabete di tipo 2. L’adozione di una determinata dieta, come una dieta mediterranea, povera di grassi o carboidrati, sembra essere più rilevante del consumo isolato di “supercibi” da parte dei pazienti con diabete di tipo 2, poiché è stato dimostrato che un piano di terapia nutrizionale medica di successo di per sé può raggiungere una riduzione simile o maggiore dell’HbA1c rispetto ai farmaci per il diabete di tipo 2 [ 4 ]. 
  • È probabile che gli obiettivi di una corretta terapia nutrizionale medica per i pazienti affetti da diabete di tipo 2 possano essere raggiunti e/o mantenuti più facilmente con l’uso concomitante di “supercibi”, poiché alcuni di essi possono migliorare o mantenere il controllo metabolico (tra cui profili glicemici e lipidici, peso corporeo, pressione sanguigna e marcatori antinfiammatori). 
  • I ‘supercibi’ dovrebbero preferibilmente essere integrati nel piano alimentare dei pazienti con diabete di tipo 2 con il coinvolgimento di un nutrizionista. Ad esempio, i ‘superfoods’ possono essere utilizzati per sostituire alimenti dello stesso gruppo della ruota alimentare, rispettando i principi di un piano nutrizionale diversificato e razionale. 
  • I “superfoods” dovrebbero essere consumati nelle giuste dosi (quantitative e qualitative) per garantire che vengano raggiunte le loro proprietà bioattive, soprattutto considerando che tendono a essere più costosi di altri alimenti. 

Scritto da  

Dott.ssa Miriam Esposito  

Biologa specializzata in nutrizione e alimentazione clinica 

Bibliografia   1 Evert AB, Dennison M., Gardner CD, Garvey WT, Lau KHK, MacLeod J., Mitri J., Pereira RF, Rawlings K., Robinson S., et al. Terapia nutrizionale per adulti con diabete o prediabete: un rapporto di consenso. Diabetes Care. 2019;42:731–754. doi: 10.2337/dci19-0014.  2.CDC—Centers for Disease and Control Prevention Diabetes Meal Planning. [(consultato il 28 marzo 2023)]; disponibile online: https://www.cdc.gov/diabetes/managing/eat-well/meal-plan-method.html 
  1. Sun L., Miao M. I polifenoli dietetici modulano la digestione dell’amido e il livello glicemico: una revisione. Crit. Rev. Food Sci. Nutr. 2020;60:541–555. doi: 10.1080/10408398.2018.1544883
  2. Giacco R., Costabile G., Fatati G., Frittitta L., Maiorino M.I., Marelli G., Parillo M., Pistis D., Tubili C., Vetrani C., et al. Effects of polyphenols on cardio-metabolic risk factors and risk of type 2 diabetes. A joint position statement of the Diabetes and Nutrition Study Group of the Italian Society of Diabetology (SID), the Italian Association of Dietetics and Clinical Nutrition (ADI) and the Italian Association of Medical Diabetologists (AMD) Nutr. Metab. Cardiovasc. Dis. 2020;30:355–367. doi: 10.1016/j.numecd.2019.11.015
  3. Restani P., Di Lorenzo C., Fradera U., Stockley C.S., Teissedre P.L., Ruf J.C., Iasiello B., Biella S., Colombo F., Kosti R.I. Is it scientifically justifiable to exclude wine and/or unfermented grape derivatives from the diet of consumers with or at risk of developing type-2 diabetes? Food Funct. 2020;11:10266–10278. doi: 10.1039/D0FO01969K.

6. Vincenzo Sorrenti 1,2,*, Davide Augusto Castagna 3, Stefano Fortinguerra 4, Alessandro Buriani 2, Giovanni Scapagnini 5, Donald Craig Willcox , Spirulina Microalgae and Brain Health: A Scoping Review of Experimental and Clinical Evidence . 2021 ; Marine drugs 

Suggerimenti per affrontare con serenità gli sgarri durante le festività

Con sempre maggior ansia ci si appresta a pensare a come superare indenni da impennate del peso corporeo in occasione delle festività Natalizie. A volte ci si propone di “ assaggiare giusto un pochino”, per poi ritrovarsi insoddisfatte ed affamate senza aver concluso nulla.  Occorre invece premunirsi di piani strategici per contenere al meglio il maltolto e uscirne indenni. Provate a redigere un vero e proprio vademecum per le festività in tutto l’arco temporale (che non è poco).  Prima di tutto il Natale si festeggia il 24 dicembre a cena, e non  una settimana prima, iniziando ad assaggiare panettoni gourmet o varie prove di piatti elaborati che vanno testati, ecc…  Va precisato quindi che le regole alimentari vanno mantenute tali sino a tutto il 23 compreso senza eccezioni.  Il 24, è bene optare per una colazione con del latte preferibilmente vegetale, o una tisana o del te non zuccherato, 2/3 fette biscottate meglio se integrali senza  aggiunta di marmellate; 
  • uno spuntino a metà mattinata con della frutta fresca (mela, arancio, pera) 
  • un pranzo a base di verdure fresche crude o cotte, o misto delle due; anche un bel minestrone o passato di verdure senza legumi né patate;  evitando l’utilizzo dell’olio 
  • nel pomeriggio un bel centrifugato di ortaggi ci accompagnerà alla cena, ove si predilige  un consumo di pesce, optando per un primo piatto meglio se a base di pasta lunga con mitili o misto scoglio, del pesce al forno senza il consumo di patate, una verdura cotta tipo broccolo all’agro, asparagi o agretti; 
NO a tartine e antipasti similari, SI ad una insalata di mare  NO a fritture varie ed evitate di assaggiarle stando ai fornelli!  Bandito il fine pasto con dolci e prodotti da forno tipo panettone e pandoro (oltre all’effetto negativo del lievito e del carico grassi idrogenati –  zuccheri ,avrete meteorismo e flatulenza). Una tisana meglio se al finocchio o una camomilla prima di coricarvi fungerà da carminativo e concilierà un sonno ritemprante.  Per il 25 va bene una colazione come il giorno precedente, uno spuntino sempre con della frutta, cercando di arrivare a pranzo senza pilucchiare.
  • Un primo patto elaborato anche se ben condito è concesso in minima porzione, va bene un secondo di carne di qualsiasi genere, un contorno di qualsiasi tipo anche se si tratta di patate al forno (in minima quantità).
  • Terminate con della frutta magari sfiziosa, (ananas, mango, papaia, melone)  NO FRUTTA SECCA.
  • Si arriva a cena dove è  bene non DIGIUNARE, ma purificarsi con dell’insalata verde e poco olio.
  • Sempre utile una tisana drenante e depurativa prima di coricarsi. 
Il 26 dovrebbe ricalcare la giornata del 25 Dal 27 al 30 si torna alle normali regole alimentari senza rinunciare alla suddivisione dei pasti  Per il 31 vale la stessa regola del 24, tranne il fatto che si possono assaggiare SOLO le lenticchie (no quindi a zampone e cotechino)  Il primo dell’anno va considerata giornata detox in assoluto; tisane, centrifugati, passati di verdura ed insalate vi accompagneranno per l’intera giornata, e comunque ricordatevi di non saltare mai i pasti , per rimediare o  semplicemente  quando vi sentite sazie, poiché è proprio in questa circostanza che il metabolismo va in stand – by, perdendo forse peso si, ma di sicuro muscolo!  Vivete le feste con serenità ma con giudizio, poiché non si ingrassa tra Natale e Capodanno, ma tra capodanno e Natale.  

Ruolo della genetica nell’obesità: quanto incide davvero ?

L’obesità è una patologia multifattoriale e i tratti ereditabili e la genetica hanno un impatto indiscutibile sulla sua epidemiologia. Infatti, è stato riportato nella letteratura scientifica che i fattori genetici contribuiscono fino al 25% nella determinazione anche delle espressioni più comuni dell’obesità.  A questo proposito, solo un piccolo numero di pazienti presenta forme monogeniche di obesità (5%), derivanti da mutazioni di geni specifici. D’altra parte, le forme poligeniche di obesità, definite anche come obesità comune, rappresentano un gruppo eterogeneo di disturbi che descrivono con precisione la complessa interazione tra fattori genetici e ambientali.

La base genetica dell’obesità

Numerosi studi hanno dimostrato che la genetica influenza significativamente la predisposizione all’obesità. Le stime suggeriscono che circa il 40-70% della variabilità del peso corporeo sia dovuto a fattori genetici, mentre il restante è influenzato da fattori ambientali e comportamentali. La predisposizione genetica all’obesità è determinata da una complessa interazione tra più geni, ognuno dei quali può avere un piccolo effetto ma, insieme, contribuisce in modo sostanziale al rischio complessivo.  I geni implicati nell’obesità sono coinvolti in vari processi fisiologici e metabolici, tra cui il controllo dell’appetito, il dispendio energetico, l’accumulo di grasso e la regolazione dei meccanismi ormonali che influenzano il metabolismo. Alcuni di questi geni sono stati identificati attraverso studi di associazione del genoma (GWAS), che analizzano il DNA di grandi popolazioni per scoprire varianti genetiche comuni associate a tratti specifici come l’obesità.

Geni chiave legati all’obesità

  1. FTO (Fat Mass and Obesity-Associated Gene): Uno dei geni più studiati in relazione all’obesità è il gene FTO. Varianti del gene FTO sono state associate a un aumento del rischio di obesità. Il gene FTO è coinvolto nella regolazione del comportamento alimentare e nella spesa energetica. Le persone portatrici di certe varianti di FTO tendono a mangiare più cibo e ad avere un maggiore accumulo di grasso corporeo, anche quando l’apporto calorico è simile a quello di altri individui. Questi risultati suggeriscono che FTO possa influenzare l’efficienza con cui il corpo gestisce l’energia. 
  2. MC4R (Melanocortin 4 Receptor): Il recettore della melanocortina 4, codificato dal gene MC4R, gioca un ruolo chiave nella regolazione dell’appetito e della sazietà. Mutazioni in questo gene sono una delle cause genetiche più comuni di obesità monogenica, una forma rara di obesità causata da un singolo difetto genetico. Le persone con mutazioni di MC4R tendono a mangiare in eccesso e a non sentirsi mai completamente sazie, portando a un aumento significativo del peso corporeo. 
  3. LEP (Leptin): La leptina è un ormone prodotto dalle cellule adipose che regola il bilancio energetico e segnala al cervello lo stato di sazietà. Mutazioni nel gene LEP, che codifica la leptina, sono associate a disfunzioni del controllo dell’appetito e al sovrappeso. Tuttavia, in molte persone obese, si riscontra una condizione chiamata “resistenza alla leptina”, in cui il cervello non risponde correttamente a questo segnale di sazietà, favorendo un eccessivo consumo di cibo. 
  4. PPARG (Peroxisome Proliferator-Activated Receptor Gamma): Il gene PPARG è coinvolto nella regolazione del metabolismo dei lipidi e nell’accumulo di grasso. Varianti di questo gene sono state associate a un rischio maggiore di sviluppare obesità e diabete di tipo 2, in quanto influenzano la sensibilità all’insulina e la gestione dei grassi nel corpo.

Genetica e Metabolismo

Oltre alla genetica, il tasso metabolico di ogni individuo gioca un ruolo significativo nel controllo del peso. Il tasso metabolico basale (BMR) è la quantità di energia che il corpo brucia a riposo. I geni influiscono su questo parametro, ma anche fattori come la massa muscolare, l’età e il sesso contribuiscono a determinarlo. Ad esempio, gli uomini tendono ad avere un BMR più alto rispetto alle donne a causa della maggiore massa muscolare. Sebbene alcune persone sembrino avere un metabolismo più veloce, permettendo loro di mangiare di più senza ingrassare, la realtà è che il metabolismo da solo non spiega appieno l’aumento di peso. Anche coloro che hanno un metabolismo più lento possono mantenere un peso sano se adottano un’alimentazione equilibrata e uno stile di vita attivo. 

Meccanismi Epigenetici nell’Obesità

Le modifiche epigenetiche legate all’obesità coinvolgono principalmente tre principali meccanismi: la metilazione del DNA, le modifiche degli istoni e l’RNA non codificante. 
  1. Metilazione del DNA: La metilazione del DNA è un processo che prevede l’aggiunta di gruppi metile (-CH3) a specifiche citosine nel DNA. Questi gruppi metile possono silenziare l’espressione genica. Diversi studi hanno identificato che l’espressione di geni legati al metabolismo, come il gene FTO (Fat Mass and Obesity Associated), è influenzata dalla metilazione, portando a una predisposizione maggiore all’obesità. La metilazione del DNA è particolarmente sensibile agli stimoli ambientali, come una dieta ad alto contenuto calorico o una bassa attività fisica, che possono alterare i pattern di metilazione e predisporre gli individui a sviluppare l’obesità. 
  2. Modifiche degli istoni: Gli istoni sono proteine che avvolgono il DNA e giocano un ruolo fondamentale nella regolazione dell’espressione genica. Le modifiche chimiche degli istoni, come l’acetilazione e la metilazione, possono influenzare la struttura della cromatina e, di conseguenza, la trascrizione genica. Alterazioni in questi meccanismi sono state osservate in geni coinvolti nel controllo del bilancio energetico, come quelli che regolano l’appetito, il dispendio energetico e l’accumulo di grasso. Le modifiche agli istoni possono quindi contribuire a una predisposizione all’obesità, anche in risposta a fattori esterni come l’alimentazione o lo stile di vita. 
  3. RNA non codificante: Gli RNA non codificanti, come i microRNA e i lncRNA, svolgono un ruolo importante nella regolazione dell’espressione genica. Questi piccoli RNA possono modulare la trascrizione di geni legati al metabolismo e alla risposta infiammatoria. La disfunzione nella regolazione di questi RNA non codificanti è stata associata a cambiamenti nei processi di accumulo di grasso e dispendio energetico, suggerendo una connessione tra epigenetica e obesità.

Interazione tra Fattori Ambientali e Epigenetica

L’epigenetica è influenzata in modo significativo da fattori ambientali, che agiscono come “trigger” per modificare l’espressione genica. Tra i principali fattori ambientali che incidono sull’epigenoma, la dieta gioca un ruolo centrale. Un’alimentazione ricca di grassi, zuccheri e cibi altamente processati può indurre cambiamenti epigenetici che aumentano il rischio di obesità. Inoltre, fattori come lo stress, l’inquinamento, e la mancanza di sonno possono alterare l’epigenoma, influenzando la predisposizione all’obesità in modo duraturo.  Uno degli aspetti più affascinanti dell’epigenetica è la sua capacità di trasmettere i cambiamenti genetici da una generazione all’altra. Ad esempio, esperimenti su modelli animali hanno dimostrato che la dieta materna durante la gravidanza può alterare l’espressione dei geni nei figli, predisponendo così le generazioni future a un rischio maggiore di obesità. Questo fenomeno, noto come “programmazione epigenetica”, suggerisce che l’ambiente precoce e le abitudini alimentari possano avere effetti duraturi sulla salute metabolica, non solo nella vita dell’individuo, ma anche in quella dei suoi discendenti.

Conclusioni

L’interazione tra obesità ed epigenetica è un campo in continua evoluzione che offre nuovi spunti per comprendere meglio la complessità di questa patologia. Mentre i fattori genetici tradizionali, come la predisposizione a sviluppare obesità, sono indubbiamente rilevanti, le modifiche epigenetiche forniscono una spiegazione più dinamica e flessibile, in grado di spiegare come l’ambiente possa influenzare l’espressione genica e il rischio di malattia.  Ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere in profondità le connessioni tra obesità ed epigenetica e come questi meccanismi possano essere sfruttati per sviluppare strategie preventive e terapeutiche più mirate. La medicina personalizzata, che tiene conto delle caratteristiche epigenetiche individuali, potrebbe diventare un approccio fondamentale per trattare e prevenire l’obesità, migliorando la salute globale a lungo termine. 

A cura della Dott.ssa Miriam Esposito  

Biologa Nutrizionista clinica  

 

Le fibre alimentari

Cosa sono le fibre alimentari ?

Sotto la denominazione di fibra alimentare o fibra dietetica è compreso un numero piuttosto elevato di componenti , per la gran parte polisaccaridi, ma anche oligosaccaridi e lignina, tutti di origine vegetali e aventi in comune il fatto di non essere idrolizzabili a opera degli enzimi digestivi umani, in particolare delle α-amilasi. La fibra dietetica oggi si considera costituita da due sottogruppi: la fibra solubile e la frazione insolubile, intendendo con solubile/insolubile sostanzialmente una diversa capacità di interazione con l’acqua. La componente solubile è per lo più costituita da polisaccaridi a minor peso molecolare e maggiormente ramificati, capaci di assorbire acqua in quantità maggiori e in tempi relativamente rapidi. La fibra insolubile è anch’essa in grado di assorbire acqua, ma in quantità inferiore e soprattutto in tempi più lunghi. La frazione solubile ha, inoltre, la caratteristica di essere parzialmente o totalmente fermentescibile da parte del microbiota intestinale umano, con produzione di Short Chain Fatty Acids (scfa).  Le numerose e positive proprietà riconosciute alla fibra alimentare , sia solubile sia insolubile, si manifestano solo se alla sua assunzione si associa un adeguato apporto di acqua.  La caratteristica fisica più importante di molti dei polisaccaridi che compongono la fibra è la capacità di formare dei gel in presenza di acqua.   Tra i principali componenti della fibra troviamo l’amido resistente, l’inulina e le pectine.  L’amido resistente è presente in diversi alimenti come nei cereali integrali e nei legumi. L’inulina ha proprietà gelificanti ed è riconosciuta una funzione prebiotica, attualmente grazie alle sue proprietà tecnologiche e salutistiche è molto utilizzata nella formulazione di nuovi alimenti. Le pectine presentano la capacità di sequestrare ioni bivalenti come il calcio. Questo provoca la riduzione della biodisponibilità di questo importante ione per il nostro organismo.

Fonti di fibra nella dieta

Le fibre sono un componente essenziale di una dieta equilibrata, forniscono una vasta gamma di benefici per la salute, tra cui miglioramenti nella digestione, nella regolarità intestinale e nel controllo del peso. Fortunatamente, esistono molte fonti deliziose e nutrienti di fibre che possono essere facilmente incorporate nella tua alimentazione quotidiana.  Una delle fonti più ricche di fibre sono i cereali integrali, come l’avena, il farro, il quinoa e il riso integrale. Questi alimenti non solo forniscono una buona dose di fibre solubili, ma sono anche ricchi di altri nutrienti essenziali come le vitamine del complesso B e i minerali.  I cereali sono alimenti base della dieta mediterranea , sia perché equilibratori della razione alimentare sia perché ricchi di sostanze ad attività nutraceutica come i beta glucani. Questi non attribuiscono un valore calorico all’alimento ma svolgono un ruolo funzionale nell’organismo umano. Numerosi studi hanno dimostrato che il consumo di cereali integrali e dei prodotti derivati , riduca il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari , diabete di tipo II , sindrome metabolica e alcuni tipi d tumori che interessano il tratto gastrointestinale. Queste proprietà salutistiche sono da attribuire sia al contenuto di fibra sia alle vitamine e alle sostanze bioattive ad attività nutraceutica che i cereali possiedono.  I beta glucani sono componenti principali della frazione solubile della fibra alimentare e come tali esercitano una serie di effetti, qual il rallentamento dello svuotamento gastrico e l’incremento degli peristalsi intestinale. Sono presenti nell’orzo, vena e in quantità minori nel segale e nel grano. Negli ultimi anni diversi studi hanno evidenziato il ruolo dei beta glucani dell’orzo e dell’avena nel contenimento dei livelli di colesterolo e di glucosio ematico sia negli animali da laboratorio che negli esseri umani.L’azione ipoglicemizzante sembra essere il risultato di un duplice effetto: da una parte questi componenti sono in grado di rallentare lo svuotamento gastrico e quindi rallentano l’entrata in circolo del glucosio, dall’altra parte sono in grado di incrementare la sensibilità all’insulina dei tessuti, favorendo l’uso dei glucosio da parte dei tessuti  la sua riduzione a livello ematico. L’azione ipocolesterolemizzante ,invece , è dovuta alla loro capacità di sequestrare il colesterolo a livello intestinale e ridurne la sintesi epatica . Per queste proprietà nutraceutiche la Food and Drug Admiistration (FDA) e l’EFSA hanno autorizzato nel 2006 l’uso di indicazioni salutistiche ( healthclaim) nelle quali si afferma che i beta glucani riducono il rischio cardiovascolare e contribuiscono al mantenimento del peso corporeo.  Le leguminose, come i fagioli, le lenticchie e i ceci, sono anch’esse ricche di fibre e proteine. Sono incredibilmente versatili e possono essere aggiunti a zuppe, insalate, stufati o utilizzati per preparare deliziose polpette vegetali.  I legumi secchi sono costituiti dal 7-17% di fibra alimentare. La frutta è un’altra fantastica fonte di fibre, soprattutto quando consumata con la buccia. Mele, pere, kiwi, prugne, bacche e agrumi sono particolarmente ricchi di fibre e possono essere consumati freschi, aggiunti a frullati o come spuntino sano durante la giornata.  

Figura 1 Tabella degli alimenti CREA ,ultimo aggiornamento Dicembre 2019

Le verdure a foglia verde scuro, come spinaci, cavolo riccio e cavolo nero, sono anche ricche di fibre e offrono una vasta gamma di nutrienti, tra cui ferro e calcio. Possono essere consumate crude in insalate o cotte come contorno o ingrediente principale di piatti gustosi.  Per incorporare queste fonti di fibre nella tua dieta quotidiana, prova a pianificare pasti che includano una varietà di alimenti integrali, legumi, frutta e verdura. Puoi iniziare la giornata con un porridge di avena arricchito con frutta fresca, optare per un’insalata di lenticchie per pranzo e completare la giornata con una cena a base di quinoa e verdure arrostite.  Inoltre, assicurati di bere abbondante acqua per ottimizzare i benefici delle fibre e favorire la regolarità intestinale. Con una pianificazione attenta e una varietà di opzioni deliziose, è facile aumentare l’assunzione di fibre e migliorare la tua salute complessiva.

Fibre e digestione

Le fibre svolgono un ruolo fondamentale nella promozione di una digestione sana e nell’aiutare a prevenire disturbi gastrointestinali. Quando si mangiano fibre, si fornisce al corpo un materiale che non può essere completamente digerito, ma che attraversa l’apparato digerente, stimolando il movimento intestinale e promuovendo la regolarità.  Le fibre agiscono come una sorta di spazzino naturale per il sistema digestivo, aiutando a mantenere puliti l’intestino e prevenendo la costipazione. Inoltre, le fibre possono contribuire a ridurre il rischio di diverticolosi, emorroidi e altri disturbi intestinali.  Quando si parla di facilitare la digestione, le fibre svolgono un ruolo chiave nel mantenere il transito intestinale regolare e nella prevenzione dei problemi digestivi come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e la stipsi. Integrare fibre nella dieta quotidiana non solo favorisce una digestione più efficiente, ma può anche contribuire a ridurre i sintomi di gonfiore e disagio gastrointestinale.   Mentre i biscotti e altri alimenti arricchiti con fibre possono sembrare una soluzione semplice per aumentare l’assunzione di fibre, è necessario sottolineare l’importanza di ottenere fibre da fonti naturali come frutta, verdura, cereali integrali e legumi. Questi alimenti non solo forniscono fibre, ma sono anche ricchi di altri nutrienti essenziali che supportano la salute digestiva e generale.  Sebbene gli integratori di fibre possano essere utili in alcuni casi, è sempre meglio ottenere fibre attraverso una dieta equilibrata e variegata. Inoltre, è importante aumentare l’assunzione di fibre gradualmente e bere abbondante acqua per evitare eventuali disagi digestivi.  La quantità di fibra raccomandata dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) varia in base all’età: 
  • adulti, almeno 25 grammi al giorno, anche in caso di apporti energetici inferiori a 2000 chilocalorie al giorno 
  • infanzia, 8,4 grammi ogni 1000 chilocalorie assunte 
In sintesi, le fibre svolgono un ruolo cruciale nella digestione e nella prevenzione dei disturbi gastrointestinali, fornendo una serie di benefici per la salute. Integrare una varietà di fonti di fibre nella tua dieta quotidiana è un passo fondamentale per mantenere un sistema digestivo sano e funzionante ottimamente.   Il nostro stile di vita moderno nei paesi occidentalizzati differisce radicalmente da quelli dei nostri antenati ominidi cacciatori-raccoglitori. Di conseguenza, il nostro corredo genetico non è adatto all’ambiente e agli stili di vita moderni. Inoltre, il nostro microbiota intestinale, che si è coevoluto con noi nel corso di milioni di anni e da cui dipende completamente la nostra salute , è probabilmente cambiato radicalmente attraverso il nostro stile di vita . E’ stato visto da recenti studi quanto il microbiota possa modificarsi anche a seguito della dieta, è per questo necessario seguire una sana alimentazione affinchè questa possa prevenire da numerose patologie.   Ecco alcune strategie pratiche per aumentare l’assunzione giornaliera di fibre: 
  • Scegliere cereali integrali: Opta per pane integrale, pasta integrale, riso integrale, farro e altri cereali integrali invece delle loro controparti raffinate. Questi cereali sono ricchi di fibre alimentari insolubili, che contribuiscono alla salute intestinale e alla regolarità. 
  • Favorire la frutta e la verdura: Consuma almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, inclusi tipi ad alto contenuto di fibre come mele, pere, bacche, carote, broccoli e cavoli. La frutta e la verdura forniscono una combinazione di fibre solubili e insolubili, offrendo numerosi benefici per la salute. 
  • Inserisci legumi nella dieta: Aggiungi fagioli, lenticchie, ceci e piselli a zuppe, insalate, stufati e piatti principali per aumentare l’apporto di fibre. I legumi sono una fantastica fonte di fibre alimentari insolubili e proteine, rendendoli un’aggiunta nutriente a qualsiasi pasto.  
  • Bere molta acqua: Assicurati di bere abbastanza acqua durante il giorno per ottimizzare i benefici delle fibre e mantenere un corretto equilibrio idrico nell’organismo. L’acqua aiuta a muovere le fibre attraverso il tratto digestivo e previene la stipsi. 
Ecco un elenco delle principali fonti di fibre solubili e insolubili.  Fibre solubili: 
  • Avena 
  • Orzo 
  • Fagioli 
  • Lenticchie 
  • Frutta (come mele, pere e agrumi) 
  • Verdure (come carote e zucchine) 
Fibre insolubili: 
  • Cereali integrali (come riso integrale, farro e grano saraceno) 
  • Crusca di frumento 
  • Noci e semi 
  • Frutta (come kiwi e fragole) 
  • Verdure (come broccoli, cavolfiori e cavoli)
Integrando una varietà di queste fonti di fibre nella tua alimentazione quotidiana e seguendo queste strategie pratiche, puoi facilmente aumentare l’assunzione giornaliera di fibre e migliorare la tua salute complessiva.

Microbiota e Fibre alimentari

La microflora intestinale è composta da circa 100 trilioni di microbi che si sono coevoluti con i nostri antenati ominidi nel corso di milioni di anni. Una microflora intestinale sana e diversificata è alla base della normale fisiologia, compreso il normale sviluppo immunitario e persino la regolazione del normale funzionamento mentale ed emotivo. La disbiosi intestinale, quindi l’alterazione della microflora intestinale, è alla base di gran parte delle malattie croniche del 21° secolo. Fortunatamente, la nostra microflora intestinale è modificabile attraverso fattori legati allo stile di vita, principalmente la nostra dieta. Tutti noi possiamo, quindi, migliorare le nostre prospettive di salute future migliorando la nostra flora intestinale. Un ottimo modo per raggiungere questo obiettivo è ottimizzare l’apporto di fibre alimentari. In uno studio condotto nel 2022 è emerso che negli esseri umani la fibra alimentare svolge un ruolo protettivo per la barriera intestinale e la salute generale del colon.  La diminuzione dell’assunzione di fibre alimentari nel corso dei secoli ha favorito lo sviluppo di un microbiota intestinale alterato , dannoso per la salute umana.  Nel 2022 su Microorganisms  è stato dimostrato che l’alterazione del microbiota intestinale possa essere correlato all’epidemia globale del diabete , cancro e altre malattie non trasmissibili.

Assunzione di fibre e Depressione

L’assunzione di fibre alimentari sembra essere associata al rischio di sviluppo della depressione. Sebbene i meccanismi sottostanti non siano ancora del tutto chiariti, è stato ipotizzato che l’infiammazione possa mediare il legame tra fibre alimentari e depressione, e che l’associazione tra una dieta ricca di fibre e una riduzione dei composti infiammatori possa alterare le concentrazioni di alcuni neurotrasmettitori che, a sua volta, potrebbe ridurre il rischio di sviluppo della depressione. Coerentemente con il ruolo del microbiota intestinale nella mediazione degli effetti delle fibre sulla salute mentale, una meta-analisi di studi clinici controllati ha mostrato un effetto, piccolo ma significativo ,dei probiotici sulla depressione e sull’ansia . Inoltre, la prova del concetto che una dieta sana migliori i sintomi depressivi è stata fornita nello studio SMILES, in cui una dieta mediterranea modificata (comprese sessioni di consulenza nutrizionale) in pazienti adulti con diete di scarsa qualità e disturbi depressivi, ha dimostrato di associarsi a miglioramenti nei sintomi depressivi. Sarà di notevole importanza per gli studi futuri fornire approfondimenti sui meccanismi che collegano la nostra dieta (comprese le fibre alimentari) con la nostra salute mentale. Le future linee guida sulla prevenzione e la gestione della depressione e di altri disturbi di salute mentale potrebbero includere anche una dieta ricca di fibre come fattore importante da considerare. Bibliografia 1-Ye J., Wu Z., Zhao Y., Zhang S., Liu W., Su Y. Ruolo del microbiota intestinale nella patogenesi e nel trattamento delle mulliti del diabete: revisione avanzata basata sulla ricerca. Davanti. Microbiolo. 2022; 13 :1029890. doi: 10.3389/fmicb.2022.1029890  2-Larn – livelli di assunzione di riferimento di nutrienti ed energia per la popolazione italiana , IV revisione a cura di SINU 2018, società italiana di nutrizione umana . Coordinamento editoriale SINU-IURAN, Milano, SICS 2014-ics Editore Milano   3- La chimica e gli alimenti , Mannina Luisa , Daglia M , Ritieni A. . Casa editrice ambrosiana2019   4- Healey G., Murphy R., Butts C., Brough L., Whelan K., Coad J. L’assunzione abituale di fibre alimentari influenza la risposta del microbiota intestinale a un prebiotico fruttano di tipo inulina: uno studio randomizzato, in doppio cieco, placebo- studio controllato, incrociato, di intervento umano. Fratello J. Nutr. 2018; 119 :176–189. doi: 10.1017/S0007114517003440   5- Fiber intake and fiber intervention in depression and anxiety: a systematic review and meta-analysis of observational studies and randomized controlled trials . Aslam et all , 2023 Nutrition Reviews.    Biologa nutrizionista Miriam Esposito

La dieta mediterranea: un modello alimentare ottimale e sostenibile

La dieta mediterranea, conosciuta anche come “modello alimentare mediterraneo”, si ispira alle tradizioni culinarie dei paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo. Nel 2010, l’UNESCO ha riconosciuto la dieta mediterranea come “patrimonio immateriale dell’umanità”, attribuendone la paternità a Italia, Grecia, Marocco, Cipro, Croazia e Portogallo. Questo riconoscimento evidenzia il valore culturale, storico e nutrizionale di questo regime alimentare.

I primi studi sulla dieta mediterranea

I primi studi di Ancel Keys e il successivo corpo di ricerca hanno solidificato la Dieta Mediterranea come uno dei regimi alimentari più salutari e sostenibili al mondo. I suoi principi continuano a influenzare le linee guida nutrizionali globali e a promuovere uno stile di vita sano ed equilibrato.

Il Pioniere Ancel Keys e lo studio dei sette paesi

Il biologo, fisiologo ed epidemiologo americano Ancel Keys è considerato uno dei padri fondatori della scienza dell’alimentazione moderna. Nel dopoguerra, Keys si interessò particolarmente alla relazione tra dieta e malattie cardiovascolari, conducendo studi che avrebbero portato a scoperte rivoluzionarie nel campo della nutrizione.  Uno degli studi più celebri condotti da Keys fu il “Seven Countries Study” (Studio dei Sette Paesi), avviato negli anni ’50. Questo studio comparativo coinvolse sette nazioni geograficamente e culturalmente diverse: Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Jugoslavia, Paesi Bassi e Giappone. L’obiettivo principale era indagare i rapporti tra stile di vita, dieta, e incidenza di malattie cardiovascolari e ictus.  Lo studio esaminò un ampio campione di uomini di mezza età in ciascun paese, raccogliendo dati dettagliati sulle loro abitudini alimentari, livelli di attività fisica, abitudini di fumo e altri fattori di rischio per le malattie cardiovascolari. I risultati rivelarono una chiara correlazione tra il tipo di dieta seguita e la salute cardiovascolare:  – Regimi Alimentari Mediterranei: I paesi del bacino del Mediterraneo, in particolare l’Italia e la Grecia, mostrano tassi molto più bassi di malattie cardiovascolari rispetto agli Stati Uniti e ai paesi del Nord Europa. Questi regimi alimentari erano ricchi di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, pesce e olio d’oliva, con un consumo moderato di vino e una bassa assunzione di carne rossa e latticini.  – Regimi Alimentari Occidentali: Nei paesi come gli Stati Uniti e la Finlandia, dove la dieta era ricca di grassi saturi, zuccheri raffinati e carni rosse, l’incidenza di malattie cardiovascolari era significativamente più alta. Le scoperte di Keys hanno avuto un impatto profondo sulla comprensione della nutrizione e delle malattie cardiovascolari, contribuendo a promuovere la Dieta Mediterranea come modello alimentare ideale. Questo studio pionieristico ha posto le basi per ulteriori ricerche che hanno continuato a sostenere i benefici per la salute associati a questo modello alimentare.

Approfondimenti successivi

Dopo il lavoro di Keys, numerosi altri studi hanno continuato ad esplorare e confermare i benefici della Dieta Mediterranea:  – Studi epidemiologici: Ricerche a lungo termine hanno evidenziato come la Dieta Mediterranea sia associata a una riduzione del rischio di numerose malattie croniche, tra cui diabete, obesità, cancro e malattie neurodegenerative.  – Ricerca clinica: Studi clinici randomizzati hanno dimostrato che l’adozione della Dieta Mediterranea può migliorare i marcatori di salute cardiovascolare, come la pressione arteriosa, i livelli di colesterolo e i marker infiammatori.  – Benefici cognitivi e longevità: Studi recenti suggeriscono che la Dieta Mediterranea possa anche avere effetti benefici sulla salute cognitiva e sulla longevità, contribuendo a ridurre il rischio di declino cognitivo e demenza.

Linee guida ispirate ai principi della dieta mediterranea

Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha sviluppato delle Linee Guida ispirate ai principi della Dieta Mediterranea per promuovere un’alimentazione sana: 
  • Frutta e verdura: Consumare quotidianamente almeno 5 porzioni di frutta e verdura fresca e circa 30 g di frutta secca oleosa, come indicato dai LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia). 
  • Grassi insaturi: Ridurre il consumo di grassi saturi, sostituendoli con grassi insaturi come l’olio d’oliva e oli di semi, preferibilmente usati a crudo, per favorire la normalizzazione dei livelli di colesterolo nel sangue e prevenire patologie cardiovascolari. 
  • Carboidrati complessi: Assumere circa il 50-60% delle calorie giornaliere attraverso carboidrati complessi come cereali integrali (farro, orzo, segale), pasta, pane e riso integrali, che sono un’ottima fonte di fibre. 
  • Proteine vegetali: Favorire il consumo di proteine vegetali, come i legumi, creando combinazioni che permettano l’assunzione di tutti gli amminoacidi essenziali. Limitare il consumo di proteine animali. 
  • Prodotti di origine animale*: Preferire pesce e carni bianche, limitando il consumo di carne rossa, insaccati e latticini, soprattutto quelli particolarmente grassi, a un massimo di due volte a settimana. 
  • Zuccheri semplici*: Ridurre il consumo di zucchero e prodotti dolciari confezionati. 
  • Sale: Ridurre il consumo di sale seguendo le raccomandazioni del Ministero della Salute (5 g al giorno). 
  • Idratazione: Bere molta acqua (minimo 1,5 litri al giorno) e limitare bibite zuccherate e alcoliche. 
  • Varietà alimentare: Variare molto le proprie scelte alimentari ogni giorno per garantire un apporto completo di nutrienti.

La Piramide Alimentare della Dieta Mediterranea

La piramide alimentare della Dieta Mediterranea offre una guida completa per una dieta sana ed equilibrata, enfatizzando l’importanza della varietà alimentare, la qualità degli ingredienti e uno stile di vita attivo. Questo modello alimentare, oltre a promuovere la salute, rispetta le tradizioni culturali e culinarie dei paesi del Mediterraneo, rendendolo sostenibile e piacevole da seguire.  La piramide alimentare della Dieta Mediterranea è uno strumento visivo che rappresenta in modo semplice e intuitivo le proporzioni e la frequenza di consumo degli alimenti raccomandati. La struttura della piramide è stata originariamente introdotta nel 1992 e successivamente aggiornata nel 2005 per riflettere nuove scoperte scientifiche. Essa non solo fornisce indicazioni nutrizionali, ma incorpora anche aspetti culturali e di stile di vita che sono parte integrante della Dieta Mediterranea.

Struttura della Piramide Alimentare Mediterranea

La dieta mediterranea: un modello alimentare ottimale e sostenibile La piramide è suddivisa in diversi livelli, ognuno dei quali rappresenta un gruppo di alimenti con indicazioni sulla frequenza di consumo:   Base della piramide: Alimenti da consumare quotidianamente 
  • Frutta e verdura: Sono la base della dieta, raccomandando almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura fresche. Questi alimenti sono ricchi di vitamine, minerali, antiossidanti e fibre. 
  • Cereali integrali: Pasta, pane, riso, orzo, farro e altri cereali integrali sono consigliati come principale fonte di carboidrati. Questi forniscono energia, fibre e nutrienti essenziali. 
  • Olio d’oliva: L’olio d’oliva extra vergine è la principale fonte di grassi e viene utilizzato quotidianamente. È ricco di acidi grassi monoinsaturi e antiossidanti, benefici per la salute cardiovascolare. 
  • Legumi e frutta secca: Consumati regolarmente, i legumi (come fagioli, lenticchie e ceci) e la frutta secca oleosa (come noci e mandorle) forniscono proteine vegetali, fibre e grassi sani. 
  • Acqua: L’idratazione è fondamentale, con una raccomandazione di bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno. 
Livelli intermedi: alimenti da consumare settimanalmente 
  • Pesce e frutti di mare: Consumo raccomandato almeno due volte alla settimana. Questi alimenti sono ottime fonti di proteine di alta qualità, omega-3 e altri nutrienti essenziali. 
  • Carni bianche: Pollo, tacchino e coniglio sono preferiti rispetto alle carni rosse, da consumare con moderazione. 
  • Uova: Fino a 4 uova a settimana, incluse quelle utilizzate nelle preparazioni alimentari. 
  • Latticini: Latte, yogurt e formaggi in quantità moderate, preferibilmente a basso contenuto di grassi. 
Vertice della piramide: alimenti da consumare con moderazione 
  •  Carne rossa e insaccati: Consumo limitato a una volta alla settimana o meno, a causa del loro alto contenuto di grassi saturi e sale. 
  • Dolci e zuccheri aggiunti: Consumo occasionale, per limitare l’apporto di zuccheri semplici. 

Altri aspetti fondamentali

La piramide alimentare della Dieta Mediterranea non si limita solo alla scelta degli alimenti, ma incorpora anche altri elementi di uno stile di vita sano: 
  • Convivialità dei pasti: Mangiare in compagnia e godersi il cibo è una parte importante della cultura mediterranea. 
  • Stagionalità e località dei prodotti: Preferire alimenti freschi e di stagione, possibilmente locali, per garantire la qualità e sostenere l’economia locale. 
  • Attività fisica: L’esercizio fisico regolare è essenziale per mantenere uno stile di vita sano. 
  • Controllo del peso: Mantenere un peso corporeo sano attraverso una dieta equilibrata e attività fisica regolare. 

Evoluzione della Piramide Alimentare Mediterranea: la revisione del 2005

Grazie alle nuove scoperte scientifiche, la piramide alimentare è stata aggiornata per riflettere una comprensione più accurata delle necessità nutrizionali: 
  • Cereali raffinati: Spostati dalla base della piramide verso il vertice, indicando un consumo moderato. 
  • Grassi: I grassi di origine animale sono posizionati al vertice per un consumo limitato, mentre i grassi vegetali, come l’olio d’oliva, sono alla base per un consumo quotidiano.

Influenza della dieta mediterranea sulla prevenzione delle patologie

La Dieta Mediterranea offre un modello alimentare sostenibile e gustoso che può contribuire significativamente alla prevenzione di numerose patologie croniche. I suoi benefici sono supportati da una solida base di evidenze scientifiche, che ne confermano l’efficacia nella promozione della salute e nel miglioramento della qualità della vita.

Prevenzione delle patologie cardiovascolari: studi chiave

  1. Seven Countries Study: Ancel Keys e colleghi hanno evidenziato come i tassi di malattie cardiache fossero significativamente più bassi nei paesi del Mediterraneo rispetto ai paesi occidentali. Questo studio pionieristico ha mostrato che le persone che seguono una dieta mediterranea hanno una minore incidenza di malattie cardiache e ictus.
  1. PREDIMED (Prevención con Dieta Mediterránea): Uno degli studi più rilevanti condotti recentemente in Spagna ha coinvolto oltre 7.000 individui ad alto rischio di malattie cardiovascolari. I partecipanti che seguivano una dieta mediterranea integrata con olio d’oliva extravergine o noci hanno mostrato una riduzione significativa del rischio di eventi cardiovascolari maggiori rispetto a coloro che seguivano una dieta a basso contenuto di grassi.

Prevenzione del Diabete di Tipo 2: studi chiave

  1. Studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition): Questo studio ha rilevato che l’aderenza alla Dieta Mediterranea è associata a un rischio ridotto di sviluppare il diabete di tipo 2. L’alto contenuto di fibre e i grassi sani della dieta aiutano a migliorare la sensibilità all’insulina e a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue.
  1. PREDIMED: Anche in questo studio, i partecipanti che seguivano la Dieta Mediterranea hanno mostrato una riduzione del 30% del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a quelli che seguivano una dieta a basso contenuto di grassi.

Prevenzione del cancro: studi chiave

  1. Studio EPIC: Oltre alla prevenzione del diabete, questo ampio studio ha evidenziato che un’alta adesione alla Dieta Mediterranea è correlata a una riduzione del rischio di vari tipi di cancro, inclusi il cancro al seno, al colon e alla prostata.
  1. Meta-analisi e Revisioni Sistematiche: Diversi studi di revisione e meta-analisi hanno confermato che la Dieta Mediterranea può ridurre il rischio di cancro grazie ai suoi alti livelli di antiossidanti, fibre e acidi grassi monoinsaturi, che proteggono le cellule dai danni ossidativi e infiammatori.

Prevenzione delle malattie neurodegenerative: studi chiave

  1. Studio su Alzheimer e Demenza: Studi osservazionali e clinici hanno suggerito che seguire la Dieta Mediterranea può ridurre il rischio di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer. Gli antiossidanti, gli acidi grassi omega-3 e i polifenoli presenti nella dieta sembrano proteggere contro il declino cognitivo.
  1. Studio NIH-AARP: Questa ricerca ha scoperto che un’aderenza maggiore alla Dieta Mediterranea è associata a una riduzione del rischio di malattie neurodegenerative tra cui la malattia di Parkinson e altre forme di demenza.

Prevenzione dell’obesità: studi chiave

  1. Studi di Coorte: Diverse coorti, come lo studio SUN (Seguimiento Universidad de Navarra), hanno dimostrato che l’adesione alla Dieta Mediterranea è associata a un minor aumento di peso nel tempo e a una minore incidenza di obesità centrale.
  1. Studi di Intervento: Il PREDIMED ha anche evidenziato che i partecipanti che seguivano la Dieta Mediterranea avevano una maggiore probabilità di perdere peso o mantenere un peso sano rispetto a quelli che seguivano altre diete.
   

Dieta e stress: come gestire la fame emotiva?

La relazione tra dieta e stress è complessa e spesso sottovalutata. Molti di noi sperimentano la fame emotiva, un fenomeno in cui si mangia non per reale necessità fisica, ma per far fronte a emozioni come ansia, tristezza o  noia. Questo comportamento può portare a un circolo vizioso di cattive abitudini alimentari e aumento del peso, aggravando ulteriormente lo stato di stress.  La fame è un segnale naturale del corpo che indica la necessità di energia. Tuttavia, spesso viene confusa con altri stimoli, portandoci a mangiare per abitudine o per rispondere a stati emotivi.   La fame fisiologica si manifesta gradualmente, con segnali evidenti come lo stomaco che brontola, un leggero calo di energia e un desiderio generico di cibo. Il corpo in questo caso sta comunicando un reale bisogno di nutrienti per poter funzionare in modo ottimale.  Al contrario, la fame emotiva compare all’ improvviso e spinge a cercare cibi specifici, spesso ricchi di zuccheri e grassi, per ottenere una sensazione di conforto immediato. Questa fame non è legata a una necessità biologica, ma piuttosto a un bisogno psicologico di compensazione.   Mangiare senza ascoltare i segnali del proprio corpo può portare a squilibri metabolici e a una difficile gestione del peso corporeo.  

L’impatto dello stress sulla nutrizione

Lo stress rappresenta un nemico insidioso per il nostro benessere psicofisico, influenzando profondamente le nostre abitudini alimentari e, di conseguenza, la nostra salute.   Durante i periodi di elevato stress, numerosi studi hanno evidenziato  una tendenza generale verso scelte alimentari meno salutari, con una preferenza per cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi, a discapito di una dieta equilibrata.  Un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità durante il lockdown del 2020 in Italia, ha rivelato che l’88.6% delle persone sopra i 16 anni ha sperimentato stress psicologico e quasi il 50% ha manifestato sintomi depressivi. Questo stress ha avuto un impatto diretto  sulle abitudini alimentari,con un calo nel consumo di frutta e verdura, sostituiti da alimenti ricchi di zuccheri e grassi.  Il cortisolo, noto come “ormone dello stress”, è un ormone steroideo prodotto dalle ghiandole surrenali in risposta a situazioni di stress fisico e emotivo. Le sue funzioni principali includono: 
  1. Regolazione del metabolismo e dei livelli di zucchero nel sangue. 
  2. Controllo della  risposta infiammatoria del corpo. 
  3. Gestione dell’ ansia e stress 
  4. Influenza sul  sonno-veglia. 
E’ importante sottolineare come lo stress cronico porti a un aumento della produzione di cortisolo, che a sua volta può incrementare la sensazione di fame e rendere più difficile la gestione del peso corporeo.  Per contrastare gli effetti dello stress sulla fame emotiva, è utile includere nella propria dieta alimenti che bilancino i livelli di cortisolo. Tra questi, possiamo evidenziare: 
  • Avocado: è ricco di magnesio, aiuta a stabilizzare l’energia e ridurre lo stress.
  • Cioccolato fondente (+85% cacao). Migliora l’umore e abbassa i livelli di cortisolo 
  • Salmone: grazie agli omega-3 combatte l’infiammazione e riequilibra gli ormoni dello stress. 
  Sebbene lo stress possa essere imprevedibile e non sempre controllabile, è possibile adottare strategie efficaci per gestirlo. È fondamentale dedicare ogni giorno del tempo a se stessi, per svolgere attività che apportino piacere e benessere. Alcuni suggerimenti includono:
  • Alimentazione regolare. Mai saltare i pasti e prevedere piccoli spuntini in modo da non arrivare troppo affamati, rischiando di mangiare nervosamente troppo cibo e di aumentare velocemente il peso corporeo rischiando sovrappeso e obesità. Una dieta equilibrata e ricca di nutrienti può aiutare a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue e ridurre la voglia di cibi calorici. E’ importante includere una varietà di alimenti, come frutta, verdura, proteine e cereali integrali. 
  • Cercare di pianificare i pasti della settimana: evitando cibi pronti e troppo carichi di sale e grassi: spesso quando il tono dell’umore è deflesso la voglia di cucinare è poca: in questi casi meglio un pasto semplice e poco impegnativo, come un’insalatona e per soddisfare la voglia di dolce privilegiare uno yogurth e frutta di stagione ad alimenti troppo zuccherini.
  • Svolgere un’attività fisica regolare: aiuta a scaricare lo stress.

Strategie per gestire la fame emotiva

  • Consapevolezza: praticare la mindfulness può aiutare a riconoscere quando si sta mangiando per motivi emotivi. Rallentare e riflettere sulle proprie emozioni può aiutare a trovare alternative più sane. 
  • Identificazione dei Trigger: tenere un diario alimentare può aiutare a identificare situazioni o emozioni specifiche che scatenano la fame emotiva. Riconoscere questi trigger è il primo passo per affrontarli. 
  • Alternativa all’Alimentazione. Trovare attività alternative per affrontare lo stress, come esercizio fisico, meditazione o hobby creativi, può ridurre il desiderio di mangiare per motivi emotivi. 
  • Nutrizione equilibrata. Seguire una dieta equilibrata e varia aiuta a mantenere stabili i livelli di energia. Includere cibi ricchi di nutrienti come frutta, verdura, cereali integrali e proteine magre può contribuire a una maggiore stabilità emotiva.

Conclusioni

Gestire la fame emotiva richiede tempo e impegno, ma è un passo fondamentale per migliorare il benessere generale. Con strategie adeguate e supporto, è possibile sviluppare un rapporto più sano con il cibo e ridurre l’impatto dello stress sulla nostra vita quotidiana  Bibliografia  -D’adamo, M.; (2018), La fame emotiva: come riconoscerla e affrontarla  -Fabbri, L. (2020), Nutrizione e psicologia:come il cibo aiuta il nostro umore  -Società Italiana Nutrizione Umana (SINU)

Come creare una dieta personalizzata

L’eccesso di peso (sovrappeso e obesità) è un fattore di rischio significativo per la salute, in particolare per la sua associazione con diverse malattie, tra cui quelle cardiovascolari, il diabete, l’ipertensione, certi tipi di cancro e disturbi cronici come le patologie osteoarticolari. Maggiore è il peso in eccesso, maggiore è il rischio di sviluppare queste condizioni. Inoltre, la distribuzione del grasso corporeo gioca un ruolo importante nel determinare il rischio a causa di un accumulo di grasso nella zona addominale , nello specifico grasso viscerale . Quest’ultimo risulta molto più dannoso rispetto al grasso localizzato in altre aree del corpo.

PIÙ FRUTTA E VERDURA

  • Aumenta quotidianamente il consumo di frutta e verdura fresca, senza esagerare con oli e grassi aggiunti e limitando zuccheri e sale. 
  • Utilizza la frutta e la verdura come spuntini: finocchi crudi, carote o gambi di sedano sono ottime scelte. 
  • Evita di cuocere troppo le verdure per preservarne la consistenza croccante, preferendo una cottura rapida in padella per mantenere il gusto e aumentare il senso di sazietà. 
  • Scegli frutta e verdura di colore diverso e di stagione, che spesso sono anche più economiche e saporite. 
  • Aggiungi piccole porzioni di frutta secca nella tua dieta, facendo attenzione a non esagerare con le quantità.

Perché mangiare più frutta e verdura?

La frutta e la verdura sono alimenti a bassa densità calorica, ossia forniscono poche calorie per peso e volume, il che le rende ideali per chi desidera mantenere un peso sano. Inoltre, sono ricche di fibre, che contribuiscono al fabbisogno giornaliero di fibra previsto dalla dieta italiana.  Questi alimenti sono anche una fonte eccellente di vitamine e minerali. Ad esempio, le arance, i pomodori e i kiwi sono ricchi di vitamina C, mentre le verdure a foglia verde fornisce  folati. La carota, la pesca, l’albicocca e altre verdure a foglia contengono beta-carotene (pro-vitamina A), mentre molte varietà di frutta e verdura forniscono anche vitamina E e alcune vitamine del gruppo B. I prodotti ortofrutticoli sono inoltre una buona fonte di minerali come il potassio (un terzo della dieta ne proviene da frutta e verdura) e, per esempio, gli spinaci e la rucola sono ricchi di ferro e calcio (sebbene l’assorbimento di questi minerali sia inferiore rispetto ai prodotti di origine animale).  Oltre ai nutrienti, la frutta e la verdura contengono composti bioattivi, molecole che non sono considerate nutrienti essenziali, ma che svolgono importanti azioni biologiche benefiche per l’organismo.

FRUTTA E VERDURA NELLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE

Molti studi epidemiologici suggeriscono che una dieta ricca di frutta e verdura fresca, combinata con il basso consumo di grassi, zuccheri, alcol e sale, è associata a una riduzione della mortalità e di numerose malattie, tra cui quelle del cavo orale, della laringe, dell’esofago, dello stomaco e dell’intestino (colon-retto).  In particolare, il consumo di frutta è stato associato a un minor rischio di malattie cardiovascolari. Recenti ricerche hanno evidenziato una relazione lineare tra l’aumento del consumo di frutta e la riduzione del rischio di ictus: per ogni porzione in più consumata, il rischio si riduce di circa il 10%. Contrariamente a quanto spesso si pensa, la frutta è altrettanto protettiva quanto la verdura. Nonostante contenga più zuccheri e calorie, la protezione derivante dal suo consumo è direttamente proporzionale al numero di porzioni consumate.  La fibra presente in frutta e verdura è un altro fattore benefico: contribuisce a ridurre i livelli di glucosio e colesterolo totale , in particolare diminuendo le LDL (colesterolo cattivo).

Quanto frutta e verdura mangiare?

 
Le linee guida raccomandano di consumare almeno 400 grammi di frutta e verdura al giorno, come obiettivo minimo per prevenire le malattie croniche. L’adozione di una dieta con 5 porzioni al giorno (adattato dal programma americano “Five-a-Day“) è diventata una pratica comune per garantire una sana alimentazione.

FALSE CREDENZE

  • La frutta ai pasti è dannosa? Non è vero. Mangiare frutta durante o alla fine del pasto può essere vantaggioso, poiché la vitamina C migliora l’assorbimento del ferro dalle verdure, aiuta a pulire la mucosa della bocca e dei denti e costituisce un dolce finale senza essere troppo calorica. 
  • La frutta gonfia? Non è corretto. La digestione rallentata dalle fibre della frutta è minima e non causa gonfiore, a meno che non ci siano specifici disturbi intestinali. In questi casi, si consiglia di consumare la frutta lontano dai pasti.

CEREALI E LEGUMI

  • Consuma regolarmente cereali come pane, pasta, riso e, se possibile, scegli quelli integrali. Limita l’uso di condimenti grassi. 
  • Mangia più legumi (fagioli, ceci, lenticchie) per aumentare il consumo di fibra e ridurre il ricorso a proteine animali. Se hai problemi digestivi con i legumi, opta per quelli decorticati o rimuovi le bucce con un passaverdure. 

BEVI ACQUA REGOLARMENTE

Bevi almeno 1,5–2 litri di acqua al giorno (circa 6–8 bicchieri), anche tra i pasti, per mantenere una buona idratazione. È importante ascoltare il senso di sete e anticiparlo, bevendo piccole quantità di acqua frequentemente. Dopo l’attività fisica, reintegra le perdite di liquidi con acqua.  L’acqua è fondamentale per il funzionamento di tutti i processi corporei, contribuendo al bilancio idrico necessario per mantenere il corpo in salute a breve, medio e lungo termine.  

VARIA LA TUA ALIMENTAZIONE

  • Consuma cibi provenienti da tutti i gruppi alimentari e cerca di variare frequentemente le tipologie di alimenti. 
  • Non saltare i pasti; anche uno spuntino leggero tra i pasti aiuta a mantenere l’energia e la concentrazione. 
  • Fai attenzione a non mangiare in fretta; dedica del tempo al pasto. 
  • Riduci il consumo di carne e aumenta la varietà di alimenti vegetali. 
  • Fai una colazione adeguata ogni giorno. 
  • Cambia le tue scelte alimentari per motivi di sicurezza: la monotonia alimentare può comportare il rischio di ingerire sostanze indesiderate.
Variare la dieta non solo aiuta a mantenere una buona salute fisica, ma contribuisce anche al benessere psicologico, offrendo piacere nei sapori e nella preparazione dei pasti.   BIBLIOGRAFIA  
  •  Linee guida per una sana alimentazione , CREA , revisione 2018  
 

Autrice  

Dott.ssa Miriam Esposito 

Biologa Nutrizionista  

 

Insulinoresistenza e alimentazione: qual è la colazione ideale?

L’insulinoresistenza è un condizione clinica caratterizzata da una mancata o ridotta risposta tissutale agli effetti biologici dell’insulina che è considerata l’ormone chiave nella regolazione del metabolismo glicolipidico.   La principale causa dell’insorgenza della resistenza all’insulina è l’obesità addominale per cui il controllo del peso corporeo con una corretta alimentazione assume un ruolo determinante per preservare lo stato di salute.  La prima colazione è considerata il primo importante pasto della giornata alimentare dopo il lungo digiuno notturno e sembra essere in grado di influenzare anche i pasti successivi agendo sul ritmo fame/sazietà per cui la sua adeguata composizione è fondamentale per il miglioramento del peso corporeo e dei parametri cardio-metabolici.  Nel soggetto insulinoresistente è fondamentale il controllo del picco di insulina post-prandiale e l’ottimizzazione della glicemia per cui ogni pasto deve includere quantità adeguate di carboidrati a basso indice glicemico, proteine di elevata qualità e lipidi.   La colazione ideale va consumata ad orari regolari e prevede latte parzialmente scremato o yogurt magro, orzo o caffè e cereali integrali come pane, cornflakes e fette biscottate. Le fibre presenti nei cereali integrali sono importanti in quanto rallentano l’assorbimento degli zuccheri introdotti durante il pasto, aumentano il senso di sazietà e apportano meno calorie per cui contribuiscono anche al controllo del peso corporeo.  Con scelte alimentari consapevoli e uno stile di vita sano è possibile gestire l’insulinoresistenza e preservare la propria salute.  FONTI 
  • Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) 
  • Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione (SISA) 
  • Società Italiana di Diabetologia (SID) 
   

Cibi Antinfiammatori: come integrarli nella dieta per combattere obesità e malattie metaboliche

E’ spesso nostra abitudine alternare giorni di alimentazione corretta a fasi in cui  ci facciamo prendere dalla mano, e non controlliamo più ciò che riusciamo a  mangiare senza  avere un controllo specifico, spesso in circostanze di convivialità, festività o giornate di puro relax. Ciò purtroppo ci conduce a mettere a dura prova il nostro organismo, causando un vero e proprio stravolgimento  organico andando incontro a stati infiammatori (non lo consideriamo, ma avviene proprio così). L’infiammazione si scatena nell’organismo, di solito, quando il  nostro sistema immunitario  viene attivato da agenti esterni: batteri, virus, funghi, ecc. È interessante, però, come alcune ricerche scientifiche abbiano dimostrato che l’infiammazione può essere scatenata da alcuni cibi  e quindi, da una alimentazione  scorretta. Ci accorgiamo che il nostro sistema immunitario è stressato dalla frequenza con cui si presentano alcuni segni e sintomi quali:
  • stitichezza;
  • diarrea;
  • reflusso gastroesofageo;
  • nausea;
  • stanchezza o spossatezza cronica;
  • insonnia;
  • depressione;
  • stati d’ansia e disturbi dell’umore;
  • dolori (es. alle articolazioni o ai muscoli).
Quando l’infiammazione diventa cronica può essere molto pericolosa  perché a questo fenomeno sono state associate  molte patologie anche serie: malattie cardiache , diabete di tipo 2, artrite, depressione, Alzheimer, e anche alcune forme di tumori. Inoltre, in caso di infiammazione cronica, si può essere più  predisposti all’aumento di peso. Uno degli strumenti più potenti per combattere l’infiammazione è un l’equilibrata alimentazione, che deve prevedere l’alternanza di tanti cibi diversi; una dieta varia ci permette infatti di introdurre tante sostanze nutritive differenti, tutte indispensabili all’organismo, per questo non va bene mangiare sempre gli stessi cibi.  Molti studi sperimentali hanno dimostrato che i nutrienti  di alcuni cibi o bevande possono avere effetti pro o antinfiammatori ,quindi, scegliendo i cibi antinfiammatori potremmo essere in grado di ridurre il rischio di sviluppare malattie, mentre assumendo frequentemente quelli pro-infiammatori potremmo accelerare il processo della malattia infiammatoria.  Ad esempio una iperglicemia  acuta è  causata dall’eccessivo consumo di cibi ad alto indice glicemico (carboidrati  trasformati che includono soprattutto farina bianca e zucchero raffinato), e la conseguente risposta insulinica  acuta, causano un “sovraccarico” di carboidrati che non riescono ad essere smaltiti efficacemente dall’organismo e a un aumento della produzione di radicali liberi. Anche un singolo pasto ad alto indice glicemico è stato associato a un aumento immediato della proteina C reattiva (una proteina che viene immessa dal fegato nel circolo sanguigno in risposta a processi infiammatori) e delle citochine infiammatorie (che contribuiscono alla proliferazione delle cellule coinvolte nei processi infiammatori e immunitari del corpo). I cibi che  aumentano  l’infiammazione sistemica, sono per lo più: 
  • carboidrati raffinati come pane bianco e dolci; 
  • patatine fritte e altre fritture;
  • soda e altre bevande zuccherate;
  • carni rosse(come hamburger e bistecche) e lavorate  (come hot dog e salsicce).
Una dieta antinfiammatoria dovrebbe combinare una varietà di alimenti che: 
  • sono ricchi di sostanze nutritive;
  • forniscono un’ampia gamma di antiossidanti;
  • contengono grassi monoinsaturi e polinsaturi;
  • non hanno conservanti e additivi.
CIBI ANTINFIAMMATORI: come integrarli nella dieta per combattere obesità e malattie metaboliche La scelta di carboidrati a basso indice glicemico può migliorare la glicemia postprandiale (dopo il pasto) e ridurre le risposte infiammatorie. Gli alimenti meno elaborati e a basso indice glicemico, infatti, non innescano effetti infiammatori post-prandiali avversi. Questo beneficio è stato attribuito a componenti  alimentari più complesse che rallentano la digestione e l’assorbimento dei carboidrati stessi; inoltre, è stata osservata una riduzione significativa delle concentrazioni di proteina C reattiva se si consuma un quantitativo di fibre (circa 30 g al giorno, ma anche mangiare soli 5 g di fibre in più al giorno può essere utile). Un altro vantaggio di una dieta ricca di fibre è la composizione del microbiota più favorevole, che riduce l’infiammazione sia intestinale che sistemica. Per di più, mangiare tante fibre fa aumentare la produzione di acidi grassi a catena corta, che riducono notevolmente il rischio di malatttie mediate dall’infiammazione, come quelle cardiovascolari, il diabete di tipo 2, il cancro e l’obesità. Così come le fibre, anche gli acidi grassi a corta catena influenzano positivamente il mantenimento di alcuni ceppi batterici del microbiota intestinale importanti per l’integrità della mucosa intestinale e per la corretta assimilazione dei nutrienti. Infine, una ricerca scientifica sul consumo di prodotti lattiero-caseari ha mostrato che l’attività pro-infiammatoria seguente al consumo di questi cibi era presente solo nelle persone intolleranti al lattosio del latte vaccino. Dall’insieme dei dati raccolti per i differenti tipi di latticini è emerso che sia i prodotti a basso che ad alto contenuto di grassi, ed anche i prodotti fermentati, sono associati ad attività antinfiammatoria. Ricordiamo che il Grana Padano Dop contiene peptidi (cioè piccole proteine) con proprietà antinfiammatorie. Inoltre, è un formaggio naturalmente privo di lattosio e può essere quindi consumato in tranquillità dagli intolleranti allo zucchero del latte.  Cosa dobbiamo mangiare, quindi, per combattere i processi infiammatori? Gli alimenti che possono aiutare a gestire l’infiammazione includono: 
  • Pesci grassi, come tonno, acciughe, salmone, sgombro, sardine.
  • Frutta di color viola scuro-rosso, come mirtilli, more, fragole, ciliegie, arance, ananas, mandorle e noci.
  • Verdure come cavoli, broccoli e spinaci.
  • Noci, mandorle e semi.
  • Olive e olio extra vergine.
  • Zenzero e curcuma. Spezie ed erbe aromatiche si possono utilizzare per condire i piatti al posto del sale, alimento che va limitato perché causa infiammazione se consumato in eccesso. In alternativa, puoi utilizzare un cucchiaio di Grana Padano DOP grattugiato per condire i primi piatti, le minestre e i passati di verdure invece che usare il sale.
  • Tè verde. 
  • Probiotici e prebiotici 
Tuttavia, bisogna tenere a mente che nessun singolo alimento aumenterà la salute di una persona, ne la proteggerà dalle infiammazioni  È quindi importante prevedere una grande varietà degli alimenti,  nutrienti e salutari nella nostra alimentazione quotidiana e fare soprattutto attenzione a variare ed alternare le fonti proteiche: 
  • Carne (preferibilmente bianca o comunque da tagli magri, sgrassata), da consumare tre volte a settimana. 
  • Affettati magri (pollo o tacchino, bresaola) per una volta a settimana. 
  • Pesce, da consumare in modo ottimale quattro volte a settimana
  • 2-4 porzioni di uova, da consumare una o due volte a settimana. 
  • Formaggi preferibilmente stagionati come Grana padano DOP consumato come secondo per due volte a settimana. Questo formaggio è il più ricco di calcio tra quelli comunemente consumati, inoltre apporta buone proteine ad alto valore biologico (inclusi i 9 aminoacidi essenziali) vitamine B e B12 contro l’infiammazione assieme a vitamina A, zinco e selenio.
  • Legumi, come fagioli, ceci o lenticchie, da mangiare tre volte a settimana. 
  Di seguito un esempio di correzione alimentare antinfiammatoria: 
  • UNA COLAZIONE con del latte di mucca parzialmente scremato con cerali integrali, un mix di frutta fresca  tipo more, fragole e lamponi yoghurt con un pezzetto di zenzero, noci e mandorle, tè verde fette biscottate integrali
  • SPUNTINI con  30 grammi di parmigiano reggiano, centrifuga con limone, carota, sedano, zenzero. Frutta fresca tipo mirtilli, more, fragole,lampone
  • PRANZO con carboidrati complessi integrali tipo riso integrale, riso venere, quinoa, conditi con verdure a foglia come broccoli, cavolini di bruxelles, cavolfiore e olio extra vergine di oliva
  • CENA con pesce azzurro ( alici, sgombro, tonno, salmone) o carni bianche magre (pollo, tacchino, coniglio), affettati magri ( bresaola, fesa di tacchino) o legumi misti (ceci, fagioli, lenticchie, fave, piselli) accompagnati sempre da verdure cotte al vapore a foglia verde.
   

Cibi a basso contenuto calorico: guida per un’alimentazione sana e leggera

La scelta di intraprendere un percorso di dimagrimento o mirare al mantenimento di un peso sano porta ad avere una maggiore attenzione sulla quantità di calorie che vengono consumate ogni giorno. Fortunatamente, esistono numerosi cibi sani e poco calorici che ci permettono di non sacrificare il gusto e la soddisfazione. È importante sottolineare che prediligere cibi poco calorici non significa ridurre drasticamente l’intake calorico ma, piuttosto, fare scelte alimentari intelligenti e bilanciate che forniscono una quantità adeguata di nutrienti essenziali, senza eccedere con le calorie. In questo articolo, esploreremo una varietà di opzioni alimentari che possono essere integrate facilmente nella nostra alimentazione, aiutandoci a raggiungere gli obiettivi di buona salute e forma fisica.

Quali sono i cibi a basso contenuto calorico?

Ecco una lista di categorie alimentari a ridotto apporto calorico ed aventi numerosi benefici, che possiamo includere nella nostra routine quotidiana:

1.      Fonti di origine vegetale: cereali integrali, legumi, frutta e verdura

·       Cereali integrali:

Ad esempio: avena, riso integrale, farro, quinoa, orzo, grano saraceno, miglio, kamut, segale e frumento integrale. I cereali integrali offrono una serie di benefici per la salute grazie alla loro composizione nutrizionale. Essi sono ricchi di fibre, utili per regolare il transito intestinale e per favorire la sensazione di sazietà. Ricordiamo anche che, le fibre presenti nei cereali integrali, possono aiutare a stabilizzare i livelli di zucchero nel sangue. I cereali integrali contengono vitamine del gruppo B, vitamina E, ferro, magnesio e zinco.

·       Legumi:

Ad esempio: fagioli borlotti, fagioli neri, fagioli cannellini, fagioli rossi, piselli, lenticchie, fave e ceci. I legumi sono una delle migliori fonti vegetali, poiché sono ricchi di proteine, contengono alti livelli di fibre e bassi di grassi saturi. Non solo: i legumi contengono ferro non emico, minerali e folati.

·       Frutta:

Ad esempio: pompelmo, limone, mele, arance, fragole, kiwi, ananas, pere, mirtilli e frutti di bosco. La frutta è ricca di vitamine e minerali, come la vitamina C, K ed il folato, nonché minerali come potassio, magnesio e calcio. Contiene alti livelli di fibra, di acqua e di antiossidanti. Si consiglia di consumare almeno 2-3 porzioni di frutta al giorno per ottenere i massimi benefici per la salute.

·       Verdura:

Ad esempio: lattuga, valeriana, spinaci, cetrioli, finocchi, sedano, cavolfiore, bieta e radicchio. Le verdure sono una fonte di vitamine e minerali, come la vitamina A, C, K ed il folato, nonché minerali come potassio, magnesio e calcio. Contiene alti livelli di fibra, di acqua e di antiossidanti. Si consiglia di consumare almeno 3-5 porzioni di verdura al giorno per ottenere i massimi benefici per la salute.

2.      Fonti di origine animale: carne magra, uova, pesce e prodotti lattiero-caseari magri

·       Carne magra:

Ad esempio: petto di pollo o di tacchino, filetto di manzo o di vitello. È importante prestare attenzione alla provenienza, alle porzioni ed ai metodi di cottura per mantenere la salute generale.

·       Uova:

Le uova sono un alimento nutriente e conveniente che può essere incorporato facilmente in una dieta equilibrata. Le uova sono una fonte eccellente di proteine di alta qualità, che forniscono tutti gli amminoacidi essenziali necessari per la salute muscolare, la riparazione del tessuto e molte altre funzioni vitali del corpo. Inoltre, le uova sono una buona fonte di vitamine e minerali importanti, tra cui vitamina D, vitamina B12, riboflavina, selenio e colina.

·       Pesce magro:

Il pesce è una fonte nutriente di proteine di alta qualità e offre molti benefici per la salute. Alcuni esempi sono: merluzzo, nasello, trota, platessa. Il pesce magro è una scelta salutare per coloro che cercano di ridurre l’assunzione di grassi saturi e aumentare l’assunzione di proteine di alta qualità. È anche una fonte eccellente di nutrienti come acidi grassi omega-3, vitamine del gruppo B e minerali come il selenio e lo iodio.

·       Prodotti lattiero-caseari magri:

Ad esempio: yogurt greco magro, latte scremato, formaggio magro, kefir, fiocchi di latte e yogurt bianco. È importante leggere le etichette degli alimenti per assicurarsi di scegliere prodotti a basso contenuto di grassi e, soprattutto, a basso contenuto di zuccheri.   Per conoscere le specifiche nutrizionali di ogni alimento, puoi consultare le tabelle di composizione degli alimenti messe a disposizione da CREA: “https://www.alimentinutrizione.it/tabelle-nutrizionali/ricerca-per-alimento

Strategie per integrare cibi a basso contenuto calorico nella dieta

In questo paragrafo andremo ad analizzare quali sono le migliori strategie per integrare cibi a basso contenuto calorico nella dieta. Come prima cosa, è fondamentale la pianificazione: prepara un piano settimanale dei tuoi pasti, incluso il pranzo e la cena per ogni giorno della settimana che verrà. Questo ti aiuterà a fare acquisti intelligenti e ad evitare scelte alimentari non salutari. In secondo luogo, bilancia i macronutrienti: assicurati che ogni pasto contenga una combinazione di carboidrati, proteine e grassi sani. Come descritto nel precedente paragrafo: prediligi i cereali integrali, aggiungi le proteine ​​magre e scegli grassi sani come l’olio EVO. Aggiungi tanta verdura ai tuoi pasti: assicurati di includere almeno una porzione di verdura in ogni pasto. Esse aumentano il volume dei tuoi pasti senza aggiungere molte calorie, danno colore e sapore, hanno un elevato potere saziante e sono ricche di nutrienti essenziali. Scegli spuntini sani: opta per merende a basso contenuto calorico come frutta fresca, verdure crude, yogurt greco e semi di chia.  

Ricette con poche calorie che saziano

Ecco tre ricette di colazioni o merende sane, equilibrate, nutrienti e, soprattutto, molto piacevoli da provare in primavera ed estate.

·      Coppette di yogurt greco, frutta ed avena

Ingredienti:
  • 1 vasetto di yogurt greco (170g)
  • 50g di fiocchi d’avena
  • Frutta fresca a piacere
  • Granella di mandorle
Preparazione:
  • Versa in una coppetta capiente un primo strato di yogurt, aggiungi una parte di fiocchi di avena. Continua con un altro strato di yogurt, poi aggiungi la frutta fresca;
  • Ripeti l’operazione aggiungendo altro yogurt e avena, termina con una granella di mandorle.
 

·      Gelato alla frutta con yogurt greco

Ingredienti:
  • 1 vasetto di yogurt greco (170g)
  • 150g di frutta congelata, consiglio fragole e mirtilli
  • Frutta fresca
Preparazione:
  • Congelare fragole e mirtilli;
  • Frullare lo yogurt greco con la frutta congelata;
  • Mettere il composto nel bicchiere e guarnire con frutta fresca a piacere.
 

·      Overnight oatmeal

Ingredienti:
  • 30g di fiocchi di avena
  • 150ml di latte parzialmente scremato o di cocco senza zuccheri aggiunti
  • 1 cucchiaino di semi di chia
  • 1 cucchiaio di yogurt greco 0% di grassi (o yogurt bianco)
  • 1 quadratino di cioccolato fondente, sciolto a bagnomaria
Preparazione:
  • Unire fiocchi di avena, il latte, i semi di chia e lo yogurt in una tazza;
  • Mescolare bene il tutto e guarnire con il cioccolato fondente sciolto;
  • Fare riposare in frigorifero tutta la notte in modo che i fiocchi di avena diventino morbidi ed assorbano i liquidi.
    In conclusione, ricordiamo che seguire un’alimentazione a basso contenuto calorico non è importante solo per il controllo del peso, ma anche per migliorare l’energia, la vitalità e per favorire la salute generale, gestendo e prevenendo eventuali patologie. È sempre consigliabile consultare un dietista, nutrizionista o dietologo prima di apportare cambiamenti significativi alla propria dieta.         Dott.ssa Miriam Esposito Biologa specializzata in nutrizione clinica    

Bibliografia e sitografia

Perché non è sano perdere peso con i metodi “fai da te” ?

Alla ricerca di una vita sana e appagante, non si può sottovalutare il ruolo cruciale che la nutrizione gioca. Una dieta equilibrata e personalizzata non è solo fondamentale per mantenere un peso sano, ma anche per prevenire e gestire diverse condizioni di salute. Tuttavia, orientarsi nel complesso mondo della nutrizione può essere un compito arduo, considerando l’abbondanza di informazioni disponibili, spesso contraddittorie e confuse. È qui che la consulenza nutrizionale emerge come un faro di orientamento, fornendo alle persone consigli e strategie personalizzate per fare scelte alimentari consapevoli e sostenibili. Oggi, con la semplice pressione di un tasto, possiamo trovare qualsiasi informazione sul web. Tuttavia, quando si tratta di salute, e in particolare di alimentazione e dieta, la tecnologia non sempre ci dà risposte corrette. La voglia di perdere peso velocemente spesso ci porta ad affidarci a soluzioni fai da te trovate online, che non sempre sono sicure o efficaci. In questi casi, il rischio maggiore è quello di recuperare rapidamente i kg persi o, peggio, danneggiare la nostra salute. Quando si decide di rimettersi in forma, è fondamentale affidarsi a uno specialista per evitare pericoli e garantire un percorso salutare.

Il ruolo della consulenza nutrizionale

La consulenza nutrizionale implica la collaborazione con un medico dietologo o un biologo nutrizionista qualificato, che possiede le competenze per valutare, analizzare e personalizzare i piani alimentari in base alle esigenze specifiche di ciascun individuo. Questi professionisti seguono un rigoroso percorso di educazione e formazione per comprendere le complessità della nutrizione umana, assicurando che i consigli forniti siano basati su evidenze scientifiche e in linea con le attuali linee guida sanitarie.

Perché è necessario rivolgersi a uno specialista?

Uno specialista ha le competenze necessarie per aiutare il paziente a raggiungere i suoi obiettivi, senza compromettere la salute. Una dieta non è solo una questione di perdita di peso, ma riguarda anche la prevenzione di possibili problematiche future a livello di organi vitali come reni e fegato, e la protezione del metabolismo. Inoltre, molti pazienti possono soffrire di patologie che richiedono un’attenzione particolare.

Valutazione e personalizzazione

Uno dei principali vantaggi della consulenza dietetica è la valutazione approfondita delle abitudini alimentari, dello stile di vita e degli obiettivi di salute di un individuo. Questo approccio permette ai nutrizionisti di identificare le aree di miglioramento e formulare piani realistici e personalizzati, in grado di rispondere alle esigenze uniche di ciascun cliente. Tenendo conto di fattori come età, sesso, storia medica, livello di attività e preferenze alimentari, i dietisti possono creare una “mappa” per raggiungere e mantenere uno stato di salute ottimale.

Educazione e empowerment

I nutrizionisti svolgono anche un ruolo educativo, trasmettendo conoscenze preziose sulla nutrizione e sul suo impatto sul benessere generale. Grazie alla consulenza dietetica, le persone acquisiscono una comprensione più profonda dei nutrienti di cui il corpo ha bisogno, dell’importanza del controllo delle porzioni e del mantenimento di una dieta equilibrata. Questa conoscenza permette ai clienti di fare scelte consapevoli in modo autonomo, promuovendo una maggiore responsabilità per la propria salute.

Cambiamento comportamentale e responsabilizzazione

Oltre a fornire informazioni, i nutrizionisti giocano un ruolo fondamentale nel supportare il cambiamento comportamentale. Aiutano i clienti a stabilire obiettivi realistici e raggiungibili, suddividendo gli obiettivi più ampi in passi più gestibili. Con un supporto continuo e una certa responsabilizzazione, i nutrizionisti guidano le persone nell’adottare abitudini più sane e nel fare cambiamenti di stile di vita duraturi. Questo aspetto è particolarmente importante per prevenire il comune ciclo delle diete lampo e delle soluzioni temporanee che spesso portano a frustrazione e delusione.

Prevenzione e gestione delle malattie

La consulenza dietetica diventa particolarmente cruciale nella prevenzione e gestione di diverse condizioni di salute. Malattie croniche come diabete, malattie cardiovascolari e obesità sono spesso legate a cattive abitudini alimentari. I nutrizionisti lavorano con i clienti per sviluppare piani alimentari che non solo affrontano i problemi di salute esistenti, ma riducono anche il rischio di sviluppare ulteriori complicazioni. Questo approccio proattivo alla salute può migliorare significativamente la qualità della vita e ridurre il carico sui sistemi sanitari. Adattamento alle esigenze individuali Ogni persona è unica, così come sono uniche le sue necessità nutrizionali. I nutrizionisti riconoscono la diversità degli individui e adattano i loro consigli di conseguenza. Che si tratti di gestire allergie alimentari, soddisfare preferenze culturali o creare piani per esigenze dietetiche particolari, la consulenza dietetica assicura che le raccomandazioni alimentari non siano standardizzate, ma personalizzate in base allo stile di vita e alle circostanze individuali. In un panorama della salute e del benessere in continua evoluzione, la consulenza dietetica si distingue come una risorsa preziosa per chi desidera apportare cambiamenti positivi nella propria vita. Combinando competenza scientifica con un approccio personalizzato, i nutrizionisti abilitati danno ai clienti gli strumenti per adottare uno stile di vita più sano, prevenire malattie e gestire efficacemente le condizioni esistenti. Investire nella consulenza dietetica non è solo un passo verso il raggiungimento di obiettivi di salute a breve termine, ma è un impegno verso il benessere a lungo termine, aprendo la strada a una vita più sana, felice e soddisfacente. Dott.ssa Miriam Esposito Biologa specializzata in nutrizione clinica

Processo fisiologico della perdita di peso: come si perde grasso

Il tessuto adiposo è un tipo di tessuto connettivo composto da adipociti. Di recente, questo tessuto è stato riconosciuto come un importante organo endocrino. Il processo fisiologico di perdita di grasso avviene quando i grassi vengono liberati dagli adipociti nella circolazione sanguigna per fornire l’energia necessaria.. Il tessuto adiposo è responsabile dell’immagazzinamento di energia sotto forma di lipidi; allo stesso tempo, ammortizza e isola il corpo (Birbrair et al. 2013 ). Il tessuto adiposo bianco (WAT) e il tessuto adiposo bruno (BAT) sono i due principali tipi di tessuto adiposo (Kershaw e Flier 2004 ). Questo tessuto è stato riconosciuto come un importante organo endocrino in quanto produce ormoni come leptina e resistina, nonché citochine come TNF-α e IL-6 . Inoltre, il tessuto adiposo può influenzare altri organi dei sistemi corporei e può portare a malattie (Cannon et al. 2018 ). La lipogenesi avviene nel fegato e nel tessuto adiposo dove i carboidrati e le proteine ​​consumati nella dieta possono essere convertiti in grassi. I carboidrati possono essere immagazzinati come glicogeno nel fegato e nei muscoli e possono essere convertiti in trigliceridi nel fegato e trasferiti al tessuto adiposo per l’immagazzinamento (Kersten 2001 ). Gli amminoacidi vengono utilizzati per la sintesi di nuove proteine ​​o convertiti in carboidrati e grassi (Wood et al. 2008 ). Il processo fisiologico di combustione dei grassi avviene quando i grassi vengono liberati dagli adipociti (cellule del tessuto adiposo ) nella circolazione per fornire l’energia necessaria (Porter et al. 2009 ). Il corpo ha bisogno di cibo per acquisire l’energia per nutrire/sostenere le sue cellule e per svolgere funzioni interne ed esterne (Jeukendrup et al. 2016 ). Il termine “bruciagrassi” viene utilizzato per descrivere integratori alimentari che affermano di aumentare in modo acuto il metabolismo dei grassi, compromettere l’assorbimento dei grassi, aumentare la perdita di peso e aumentare l’ossidazione dei grassi durante l’esercizio (Podder et al. 2011 ). Un buon bruciagrassi deve bruciare i grassi immagazzinati, scomporre e mobilitare le cellule adipose, aumentare il tasso metabolico e inibire l’ingrossamento delle cellule adipose (Nawrot et al. 2013 ). Gli integratori bruciagrassi includono caffeina, carnitina, tè verde, acido linoleico coniugato e cromo (Eric e Berg 2010 ). I bruciagrassi contengono ingredienti erboristici come efedrina, yohimbina, chitosano e piruvato (Nawrot et al. 2013 ). La maggior parte delle persone pensa che mangiare sia un modo per aumentare il grasso nel corpo, non per perderlo; ma ci sono cibi che hanno la capacità di bruciare i grassi quando vengono ingeriti (Paul 2009 ). Alcuni cibi sono ricchi di acqua e quindi aiutano nel processo di riduzione del grasso (Grier 2007 ). Le tossine ingerite e ambientali che sono state assunte ogni giorno possono essere immagazzinate nelle cellule adipose (La Merrill et al. 2013 ). Le persone che hanno un indice di massa corporea più elevato immagazzinano una maggiore quantità di tossine e potrebbero trovarsi ad affrontare un plateau di perdita di peso (Jones et al. 2008).

Tessuto adiposo

Il tessuto adiposo è un tessuto connettivo lasso pieno di adipociti. È responsabile dell’immagazzinamento dei grassi sotto forma di trigliceridi. Si trova in tutto il corpo: sotto la pelle (grasso sottocutaneo), accumulato attorno agli organi interni (grasso viscerale), tra i muscoli, all’interno del midollo osseo e nel tessuto mammario (Nagai et al. 2015 ). Gli uomini tendono ad accumulare più grasso viscerale (attorno ai loro organi interni), portando all’obesità nella parte centrale dell’addome (grasso della pancia) (Cannon et al. 2018 ). Tuttavia, le donne tendono ad accumulare più grasso sottocutaneo nei glutei e nelle cosce (Brown et al. 2017 ). Queste differenze sono dovute agli ormoni sessuali prodotti da uomini e donne (Canoy 2010 ). Il tessuto adiposo bianco è il grasso di cui molti di noi si lamentano di avere (Divoux et al. 2011 ). Si trova intorno alla vita e alle cosce, mentre il BAT , tessuto adiposo bruno,  si trova principalmente intorno alle aree del collo (anteriore e posteriore) e alle regioni sopraclaveari (Harms et al. 2013 ). Il WAT svolge tre funzioni: isolamento termico, cuscinetto meccanico e fonte di energia (Alligier et al. 2011 ). Il BAT serve a generare calore corporeo. Deriva il suo colore dalla ricca vascolarizzazione e dai mitocondri densamente stipati contenenti ferro. Si trova in varie posizioni, a seconda della specie e/o dell’età dei mammiferi (Fenzl e Kiefer 2014 ). Non tutti hanno il tessuto adiposo nelle stesse posizioni anatomiche. Il tessuto adiposo che si trova nella parte superiore del corpo è stato definito distribuzione a mela e questo schema di distribuzione è più presente negli uomini, mentre il tessuto adiposo che si accumula nella parte inferiore del corpo è stato definito distribuzione a pera e questo schema di distribuzione è più presente nelle donne (Karastergiou et al. 2012 ). Un fattore primario è il background genetico, che può essere visto osservando la somiglianza nella distribuzione del grasso all’interno di membri della famiglia dello stesso sesso. Come accennato in precedenza, è noto che anche il genere influisce sulla posizione del grasso corporeo. Dopo la menopausa, si osserva un cambiamento verso la distribuzione del grasso nella parte superiore del corpo a causa di una diminuzione dell’attività dell’ormone lipoproteina lipasi (LPL) nella regione inferiore del corpo (Inagaki et al. 2016 ). Il processo di deposizione del grasso La lipogenesi è il processo di deposito di grasso che avviene nel fegato e nel tessuto adiposo (Kersten 2001 ). I carboidrati e le proteine ​​assunti con la dieta possono essere convertiti in grasso. I carboidrati possono essere immagazzinati come glicogeno nel fegato e nei muscoli e possono anche essere convertiti in trigliceridi nel fegato e trasferiti nel tessuto adiposo per l’immagazzinamento. Gli amminoacidi sono utilizzati per la sintesi di nuove proteine ​​o possono essere convertiti in carboidrati e grasso (Wood et al. 2008 ).

Cosa succede quando le cellule adipose vengono bruciate?

La maggior parte delle persone non sa davvero come funzionano le cellule adipose, come avviene il processo di combustione dei grassi o dove va il grasso quando viene bruciato. In realtà è un processo fisiologico piuttosto complesso, ma molti ricercatori ed esperti lo hanno spiegato nel modo più semplice possibile. Quando il corpo perde grasso,  non si sposta nella cellula muscolare per essere bruciata. La cellula adiposa stessa rimane esattamente dove si trovava sotto la pelle nelle cosce, nei fianchi, nelle braccia, ecc. e sopra i muscoli, motivo per cui è difficile vedere la “definizione” muscolare quando il grasso corporeo è alto (Porter et al. 2009 ). Il grasso è immagazzinato all’interno della cellula adiposa sotto forma di triacilglicerolo. Il grasso non viene bruciato proprio lì nella cellula adiposa; deve essere liberato dalla cellula adiposa attraverso percorsi ormonali/enzimatici piuttosto complessi. Quando stimolata a farlo, la cellula adiposa rilascia semplicemente triacilglicerolo nel flusso sanguigno come acidi grassi liberi (FFA), che vengono trasportati attraverso il sangue ai tessuti dove è necessaria l’energia (Manore et al. 2011 ). Tramite lipolisi, ogni molecola di triacilglicerolo si divide in glicerolo e tre acidi grassi. La reazione è catalizzata dalla lipasi sensibile agli ormoni (HSL). Il grasso immagazzinato viene rilasciato nel flusso sanguigno come FFA e viene trasportato ai muscoli dove è necessaria l’energia. Man mano che il flusso sanguigno verso i muscoli attivi aumenta, più FFA vengono consegnati ai muscoli che ne hanno bisogno. Gli FFA entrano nei mitocondri tramite LPL (LIPOPROTEINE LIPASI )ed è qui che vanno per essere bruciati. Quando gli FFA vengono rilasciati dalla cellula adiposa, quest’ultima si restringe e questo è il motivo per cui il corpo appare più magro quando perde grasso perché la cellula adiposa è ora più piccola (Fig. 3 ) (Turcotte 2000 ). Gli scienziati hanno concluso che “in realtà non “perdiamo” cellule adipose, le “svuotiamo”, il nostro grasso corporeo è fondamentalmente solo una fonte di riserva di energia e le cellule adipose sono come i serbatoi di stoccaggio. A differenza del serbatoio di benzina in un’auto che ha dimensioni fisse, le cellule adipose possono espandersi o restringersi a seconda di quanto sono “piene” (Robergs e Keteyian 2013 ).

Prodotti proteici e aminoacidi

  1. Le proteine ​​del siero del latte costituiscono circa il 20% delle proteine ​​totali presenti nel latte. L’integrazione proteica è utilizzata dagli atleti per promuovere un bilancio positivo dell’azoto durante il giorno senza aumentare drasticamente l’assunzione calorica (Demling 2009). In particolare, è stato riportato che le proteine ​​del siero del latte possono aiutare a costruire muscoli, aumentare la forza, controllare l’appetito, aiutare nella perdita di peso, migliorare la resistenza e aumentare i livelli di energia (Boirie et al. 2011).
  2. La caseina è una proteina derivata dai prodotti del latte. È usata principalmente dagli atleti per aumentare la massa muscolare e la forza, controllare l’appetito, aiutare nella perdita di peso, migliorare la resistenza e aumentare i livelli di energia. Fornisce tutti gli amminoacidi necessari per la crescita (Delbeke et al. 2002). La proteina della caseina forma un gel nello stomaco, che consente di essere digerita più lentamente, così i peptidi/amminoacidi vengono assorbiti costantemente per un lungo periodo di tempo, a differenza delle proteine ​​del siero del latte, che vengono assorbite molto rapidamente (Sulcová et al. 2005).
 

Ciclo mestruale e dimagrimento: come influisce sul peso?

Il ciclo mestruale è un processo fisiologico complesso che influenza molteplici aspetti della salute femminile, incluso il peso corporeo. Il dimagrimento e il ciclo mestruale sono strettamente legati, e le fluttuazioni di peso che possono verificarsi durante il ciclo possono creare confusione e preoccupazione. Comprendere come queste due realtà si influenzano a vicenda è cruciale per adottare un approccio sano e bilanciato verso il proprio corpo e la propria salute.

L’influenza del ciclo mestruale sul peso corporeo

Il ciclo mestruale può influenzare il peso corporeo attraverso variazioni nell’appetito, nella ritenzione idrica, nell’energia e nel metabolismo. È importante essere consapevoli di queste fluttuazioni per evitare di scoraggiarsi e per adottare strategie di gestione del peso più efficaci nel lungo periodo.

La ritenzione idrica

Durante la fase luteale (la seconda metà del ciclo, dopo l’ovulazione e prima dell’inizio delle mestruazioni) l’aumento del progesterone può causare ritenzione di liquidi. Questa situazione può portare molte donne a chiedersi se il “progesterone fa ingrassare”. In realtà, l’aumento di peso è dovuto alla ritenzione di liquidi e non ad un reale incremento del grasso corporeo. Le fluttuazioni di peso possono essere notate anche prima del ciclo, quando si tende a pesare di più a causa della ritenzione idrica e del gonfiore addominale. Durante l’ovulazione, alcune donne possono sperimentare un leggero aumento di peso per ragioni simili. La durata dell’aumento di peso durante il ciclo può variare, ma generalmente si risolve con l’inizio delle mestruazioni, quando il corpo rilascia i liquidi in eccesso.

L’appetito

 L’appetito può aumentare durante il ciclo mestruale, nel dettaglio:
  • Fase luteale: Durante questa fase, i livelli di progesterone aumentano significativamente. Questo ormone può stimolare l’appetito e portare a “voglie alimentari”, specialmente per cibi ricchi di carboidrati e zuccheri. Alcune donne possono anche sperimentare un aumento del consumo calorico durante questa fase.
  • Fase mestruale: Alcune donne notano un aumento dell’appetito anche durante le mestruazioni. Questo può essere dovuto a una combinazione di fattori, tra cui fluttuazioni ormonali, perdita di ferro e aumento del metabolismo basale.
  • Fase follicolare: Nella prima metà del ciclo, che va dall’inizio delle mestruazioni all’ovulazione, i livelli di estrogeni sono in aumento. Gli estrogeni tendono a sopprimere l’appetito, quindi molte donne potrebbero notare una diminuzione della fame durante questa fase.

L’influenza del ciclo mestruale sulle prestazioni fisiche

Il ciclo mestruale influisce in modo significativo sull’energia e sulle prestazioni fisiche delle donne, e questo impatto può variare in base alla fase del ciclo in cui si trovano. Gli effetti del ciclo mestruale variano notevolmente da donna a donna. Alcune possono non avvertire cambiamenti significativi nelle loro prestazioni fisiche, mentre altre possono avere un impatto più marcato. È importante che le donne adattino il loro programma di allenamento in base alle fasi del loro ciclo per ottimizzare le prestazioni e il recupero. Vediamo, più nel dettaglio, come influenzano l’energia e le prestazioni fisiche le diverse fasi del ciclo mestruale:
  • Fase mestruale: Durante la mestruazione, molte donne possono sperimentare una riduzione dell’energia dovuta alla perdita di sangue e ai crampi mestruali.
Le prestazioni fisiche possono essere influenzate negativamente. Tuttavia, l’esercizio leggero, come lo yoga o le passeggiate, può aiutare a ridurre i sintomi come i crampi.  
  • Fase follicolare: In questa fase, i livelli di estrogeni iniziano a salire, contribuendo a un aumento dell’energia e a una sensazione di benessere generale.
Questo è spesso il momento in cui le donne possono sperimentare un miglioramento delle prestazioni fisiche. L’aumento degli estrogeni può migliorare la resistenza e la forza muscolare.  
  • Ovulazione: L’ovulazione è caratterizzata da un picco nei livelli di estrogeni e un aumento del testosterone, che possono portare a un aumento dell’energia e della libido.
Durante l’ovulazione, le prestazioni fisiche possono essere al massimo grazie ai livelli elevati di estrogeni e testosterone, che migliorano la forza e la resistenza.  
  • Fase luteale: Dopo l’ovulazione, i livelli di progesterone aumentano, mentre gli estrogeni diminuiscono. Questo può portare a una sensazione di stanchezza e a cambiamenti nell’umore.
Nella fase luteale, molte donne possono sperimentare un calo delle prestazioni fisiche. Il progesterone può aumentare la temperatura corporea e la ritenzione idrica, rendendo l’esercizio più impegnativo.

Correlazione tra la gestione del peso e la salute mestruale

La gestione del peso è strettamente correlata alla salute mestruale, influenzando sia la regolarità del ciclo mestruale che la presenza di sintomi associati. Ecco una panoramica delle interazioni tra gestione del peso e salute mestruale:
  • Sottopeso e amenorrea ipotalamica: Essere sottopeso o avere una percentuale di grasso corporeo troppo bassa può portare a un’interruzione del ciclo mestruale, conosciuta come amenorrea ipotalamica. Questo accade perché il corpo riduce la produzione di ormoni sessuali per conservare energia. L’amenorrea può portare a problemi di salute a lungo termine, come la perdita di densità ossea (osteoporosi), infertilità e aumentato rischio di malattie cardiovascolari.
  • Sovrappeso e sindrome dell’ovaio policistico (PCOS): Essere sovrappeso o obesi può contribuire allo sviluppo della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), una condizione caratterizzata da cicli mestruali irregolari o assenti, eccesso di androgeni (ormoni maschili) e cisti ovariche. La PCOS è associata a vari problemi di salute, tra cui resistenza all’insulina, diabete di tipo 2, ipertensione, e problemi di fertilità. Gestire il peso attraverso una dieta equilibrata e l’esercizio fisico può migliorare i sintomi della PCOS.
  • Fluttuazioni di peso e regolarità del ciclo: Fluttuazioni significative di peso, sia in aumento che in diminuzione, possono causare irregolarità nel ciclo mestruale. Cambiamenti rapidi nel peso corporeo possono disturbare l’equilibrio ormonale e influenzare la regolarità delle mestruazioni. Mantenere un peso stabile attraverso un’alimentazione sana e l’attività fisica regolare può contribuire a cicli mestruali più regolari e a una migliore salute riproduttiva.
  • Peso ideale e benessere mestruale: Mantenere un peso corporeo ideale, ovvero un indice di massa corporea (IMC) in un intervallo salutare, è generalmente associato a cicli mestruali regolari e meno sintomi premestruali. Un peso corporeo sano può migliorare la fertilità, ridurre il rischio di complicanze mestruali e contribuire a una migliore qualità della vita.

Nutrizione e salute mestruale

Una dieta equilibrata e ricca di nutrienti è fondamentale per la salute mestruale. Carenze nutrizionali, come quelle di ferro, vitamina D, e acidi grassi omega-3, possono influenzare negativamente il ciclo mestruale. Una buona nutrizione supporta l’equilibrio ormonale, riduce i sintomi premestruali, e promuove la regolarità del ciclo. Ad esempio, una dieta ricca di fibre può aiutare a regolare i livelli di estrogeni. La nutrizione ha un impatto significativo sulla salute mestruale, influenzando l’equilibrio ormonale, la regolarità del ciclo e la gravità dei sintomi premestruali. È fondamentale anche mantenere una buona idratazione. Vediamo, più nel dettaglio, come una dieta equilibrata può supportare una buona salute mestruale:

Macronutrienti

Le proteine sono essenziali per la produzione di ormoni e la riparazione dei tessuti. Le fonti alimentari in cui troviamo un’ottima quantità di proteine sono: carne magra, pesce, uova, latticini, legumi, noci e semi. I carboidrati forniscono energia sostenibile e aiutano a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue, riducendo i sintomi della sindrome premestruale (PMS). Le fonti alimentari in cui troviamo i carboidrati sono: cereali integrali, frutta, verdura e legumi. I grassi sani sono composti da acidi grassi omega-3, i quali possono ridurre l’infiammazione e alleviare i crampi mestruali. I grassi monoinsaturi e polinsaturi supportano la salute ormonale. Le fonti alimentari in cui troviamo i grassi sono: pesci grassi (come salmone e sardine), semi di lino, noci, semi di chia, olio d’oliva e avocado.

Micronutrienti

Il ferro è essenziale per compensare la perdita di sangue durante le mestruazioni. La carenza di ferro può portare ad anemia e affaticamento. Le fonti alimentari in cui troviamo ferro sono: carne rossa magra, pollame, pesce, legumi, spinaci e cereali fortificati. Il calcio e la vitamina D supportano la salute delle ossa e possono ridurre i sintomi premestruali. Le fonti alimentari in cui troviamo calcio sono: latticini, broccoli, cavoli e mandorle. Le fonti alimentari in cui troviamo vit. D sono: pesci grassi, uova, funghi e, soprattutto, l’esposizione al sole. Il magnesio può aiutare a ridurre i crampi mestruali, l’ansia e la ritenzione idrica. Le fonti alimentari in cui troviamo il magnesio sono: noci, semi, cereali integrali, verdure a foglia verde e cioccolato fondente. Le vitamine del gruppo B supportano la produzione di energia e la salute ormonale, e possono aiutare a ridurre i sintomi della PMS. Le fonti alimentari in cui troviamo le vit. B sono: carne, pesce, uova, latticini, legumi e cereali integrali. Lo zinco supporta la funzione immunitaria e la salute ormonale. Le fonti alimentari in cui troviamo lo zinco sono: carne, pesce, latticini, noci e semi. Articolo scritto dalla Dottoressa Marika Argento. Vuoi iniziare un percorso di dimagrimento? Contattaci!  

L’importanza della stagionalità: vantaggi dell’uso di prodotti freschi e di stagione nella dieta

Il consumo regolare di frutta e verdura garantisce l’apporto di acqua, vitamine, minerali, fibre e sostanze bio-attive fondamentali per mantenere un buono stato di salute.

Le linee guida per una corretta alimentazione suggeriscono il consumo di 5-6 porzioni al giorno tra frutta e verdura utili nella prevenzione di patologie croniche come diabete, malattie cardiovascolari e tumori. Il clima e l’avanzamento delle tecniche di produzione permettono di avere un’ampia varietà di prodotti orto-frutticoli  in tutti i periodi dell’anno, tuttavia consumare frutta e verdura di stagione presenta numerosi vantaggi.
  1. Consumare raccolti nel periodo della loro maturazione significa gustare prodotti più saporiti e con caratteristiche nutrizionali migliori.
  2. Assicurare all’organismo i principi nutritivi di cui ha bisogno in base ai periodi dell’anno, per esempio la frutta e la verdura invernali sono ricche di vitamina C che rinforza il sistema immunitario contro le malattie da raffreddamento, mentre quelle estive sono ricche di acqua e sali minerali utili a contrastare la disidratazione dovuta alle alte temperature.
  3. Ridurre l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, con effetto benefico sulla salute.
  4. Risparmiare denaro in quanto frutta e verdura di stagione costano meno rispetto a quelle non stagionali, perché non necessitano di serre per essere coltivate, di celle frigorifere per essere conservate, di lunghi viaggi per essere distribuite nei mercati.
  5. Fare una scelta ecologica riducendo l’utilizzo di energia, acqua, fertilizzanti e pesticidi nelle varie fasi della filiera alimentare (coltivazione, raccolta, conservazione, trasporto, consumo). I prodotti con un minore impatto ambientale sono infatti quelli coltivati all’aperto, nella loro stagione e consumati nello stesso luogo di produzione.
Articolo scritto dalla Dottoressa Serena Rianda. Vuoi iniziare un percorso di dimagrimento? Contattaci!   Fonti:

Pianificazione dei pasti per diverse esigenze

Idee per creare piani alimentari per vegetariani, vegani e sportivi.

Recentemente, la scelta di adottare una dieta vegetariana o vegana è in aumento sia in Italia che a livello globale.

Organizzazioni di rilevanza nel settore della salute e della nutrizione sottolineano i molteplici benefici per la salute derivanti dal consumo regolare di alimenti di origine vegetale.

Tale approccio non solo promuove il benessere generale, ma contribuisce anche alla prevenzione di una serie di patologie. Secondo le linee guida dell’Accademy of Nutrition and Dietetics e della Società italiana per l’Alimentazione Umana (SINU), le diete vegetariane, comprese quelle vegane, se pianificate in modo adeguato, sono considerate salutari e nutrizionalmente equilibrate. Queste diete possono apportare significativi benefici per la salute e giocare un ruolo cruciale nella prevenzione e nel trattamento di diverse malattie. Per garantire una pianificazione adeguata delle diete vegetariane e vegane è fondamentale utilizzare strumenti grafici che supportino nella selezione di alimenti conformi alle raccomandazioni nutrizionali stabilite dall’Istituto di Medicina Americana. A tal fine, è stato sviluppato un modello alimentare noto come “Piatto Veg” (fig.1), che funge da guida per la nutrizione vegetariana e vegana, ispirato ai principi della dieta mediterranea e progettato in conformità con i Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia (LARN) italiani. Fig.1   Il Veg Plate è suddiviso in sei aree, rappresentative dei sei principali gruppi alimentari, più due gruppi trasversali. Le aree delle fette sono uguali perché non rappresentano la quantità reale di cibo da consumare, che varia in base ai diversi apporti calorici. Il gruppo di alimenti ricchi di calcio è rappresentato come un arco che abbraccia tutti i gruppi, tranne i grassi, mentre il gruppo di alimenti ricchi di omega-3 è rappresentato come un arco che include parte delle noci e dei semi e del gruppo di grassi. Le vitamine B12 e D sono al centro del piatto e ne viene raccomandata un’adeguata assunzione. Le calorie discrezionali sono rappresentate come un piccolo piatto laterale. Altri tre piatti per il secondo (P2) e il terzo (P3) trimestre di gravidanza e per l’allattamento (L) devono essere aggiunti al Veg Plate calcolato per la gravidanza e l’allattamento. Le aree delle fette sono proporzionali alla quantità di cibo da aggiungere, che varia a seconda delle fasi, ma non tra i diversi apporti calorici. Il piatto veg si basa su sei gruppi: cereali come frumento, mais, orzo, avena, grano saraceno e i loro derivati (pane, pasta e latte di riso) cibi ricchi in proteine, fagioli,ceci, lenticchie,fave, piselli, soia e loro derivati (tofu, tempeh e latte di soia), da considerare che latticini e uova sebbene inclusi nei cibi ricchi in proteine non sono stati considerati per i calcoli; verdura, frutta, noci e semi: mandorle, semi di lino, nocciole, arachidi, pinoli, pistacchi, semi di zucca, semi di sesamo, semi di girasole e noci. Il piat veg raggruppa frutta secca e semi separatamente a causa delle loro diversa composizione nutrizionale. e grassi come olii di oliva e semi di lino, per mantenere un rapporto ottimale di omega-3 e omega-6. A questi si aggiungono altri due gruppi trasversali, che includono gli alimenti dei gruppi precedenti con caratteristiche precise: alimenti ricchi in calcio e alimenti ricchi in omega-3 Viene raccomandata un’adeguata assunzione di Vitamina B12 e Vitamina D.

In conclusione, quindi le diete vegetariane e vegane, che si concentrano su vasta gamma di alimenti di origine vegetale, sono un’alternativa  salutare per chi decide di adottare uno stile di vita più vegetale per motivi etici legati agli animali, per il benessere personale e per la salvaguardia dell’ambiente.

È fondamentale che  i vegetariani e i vegani ricevano indicazioni pratiche per pianificare correttamente la loro alimentazione. Il Veg Plate è uno strumento utile che aiuta a pianificare diete vegane e vegetariane equilibrate, fornendo indicazioni dettagliate sulle quantità e sui tipi di alimenti da consumare tenendo conto delle esigenze specifiche per adulti e per le donne in gravidanza o in fase di allattamento, oltre a suggerimenti per gestire i nutrienti essenziali.

Per una corretta pianificazione dei pasti per questo tipo di popolazione è molto importante variare il menù, sia per garantire una gamma completa di macronutrienti e micronutrienti, sia per rendere meno monotono il regime alimentare; è importante poi pianificare i propri pasti con un certo anticipo in modo da assicurarsi che i nutrienti necessari siano presenti.

Esempio di menù vegetariano

Colazione:  porridge di avena con frutti di bosco, semi di chia e noci Spuntino:  mattina Humus con bastoncini di verdure Pranzo: insalata di quinoa con verdure miste, ceci, avocado Spuntino:  pomeriggio: frutta fresca o una manciata di mandorle Cena: curry di lenticchie e verdure servito con riso integrale  

Esempio di menu vegano

Colazione:  insalata di frutta esotica con yogurth al cocco Spuntino: spremuta di pompelmo, tahin spalmato su una fetta di pane integrale tostato Pranzo: polentina di teff con ragu di lenticchie, broccoletti all’agro Spuntino: pomeriggio Pistacchi Cena: Vellutata di verza e fagioli borlotti, finocchi al forno con paprika   Per quanto riguarda gli sportivi, indipendentemente dal livello di competizione, devono prestare particolare attenzione alla loro alimentazione, che svolge un ruolo cruciale nell’ottimizzazione delle prestazioni .una dieta sana, varia ed equilibrata consente di massimizzare i risultati evitando, così, il rischio di infortuni.

La dieta ideale per uno sportivo dovrebbe essere:

Ottimizzata, ossia sufficiente a coprire il dispendio energetico garantendo la massima resa dai nutrienti; Varia: includere alimenti da tutti i gruppi  alimentari per fornire un ampio spettro di nutrienti essenziali; Bilanciata: garantire un apporto equilibrato di carboidrati, proteine e grassi, oltre a vitamine e minerali. Pasti ben distribuiti: pianificazione di pasti e spuntini per mantenere stabili i livelli di energia e ottimizzare il metabolismo. La “Food Pyramid in Sport Nutrition” (Int.J.Sport.Nutr.Ex.Metab.2009) sviluppata da “Swiss Forum of Sports Nutrition” rappresenta il primo tentativo di guida rapida per gli atleti con allenamenti superiori a 5 ore a settimana. La Piramide indica, in dettaglio, le porzioni per differenti pesi corporei, il numero di porzioni adattate al numero di ore d allenamento/die e le appropriate scelte di alimenti da assumere per le richieste dello sportivo. La Piramide può essere anche utilizzata per insegnare alcuni concetti chiave che comunemente presentano delle difficoltà ad essere recepiti dagli atleti al fine di integrare con successo la loro alimentazione giornaliera,regolando così le assunzioni di energia, nutrienti e liquidi alle variazioni dei carichi di allenamento. Articolo scritto dalla Dottoressa Silvia Segatori Vuoi iniziare un percorso di dimagrimento? Contattaci!     Bibliografia: Documento SINU sulle diete vegetariane http://www.sinu.it/public/pdf/documento-diete-veg-esteso-finale-2018.pdf Agnoli C. et al. Position paper on vegetarian diets from the working group of the Italian Society of Human Nutrition Baroni L. et al. VegPlate: A Mediterranean-Based Food Guide for Italian Adult, Pregnant, and Lactating Vegetarians Nutrition, Metabolism & Cardiovascular Diseas (2017) www.sciencedirect.com Melina V., Craig W., Levin S. Position of the Academy of Nutrition and Dietetics: vegetarians diets. J Acad Nutr Diet 2016 Marie Dunford e J. Andrew Doyle: Nutrition for Sports and Exercise Arcelli E.: La dieta dello sportivo: alimentazione e prestazione

Sovrappeso e obesità: il resoconto delle ultime linee guida 2023 dell’Istituto Superiore di Sanità

L’obesità è una patologia cronica determinata dall’interazione tra ambiente, stile di vita, predisposizione genetica ed alterazioni metaboliche. È stato riportato che nel 2016 più di 1,9 miliardi di adulti erano in sovrappeso, di cui 650 milioni obesi, si prevede che 2,7 miliardi di adulti saranno in sovrappeso e oltre 1 miliardo saranno obesi entro il 2025. 

L’eccesso di peso ha grandi ripercussioni sia nel breve che nel lungo periodo sulla salute e sulla qualità di vita del soggetto. La facile affaticabilità e la ridotta mobilità hanno importanti implicazioni a livello psicologico e sociale e cooperano nel raggiungimento di una vera e propria condizione di disabilità. Inoltre, l’obesità trascina con sé un corollario di complicanze come il diabete mellito, l’ipertensione, l’insufficienza respiratoria, l’aumentato rischio di eventi cardiovascolari come l’infarto del miocardio e l’ictus e non ultimi l’aumentato rischio di infezioni e tumori maligni, alterazioni epatiche e della fertilità.

Un corretto stile di vita è considerato un elemento di fondamentale importanza nel trattamento del sovrappeso e dell’obesità ed è caratterizzato da:

  • adeguata alimentazione che preveda una buona scelta degli alimenti sia in quantità che in qualità;
  • costante ed efficace attività fisica definita da una combinazione tra attività aerobica e di resistenza;

La combinazione di esercizio fisico e restrizione calorica permette di ottenere un calo ponderale consistente, preservando la massa magra e favorendo la riduzione del peso con effetto diretto sulla riduzione del rischio cardiovascolare e sono inoltre necessari per il raggiungimento e il mantenimento a lungo termine degli obiettivi di calo ponderale.

Oltre ad un corretto stile di vita, alla base di ogni strategia contro l’obesità, ad oggi è possibile valutare una serie di altre associazioni terapeutiche come alcuni trattamenti farmacologici o chirurgici che trovano indicazione in casi specifici.

Infine è importante non dimenticare o sottovalutare l’aspetto psicologico legato all’eccesso ponderale che può essere allo stesso tempo causa ed effetto di tale patologia cronica con influenze negative rispetto al percorso terapeutico intrapreso. Per questo è fondamentale un approccio completo all’obesità, che curi l’aspetto nutrizionale e metabolico, psicologico e le complicanze ad essa associate e che permetta di abbandonare uno stile di vita sedentario e non funzionale.

Dr.ssa Angela Balena – Specialista in Endocrinologica e Malattie del Metabolismo

Fonti: 

https://www.iss.it/documents/20126/8403889/LG193_AME_Terapia-sovrappeso-e-obesità-resistenti-tratt-comport

https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3256_allegato.pdf

 

 

 

 

Il ruolo strategico dell’etichettatura di un prodotto

L’etichettatura di un prodotto alimentare ha un ruolo strategico in quanto informa il consumatore sulle caratteristiche del prodotto, consentendogli di scegliere quello che maggiormente risponde alle proprie esigenze.

Con il termine etichettatura si intende “l’insieme delle menzioni, delle indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si riferiscono ad un prodotto alimentare” e che possono essere applicate sulla confezione o, in mancanza di essa, sui documenti di accompagnamento della merce (D. Lgs. 109/1992, art. 1).

Quali sono i criteri di una corretta etichetta e le indicazioni che devono riportare?

Nell’elaborare il contenuto informativo delle etichette è fondamentale che si rispettino criteri di chiarezza, leggibilità e facilità di lettura, inoltre per i prodotti preconfezionati, le etichette devono obbligatoriamente riportare le seguenti indicazioni (art. 3 del D. Lgs. 109/92):

  1. la denominazione di vendita;
  2. l’elenco degli ingredienti;
  3. la quantità netta o la quantità nominale;
  4. il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;
  5. il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella UE
  6. la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;
  7. il titolo alcolometrico volumico effettivo;
  8. il lotto di appartenenza del prodotto;
  9. le modalità di conservazione e/o utilizzazione;
  10. origine o provenienza;
  11. la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti.

Alcune delle suddette indicazioni sono assolutamente obbligatorie, altre obbligatorie salvo casi di deroga previsti dalla legge, altre ancora obbligatorie in relazione alla destinazione d’uso.

Per le suddette caratteristiche le etichette alimentari rappresentano un prezioso alleato del consumatore. Saperle comprendere è fondamentale per una scelta consapevole e quanto più salutare possibile.

Alcuni accorgimenti per comprendere al meglio le etichette dei prodotti preconfezionati:

  • Tante più indicazioni sono presenti sull’etichetta e tanto migliore sarà il giudizio alimentare su quel determinato prodotto.
  • Un prodotto di qualità viene valorizzato elencando le sue proprietà nutrizionali e pubblicizzando la natura e l’origine dei suoi ingredienti.

Sapevi che l’ordine degli ingredienti non è casuale?

L’ordine con cui gli ingredienti appaiono in etichetta non è casuale, ma è regolato per legge. In particolare i vari componenti devono comparire in ordine decrescente di quantità. Pertanto, controllando l’ordine degli ingredienti di due prodotti simili si può scegliere quello che tra i due è qualitativamente migliore. 

L’immagine riportata sulla confezione del prodotto ha il solo scopo di richiamare l’attenzione del consumatore e non è necessariamente legata all’aspetto reale del prodotto. Per una scelta consapevole, è importante affidarsi alle etichette piuttosto che alle scritte promozionali.

Scritto dalla Dott.ssa Eleonora Cuofano Biologa Nutrizionista, consulente DCD

I carboidrati: una fonte di energia o un rischio per la linea?

I carboidrati, detti anche glucidi, sono sostanze chimiche composte da carbonio, idrogeno e ossigeno. 

Insieme alle proteine (protidi) e ai grassi (lipidi), fanno parte dei macronutrienti.

I carboidrati rappresentano la fonte primaria di energia per le prestazioni funzionali del nostro organismo e partecipano alla costruzione di strutture essenziali: ricoprono, pertanto, una funzione energetica e plastica.

Le tre categorie

Negli alimenti si possono riconoscere tre principali categorie di carboidrati:

  • zuccheri, carboidrati semplici che si trovano naturalmente in frutta, verdura e latticini. Gli zuccheri più comuni sono lo zucchero della frutta (fruttosio), lo zucchero da tavola (saccarosio) e lo zucchero del latte (lattosio)
  • amido, carboidrato complesso costituito da molte unità di glucosio legate insieme. L’amido si trova naturalmente in cereali, patate e legumi.  In natura è presente in due forme, l’amilosio e l’amilopectina. Solitamente più è alto il contenuto di amilopectina rispetto all’amilosio, più l’alimento risulta digeribile
  • fibra, carboidrati complessi che il nostro organismo non è in grado di utilizzare a scopo energetico, ma la cui fermentazione a livello intestinale da parte della flora batterica è essenziale per regolare l’assorbimento e il passaggio dei nutrienti e per proteggere il nostro organismo da numerose patologie. Esse sono presenti naturalmente in frutta, verdura, cereali e legumi

Il percorso dei carboidrati

Grazie ai processi digestivi, gli zuccheri e gli amidi contenuti negli alimenti vengono scomposti in glucosio che, assorbito dall’intestino, passa nel flusso sanguigno. In seguito, grazie all’azione dell’insulina prodotta dal pancreas, il glucosio entra nelle cellule del corpo dove viene utilizzato per produrre energia.

Il glucosio in eccesso viene immagazzinato sotto forma di glicogeno (carboidrato di riserva del mondo animale), nel fegato e nei muscoli. Il glicogeno viene utilizzato per mantenere l’omeostasi glicemica durante il digiuno.

 Se consumati in eccesso, i carboidrati possono essere convertiti in trigliceridi.

Le Linee guida Nazionali

Secondo le Linee guida Nazionali per una corretta alimentazione, il 45-60% del fabbisogno calorico giornaliero dovrebbe provenire dai carboidrati, almeno i tre quarti sotto forma di carboidrati complessi e non più del 10% sotto forma di zuccheri semplici.

L’importanza dei carboidrati deriva dal fatto che vengono assorbiti e utilizzati dall’organismo molto facilmente, assicurando alle cellule un rifornimento di glucosio e quindi di energia.

Per un’alimentazione equilibrata e per il controllo del peso corporeo, è importante non eliminare i carboidrati dalla propria dieta, piuttosto, prestare attenzione a consumarli in porzioni adeguate ai propri fabbisogni, all’età e all’attività fisica svolta.

Oltre ad attenzionare la quantità di carboidrati è importante considerare anche la qualità degli stessi. Alimenti come dolci, caramelle e bevande zuccherate andrebbero consumate il meno possibile preferendo frutta, verdura e cereali.

Scritto dalla Dott.ssa Eleonora Cuofano Biologa Nutrizionista, consulente DCD

 

La sindrome dello Yo-Yo: tra caos e perfezione

Se siete tra quelle persone che nel corso della vita hanno fatto innumerevoli diete alternando rigida disciplina, perdita di peso a iperalimentazione e successiva ripresa dei chili persi, fate parte della folta schiera degli yo-yo.

Una moltitudine di uomini e donne (ma più donne), ossessionata dal peso corporeo, che le ha provate tutte pur di raggiungere la forma ideale. Queste persone prediligono le diete restrittive, spesso le chetogeniche che consentono un dimagrimento veloce ma, nel giro di uno o due anni, i chili persi tornano al loro posto e spesso con gli interessi.

Perché “dello Yo-Yo”?

La sindrome dello yo-yo, così chiamata in riferimento al famoso gioco cinese, è una continua oscillazione del peso corporeo, una rapida e drastica alternanza tra perdita di peso e il suo recupero.

Questo avviene di solito in seguito a diete ipocaloriche restrittive che inducono il corpo a posizionarsi in uno stato di “allerta carestia”, cioè tende a conservare le riserve di grasso e a bruciare meno rallentando così il metabolismo. Questo induce a riprendere velocemente peso una volta tornati ad un’alimentazione normocalorica e a rendere sempre più difficile il dimagrimento.

Hai la sindrome dello Yo-Yo?

Infatti, una caratteristica di queste persone sta nel fatto che, avendo seguito numerose diete, diventano dietologi di se stessi: espertissimi di calorie, nutrienti, massa magra e massa grassa, affrontano ogni nuovo percorso con scetticismo e diffidenza. Difficilmente si affidano, tendono a fare di testa loro mescolando schemi alimentari precedenti con quelli nuovi, spesso saltano i pasti per ottimizzare la dieta o per compensare eccessi reali o presunti. Questo stato di cose produce molta frustrazione in chi vive questa esperienza, che spesso si ripete continuamente del corso della vita, dando luogo a un vero proprio circolo vizioso che crea malessere e dal quale non è semplice uscire se non si colgono gli atteggiamenti psicologici sottostanti, che non si riferiscono solo al cibo ma a diverse aree della vita.

Ma quali sono le caratteristiche psicologiche del “Tipo Yo-Yo”??

  1. I tipi yo-yo, come ho già detto soprattutto donne, sono in costante conflitto con sé stesse. Una parte di sé rigida, perfezionista, autonoma, organizzata, si contrappone a un’altra parte caotica, disorganizzata, dipendente, inconcludente.
  2. Hanno un pensiero tutto o niente, bianco o nero. Vogliono tutto subito, non sanno stare nelle sfumature e nel divenire, hanno fretta di avere risultati evidenti in tutte le cose che fanno, sono impazienti e frettolose.
  3. Alternano momenti di carica e fiducia in sé stesse, fino alla maniacalità, con momenti di abbattimento, sfiducia, fino alla depressione.
  4. Spesso sono state bambine buone, precocemente responsabilizzate, che hanno rinunciato ai loro bisogni in favore dei bisogni degli altri. In alcuni casi si sono fatte carico di organizzare il caos della propria madre.
  5. Il tipo yo-yo ha un ideale dell’Io che tende alla perfezione: se non posso essere perfetta, allora sono completamente sbagliata. Le basta “sgarrare” una volta durante la dieta per veder crollare quell’idea di ascetismo e perfezione in cui si rifugia allo scopo di controllare le emozioni (anche queste divise tra positive e negative, giuste e sbagliate).

Indole compulsiva o controllata?

Per lei fermarsi non è possibile e quindi cadere nella deriva degli eccessi e del disordine sarà inevitabile. Questo viaggio negli inferi può durare mesi o anni, fino a quando non si fermerà di nuovo per riprendere il controllo della propria vita. Ma è proprio questo controllo che fa perdere il controllo, il tentativo costante di controllare e reprimere la compulsività a mangiare la rende irrefrenabile: più resisto alle tentazioni e più queste diventano impellenti e travolgenti. (Giorgio Nardone, 2003)

La perfezione è una corda tesa che prima o poi si spezza, per cui è facile saltare da una polarità all’altra, dal tutto al niente.

Cosa può aiutare a fermare questo sali e scendi?

  • Divenire consapevoli del conflitto interiore
  • Disattivare il giudizio
  • Volersi più bene
  • Accettare la propria unicità e rinunciare alla perfezione
  • Ribellarsi più spesso nella vita di tutti i giorni
  • Sviluppare la capacità di regolarsi
  • Imparare a sentire il proprio corpo, il proprio confine, la propria fame, il proprio desiderio

Decidere di farsi aiutare da una/uno psicologa/o può essere il primo cambio di rotta sulla strada dell’equilibrio e del benessere.

Di redazione della Dott.ssa Marzia Vercillo Psicologa e Psicoterapeuta, consulente DCD

 

Un nuovo corpo per l’estate: come mantenerlo?

I suggerimenti della psicologa.

Molte sono le persone che non trovano nessuna difficoltà a seguire una dieta una volta che lo hanno deciso e che sono sufficientemente motivate. Affermano di aver toccato il fondo e che quindi la risalita è necessaria e inevitabile. Ma capita anche che queste stesse persone siano consapevoli della loro capacità di impegnarsi, ma lo siano altrettanto della loro difficoltà di mantenere i risultati ottenuti nel tempo. E spesso nei colloqui psicologici, mi parlano di questo timore ancor prima di iniziare il percorso di dimagrimento.

L’importanza del mantenimento

Il mantenimento è dunque per molti la parte cruciale del processo di cambiamento, perché rappresenta il graduale rientro alla normalità e se non si sono affrontati gli aspetti psicologici del personale rapporto con il cibo e con il proprio corpo, probabilmente si ripeteranno i comportamenti che hanno condotto al sovrappeso.

Per ovviare a ciò vi invito a farvi le seguenti domande:

  1. Il cibo per me è solo nutrimento e piacere o rappresenta qualcosa di più?
  2. La mia vita ruota intorno a me o intorno agli altri?
  3. A che mi servono i chili in più?

Cos’è il cibo per te?

Il cibo, oltre a essere piacere ed elemento necessario alla vita, spesso diventa fonte di consolazione e gratificazione esclusiva, un automatismo sostitutivo di qualsiasi altra forma di soddisfazione, un tappo per bloccare quelle emozioni ritenute sgradevoli.

Un altro fattore che mette a rischio le buone pratiche apprese in un percorso di benessere è che troppo spesso non si riesce a rimanere centrati sui propri bisogni, e non solo alimentari: c’è sempre qualcosa di più importante da fare, da pensare, da organizzare e nell’affanno della quotidianità si perdono i propri desideri e obiettivi.

“A che le servono i chili di troppo?”

Inoltre, la domanda che faccio sempre nei colloqui, e che lascia spesso un po’ perplessi, è “a che le servono i chili di troppo”? Dopo un iniziale stupore, le rispose che mi vengono date con più frequenza sono: “mi fanno sentire più forte/ più protetta/ a riparo da intimità e sessualità/ più morbida/ più buona/ inoffensiva/ attutiscono i colpi della vita/ sento meno anche il dolore e la rabbia”. Pertanto, se non si diventa consapevoli delle resistenze che si mettono in atto contro il cambiamento, sarà più difficile mantenere i risultati ottenuti nonostante le buone intenzioni.

Il rischio dello “Yo-Yo”?

Per coloro che con impegno hanno intrapreso un percorso DCD, la fine dei trattamenti e l’inizio del mantenimento rappresentano un momento di soddisfazione. Spesso viene vissuto come l’ultimo giorno di scuola e l’inizio di una lunga vacanza dal controllo e dalla bilancia, ma non dovrà esserlo dalle buone abitudini intraprese e dalla consapevolezza del rapporto con il cibo. I risultati ottenuti, l’immagine nuova che lo specchio rimanda, le sensazioni piacevoli di un corpo più sano, non sono un punto di arrivo ma stimolo e motivazione a prendervi cura di voi. Un dimagrimento, piccolo o grande che sia, richiede sempre un cambiamento. Lasciate che non sia solo la vostra taglia a cambiare, ma il rapporto con voi stesse e con gli altri. Se ciò non accade si rischia di cadere in quella che viene chiamata la sindrome dello yo-yo o del tutto o niente, in cui si passa da un periodo di restrizioni a un altro di “abbuffate”.

Ma quale è allora l’atteggiamento mentale giusto da assumere durante il mantenimento?

Le 7 linee guida per mantenere i risultati ottenuti:

  1. Soffermatevi sui vostri bisogni e non su quelli degli altri
  2. Disattivate il pilota automatico che vi porta a utilizzare il cibo come soluzione ad ogni problema
  3. Individuate le situazioni di stress profondo nella vostra vita e affrontatele
  4. Sostituite la frase “io mi controllo” con la frase “io mi regolo”
  5. Sostituite la parola “sgarro” con la parola “scelta”
  6. Il cibo non è un vostro nemico: scegliete il cibo e non lasciate che sia lui a scegliere voi
  7. Non lasciatevi da sole in questa fase: continuate i controlli con le nutrizioniste e continuate, o iniziate, i colloqui con la psicologa, che in questa fase possono essere un valido aiuto a rimanere in contatto con le vostre emozioni e a gestirle in maniera funzionale e creativa.

Godetevi il vostro “nuovo” corpo e la vostra vita!

Scritto dalla Dott.ssa Marzia Vercillo Psicologa e Psicoterapeuta, consulente DCD

 

Ipercolesterolemia: le origini, le conseguenze e la prevenzione

Per ipercolesterolemia si intende una eccessiva concentrazione di colesterolo nel sangue.

Quando la concentrazione del colesterolo supera i valori normali, questo può essere un nemico della nostra salute, infatti è uno dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari.

Il colesterolo è un nemico per la nostra salute?

Il colesterolo è presente naturalmente all’interno del nostro organismo, in particolare sulle membrane cellulari (funzione strutturale) ed è inoltre necessario per il corretto funzionamento di alcuni processi fisiologici come la sintesi degli ormoni steroidei, della bile ma anche della vitamina D (funzione precursore).

Come si differenziano i tipi di colesterolo?

Si differenzia per il tipo di lipoproteina che lo trasporta nel sangue:

  • Colesterolo buono HDL (high density Lipoproteins): rappresenta il colesterolo legato alle proteine ad alta densità che hanno la funzione principale di raccogliere il colesterolo in eccesso e portarlo agli organi che lo utilizzano e lo eliminano (funzione di spazzino). Per questo motivo queste proteine hanno un ruolo protettivo per quanto riguarda le complicanze legate all’ipercolesterolemia.
  • Colesterolo cattivo LDL (low density Lipoproteins): rappresenta il colesterolo legato alle proteine a bassa densità che trasportano il colesterolo nel sangue, quando c’è un eccesso di tali proteine il colesterolo tende a depositarsi all’interno dei vasi.
  • Colesterolo totale: HDL + LDL

Quali sono le cause di ipercolesterolemia?

Le cause sono:

  • Fumo e consumo di bevande alcoliche
  • Disfunzioni ormonali
  • Patologie quali diabete e ipertensione
  • Stile di vita sedentario e dieta non equilibrata
  • Predisposizione genetica e familiare

…E le conseguenze sulla salute?

L’ipercolesterolemia non provoca una sintomatologia diretta e quindi è diagnosticabile solo con analisi del sangue che andrebbero per questo fatte regolarmente.

Livelli alti di colesterolo provocano un ispessimento e indurimento delle arterie (aterosclerosi) che può portare con il tempo alla formazione di vere e proprie placche (ateromi) che progressivamente vanno ad ostruire il flusso sanguigno o addirittura portano ad una chiusura completa del vaso, in alcuni casi le placche possono anche staccarsi favorendo l’insorgenza di trombi che portano a rapide ostruzioni vasali con improvviso arresto del flusso sanguigno. Queste ostruzioni possono provocare complicanze di tipo cardiocircolatorio come infarto e ictus.

La corretta prevenzione

La prevenzione è fondamentale per combattere i livelli alti di colesterolo. Questa può essere attuata sia con un corretto stile di vita dunque alimentazione sana, riducendo soprattutto i grassi saturi e il consumo di alcool, e cercando di tenere sotto controllo il peso corporeo facendo attività fisica in maniera regolare.

Nei casi in cui il solo controllo dello stile di vita non fosse sufficiente bisognerà, sotto stretto controllo medico, assumere dei farmaci o integratori specifici per abbassare i livelli di colesterolo nel sangue.

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Mattei Maria Giulia

 

Adiposità localizzata: cos’è, cause e rimedi

Per adiposità localizzata si intende la presenza di un tessuto ricco di cellule adipose (le cellule del grasso) rispetto ad altre zone del corpo.

Le zone più frequenti in cui possiamo notare questo accumulo di lipidi sono le culotte di Cheval (regione glutea e cosce), la zona addominale e quindi la pancetta, ma anche la zona dei fianchi con le così dette maniglie dell’amore. Questi accumuli causano l’alterazione del profilo corporeo e dunque della silhoutte.

Cosa influenza e causa l’adiposità localizzata?

L’adiposità localizzata è senza dubbio influenzata da:

  • Una componente genetica,
  • Fattori come l’età,
  • I livelli ormonali,
  • Il sesso.

 

Le cause su cui possiamo tempestivamente agire vanno ricercate invece nello stile di vita e l’introito calorico:

  • Attività fisica
  • Dieta
  • Vita sedentaria

 

La diagnosi differenziale

L’adiposità localizzata non va confusa con la Cellulite, spesso sono quadri che coesistono ma necessitano di trattamenti differenti. L’adiposità localizzata a differenza della cellulite è strettamente legata al sovrappeso, quindi più si aumenta di peso e più si rende evidente.

Nell’adiposità la cute appare liscia, quindi non con l’aspetto a “buccia d’arancia” inoltre l’elasticità della cute è mantenuta e non è presente né edema né gonfiore.

I rimedi

Se è vero che l’adiposità localizzata è strettamente correlata all’aumento ponderale c’è comunque da dire che con il controllo dell’alimentazione e dell’attività fisica non si può avere una risoluzione.

Il grasso dell’adiposità localizzata è un grasso più profondo che necessita di trattamenti specifici, nel centro DCD oltre al trattamento di ESC che è alla base del metodo, proponiamo trattamenti localizzati come lo Sculpture Tonic che sfrutta il calore tramite una tecnologia ad infrarosso con una azione tonificante e riduttiva, e la Crioultrasuono che viceversa sfrutta il congelamento portando il tessuto a temperature prossime allo zero instaurando così un processo di apoptosi.

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Dott.ssa Mattei Maria Giulia

 

Il potere delle vitamine: dove trovarle e quali i benefici

Le vitamine sono sostanze organiche necessarie in piccola quantità per il normale funzionamento dell’organismo.

Questi composti devono essere introdotti con la dieta poiché l’organismo non è in grado di sintetizzarli.

Non esiste un alimento che contenga tutte le vitamine, per cui è importante rendere l’alimentazione varia ed equilibrata per ridurre il rischio di eccessi o carenze.

Le vitamine si dividono in idrosolubili e liposolubili:

Le vitamine idrosolubili sono facilmente solubili in acqua, non possono essere immagazzinate nell’organismo come riserve e l’eventuale eccesso viene eliminato con le urine per cui, in condizioni fisiologiche, non ci sono pericoli di tossicità. Comprendono le vitamine del gruppo B tra cui l’acido folico e la vitamina C.

  • Le vitamine del gruppo B partecipano al corretto metabolismo di carboidrati, lipidi e proteine, sono fondamentali nella produzione di energia e svolgono un ruolo protettivo sul sistema nervoso, cardiovascolare e su cute, capelli e denti.
  • L’acido folico è essenziale per la sintesi di DNA, proteine ed emoglobina e per il corretto sviluppo dei tessuti che vanno incontro a proliferazione e differenziazione come quelli embrionali. Infatti l’assunzione di acido folico prima e durante la gravidanza è fortemente raccomandata per prevenire malformazioni del tubo neurale.
  • La vitamina C è un potente antiossidante, svolge un ruolo fondamentale in numerosi processi metabolici, quali la sintesi di collagene, ormoni e amminoacidi, aumenta l’assorbimento intestinale del ferro e potenzia il sistema immunitario.

Le vitamine liposolubili vengono assorbite tramite i grassi assunti con la dieta, possono accumularsi nell’organismo con potenziali effetti tossici. Comprendono le vitamine A, D, E, K.

  • La vitamina A è un fattore indispensabile per il corretto funzionamento della vista e per l’integrità dei tessuti e del sistema immunitario.
  • La vitamina D è un regolatore del metabolismo del calcio e garantisce la corretta mineralizzazione delle ossa. Numerosi studi hanno poi evidenziato un ruolo importante sul controllo dell’infiammazione e della risposta immunitaria. 
  • La vitamina E è un importante antiossidante ed è essenziale per il mantenimento dell’integrità delle membrane cellulari.
  • La vitamina K ha un ruolo importantissimo nei processi di coagulazione del sangue.

Qual’è il fabbisogno giornaliero di vitamine?

Il fabbisogno giornaliero e l’assunzione raccomandata di vitamine per l’individuo sono stabiliti in base all’età e al sesso (LARN – Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed Energia per la popolazione italiana) ed in condizioni fisiologiche possono essere totalmente soddisfatti da un’alimentazione varia ed equilibrata.

Le fonti principali di vitamine sono infatti cereali, frutta, verdura, legumi, latte, uova, carne e pesce. Diete sbilanciate nell’apporto di nutrienti possono portare a carenza o eccesso di vitamine con manifestazioni cliniche anche gravi. 

Quali i rischi per carenza di vitamine?

Note già nei tempi antichi sono infatti malattie carenziali quali lo scorbuto (carenza di vitamina C), il beri-beri (carenza di vitamina B1- tiamina) e la pellagra (carenza di vitamina B3- niacina).

Oggi nei paesi occidentali le carenze vitaminiche sono rare, ma possono comunque manifestarsi in condizioni di ridotto assorbimento causato da patologie o diete scorrette o di aumentato fabbisogno come in gravidanza, per cui l’eventuale integrazione deve basarsi su un’effettiva necessità e sotto controllo medico.

Le ipervitaminosi: quando si eccede con l’assunzione di vitamine

Le ipervitaminosi più comuni sono quelle dovute ad un’eccessiva assunzione di vitamine liposolubili (A,D,E,K) che si accumulano nell’organismo e vengono smaltite lentamente con conseguenze anche gravi, ma possono verificarsi anche con quelle idrosolubili se concorrono altri fattori che ne rallentano l’eliminazione.

Assumere dosi eccessive di vitamine attraverso l’alimentazione è piuttosto difficile, infatti i casi di ipervitaminosi documentati sono dovuti al consumo eccessivo e incontrollato di integratori  il cui utilizzo è regolamentato (DL  169/2004) e del tutto superfluo in individui sani che hanno un’alimentazione corretta.

Una dieta varia ed equilibrata, ricca di cereali frutta e verdura, la scelta di cibi freschi e non conservati, metodi di cottura utili a preservare le vitamine e gli altri nutrienti contenuti negli alimenti sono le regole d’oro per vivere meglio.

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Serena Rianda

Fonti:

I benefici dell’olio di oliva e il suo ruolo preventivo nello sviluppo di malattie

L’olio di oliva si ottiene dai frutti dell’Olea Europaea, comunemente detta ulivo, e la sua peculiare composizione gli conferisce le proprietà benefiche che lo rendono il simbolo della dieta mediterranea.

È composto per il 99% da grassi, rappresentati principalmente da acidi grassi monoinsaturi, specialmente l’acido oleico, e per il restante 1% da composti bioattivi (vitamine e polifenoli) responsabili  delle  caratteristiche organolettiche e vantaggiosi per la salute.

Le caratteristiche dei componenti dell’olio di oliva

Gli acidi grassi monoinsaturi contribuiscono al controllo della colesterolemia in quanto possono ridurre i livelli ematici delle lipoproteine LDL e VLDL, deputate al trasporto del colesterolo dal fegato ai tessuti, e aumentare invece quelli delle lipoproteine HDL, deputate alla rimozione del colesterolo dagli organi e dalle arterie.

I composti bioattivi conferiscono all’olio d’oliva il sapore, l’aroma e la piccantezza e dipendono da fattori quali  il tipo di olive utilizzate, la fase di maturazione dei frutti, le tecniche di coltivazione.

I polifenoli sono sostanze dotate di  una forte attività antiossidante e antinfiammatoria e contribuiscono a migliorare il metabolismo dei lipidi riducendo i livelli ematici di colesterolo e trigliceridi.

L’olio di oliva ha un ruolo preventivo sullo sviluppo di malattie?

Studi clinici hanno infatti evidenziato il ruolo preventivo dell’olio d’oliva sullo sviluppo di malattie cardiovascolari e del diabete di tipo 2 e la capacità di contribuire a ridurre i valori di glicemia ed emoglobina glicata nei pazienti  diabetici.

Inoltre l’attività antiossidante dell’olio d’oliva contribuisce a proteggere le membrane cellulari dai processi d’invecchiamento con un potenziale ruolo preventivo sullo sviluppo di tumori e malattie degenerative.

Come si classifica l’olio di oliva?

La classificazione merceologica degli oli d’oliva viene stabilita sulla base di diversi parametri, tra cui il grado di acidità, ovvero la quantità di acido oleico libero presente.  Valori bassi di acidità sono indicatori di processi produttivi migliori: un olio di qualità superiore ha un grado di acidità dello 0.2-0.3%.

Ciò permette di classificare gli oli d’oliva in:

  • Olio d’oliva  extravergine, acidità non superiore allo 0.8%, estrazione con processi  fisico-meccanici delle olive
  • Olio d’oliva vergine, acidità non superiore al 2%, estrazione con processi  fisico-meccanici delle olive
  • Olio d’oliva, acidità non superiore all’1%, estrazione con processi  fisico-meccanici delle olive
  • Olio di sansa e di oliva, acidità non superiore all’1%. La sansa è ciò che resta dopo l’estrazione dell’olio e da essa può essere estratto ancora olio residuo. L’estrazione può avvenire con l’uso di solventi.

Come conservare e consumare l’olio di oliva?

Per mantenere inalterate tutte le proprietà dell’olio d’oliva è importante conservarlo e utilizzarlo in modo corretto.

L’olio d’oliva va conservato in contenitori di vetro scuro o acciaio inox tenuti in luoghi freschi e asciutti evitando ripetute esposizioni all’aria e alla luce.

Va consumato preferibilmente a crudo, poiché la cottura ad alte temperature deteriora molte sostanze che non resistono al calore, come le vitamine. Inoltre superata una certa temperatura l’olio comincia a produrre fumo (punto di fumo) e sostanze nocive alla salute.

L’olio d’oliva in un piccolo volume  contiene molte calorie (1 cucchiaio = 90cal), per cui le quantità suggerite dipendono anche dal regime alimentare seguito, in linea generale vanno dai 20 grammi ai 40 grammi al giorno (1 cucchiaio da minestra = 10 grammi).

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Serena Rianda

Fonti:

  • Linee guida per una sana alimentazione. Revisione 2018. CREA
  • www.issalute.it
  • Regolamento (CEE) n°2568/91

Il ferro nell’alimentazione: dove trovarlo e a cosa serve

Perché così importante assumere ferro nella nostra alimentazione? Scopriamolo oggi nella nostra guida stilata insieme alla nostra dottoressa.

Perché è così importante il ferro? Quali alimenti ne sono ricchi? Ecco una guida per saperne di più.

Perché è importante assumere il ferro?

Il ferro è un minerale essenziale per il benessere e il corretto funzionamento del nostro organismo. Esso è responsabile di molte azioni all’interno del nostro corpo come l’ossigenazione dei muscoli, la produzione di alcuni ormoni, il rinforzo del sistema immunitario e l’aumento della nostra resistenza fisica.

Quanto assumerne durante il giorno?

Il fabbisogno giornaliero varia in base alle condizioni fisiologiche di ognuno: in una dieta comune, senza particolari bisogni, le quantità sono di 10/20 mg giornalieri di cui ne vengono assunti solo il 5/10% (1/2 mg circa).

È fondamentale per il nostro corpo mantenere un deposito di ferro sufficiente regolato dall’assorbimento intestinale. Delle volte l’assunzione del ferro può essere messa in pericolo da alcuni fattori:

  • Diete povere di ferro
  • Alterazioni del PH gastrico
  • Alta motilità intestinale
  • Anemie e carenze di vitamina B12
  • Disordini metabolici
  • Alimenti ossalati, fosfati e carbonati

Come assumere più ferro?

L’assorbimento del ferro avviene nella prima parte dell’intestino (duodeno) e nel primo tratto del digiuno (parte intermedia dell’intestino tenue).

Per facilitare l’assunzione di ferro, si consiglia di mangiare alcuni alimenti che ne sono ricchi come il fegato, le carni rosse, i legumi e le ostriche. La vitamina C e gli zuccheri di origine alimentare ne facilitano l’assorbimento ed è per questo che spesso si consiglia di mangiare alimenti come gli spinaci, ricchi di ferro, assieme a del succo di limone o arancia.

Perdite di ferro

Le perdite di ferro sono sempre legate a dei fattori fisiologici, come la minzione, l’evacuazione e l’età. Nel caso delle donne, fattori come la gravidanza, il ciclo mestruale o la menopausa, incidono fortemente sull’assunzione del ferro. Questi elementi espongono maggiormente le donne al rischio di avere delle maggiori perdite di ferro.

In condizioni normali, il contenuto di ferro nell’intero organismo varia da 2g nella donna fino a 6g nell’uomo. Il ferro è diviso in due compartimenti: uno funzionale (di cui l’80% nell’emoglobina) e uno di deposito (accumulato principalmente nel fegato, nella milza e nelle ossa). Nelle giovani donne, i depositi di ferro sono tendenzialmente inferiori rispetto a quelli degli uomini.

Quando i depositi di ferro sono nella norma, nell’organismo si trovano solo tracce di emosiderina, formata da aggregati di ferritina. Per valutare la norma delle riserve di ferro nel corpo, deve esserci equilibrio tra la quantità di ferritina dei depositi e quella plasmatici.

Da dove prendere il ferro?

Il modo più facile ed immediato è attraverso un’alimentazione sana ed equilibrata.

Ecco un elenco degli alimenti con maggiore concentrazione di ferro:

  • Fegato e frattaglie
  • Carni, soprattutto quella di tacchino
  • Pesce
  • Tuorlo d’uovo
  • Legumi
  • Funghi secchi
  • Frutta secca
  • Cereali integrali
  • Farina di soia
  • Verdure a foglia verde scura (es. cavolo riccio, cavolo nero, crescione, broccolo…)

L’assimilazione del ferro

Solo una parte del ferro introdotto nell’organismo attraverso il cibo è poi assimilato, è quindi importante conoscere gli alimenti che più ne sono ricchi senza inciampare nel rischio di una carenza.

A differenza di quanto si possa pensare, vegetariani e vegani non soffrono di mancanza di ferro poiché i vegetali presentano un ottimo contenuto di ferro e vitamina C, utile per l’assorbimento di questo minerale.

Alimenti sconsigliati

Latte e latticini, tè e caffè se assunti duranti e pasti assieme ai cibi di origine vegetale ricchi di ferro, ne riducono l’assorbimento poiché formano con esso dei complessi insolubili che inibiscono l’assimilazione.

I fitati, sostanze che ostacolano l’assorbimento di ferro e nutrienti, presente in cereali e legumi possono essere ridotti se cotti dopo essere stati lasciai a bagno in acqua tiepida con limone per qualche ora.

Qualora l’apporto di ferro non fosse sufficiente per il fabbisogno giornaliero, si può ricorrere ad integratori prescritti dal medico o alimenti fortificati ed integrati con ferro come specifici cereali da mangiare a colazione.

Iniziare un percorso in DCD, significa modificare il proprio stile di vita e adottare l’alimentazione CADN, un piano alimentare pensato per assicurare tutti i benefici al nostro organismo, ferro incluso.

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Monica Ramiconi Dietista

Il ruolo dei probiotici

I probiotici aiutano l’equilibrio del nostro benessere. Scopriamo di più su questi microrganismi.

Che cosa sono i probiotici?

I probiotici sono microrganismi, per lo più batteri e lieviti simili ai microbi “buoni” naturalmente presenti nel nostro tratto gastrointestinale.

Nel nostro intestino sono presenti miliardi di microrganismi, tra cui batteri, funghi e virus che costituiscono il microbiota intestinale, ovvero l’insieme dei microrganismi che convivono nel nostro organismo senza danneggiarlo.

In accordo col Ministero della Salute, è opportuno assumere probiotici che contengano almeno 1 miliardo di cellule vive per almeno uno dei ceppi presenti così da garantire la colonizzazione dei probiotici al nostro intestino.

I più diffusi son:

  • Lactobacilli
  • Streptococchi
  • Bifidobacteria
  • Funghi Saccharomyces, Aspergillus. Penicillium

La proprietà dei probiotici

I probiotici devono avere determinate caratteristiche per sopravvivere nel nostro tratto gastrointestinale.

Devono essere in grado di sopravvivere nell’ambiente acido dello stomaco per arrivare vivi e vitali nell’intestino dove esercitare le propria funzione. Aderendo alle mucose intestinali, riescono a riprodursi e a colonizzare la mucosa.

I probiotici devono essere dei costituenti “normali” della flora dell’intestino sano e privo di effetti collaterali, per un sano e corretto funzionamento dello stesso.

I benefici dei probiotici

La presenza dei probiotici, oltre a determinare il nostro benessere, apporta moltissimi benefici:

  • Miglioramento delle difese immunitarie
  • Efficaci per il trattamento di alcuni disturbi del tratto gastrointestinale
  • Combattono malattie infiammatorie dell’intestino
  • Aiutano nella cura dell’obesità

I nemici dei probiotici

Il quantitativo di probiotici nel nostro organismo può essere minacciato da alcune condizioni:

  • Infezioni intestinali
  • Avvelentamenti
  • Uso di antibiotici
  • Cattiva digestioni
  • Abitudini alimentari scorrete
  • Stress

La dieta, fattori esterni ed ambientali presenti nella quotidianità possono influire sulla composizione del microbiota creando così una alterazione che viene chiamata disbiosi intestinale. Ciò piò comportare diversi sintomi come gonfiore addominale, irregolarità intestinale, meteorismo e difficoltà a digerire.

L’alimentazione CADN di DCD è una dieta bilanciata ed equilibrata, in grado di assicurare al nostro organismo tutti gli elementi di cui ha bisogno.

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Giorgia Fusco Dietista

Le fibre alimentari: a cosa servono? E dove trovarle?

Le fibre alimentari sono molto importanti per il nostro organismo, saperle distinguere e conoscere dove trovarle in natura risulta fondamentale.

Le fibre sono presenti in tantissimi alimenti: scopriamo dove trovarle e perché sono utili.

Cosa sono le fibre alimentari e a cosa servono?

All’interno della nostra dieta equilibrata, la presenza delle fibre è fondamentale per il corretto funzionamento dell’intestino.

Le fibre alimentari sono quelle sostanze organiche presenti in frutta, verdura, cereali e legumi che gli enzimi del nostro apparato digerente non è in grado di scomporre, e quindi digerire.

In base alla loro struttura possiamo distinguerle in fibre solubili e fibre insolubili.

Le prime sono in grado di sciogliersi nell’acqua e costituiscono un’ottima fonte di sostentamento per la flora batterica,che popola il nostro intestino e che lo protegge dalle infezioni, per questo motivo le fibre sono anche definite prebiotiche.

Le fibre solubili contribuiscono ad aumentare il senso di sazietà perché, essendo la fibra viscosa, rallenta il transito intestinale dei cibi, inducendoci a mangiare di meno. Inoltre, le fibre solubili sono in grado di limitare l’assorbimento dei grassi e degli zuccherifacilitando la dieta e percorsi di dimagrimento.

Le fibre insolubili, invece, non sono in grado di sciogliersi nell’acqua ma piuttosto la assorbono, aumentando di volume.Quando si trovano nell’intestino aumentano il volume delle feci, che vengono ammorbidite dall’acqua, stimolando la peristalsi intestinale e facilitando l’evacuazione.

Ciò non solo aiuta la regolarità intestinale, ma impedisce anche che le tossine contenute nelle feci vengano assorbite dall’organismo a causa di un’eccessiva permanenza nel colon, aiutando a scongiurare infezioni e disturbi ben più gravi.

Il giusto apporto di fibre

La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU), in base all’età, raccomanda determinate quantità di fibre:

  • Adulti: almeno 25 gr al giorno anche con meno di 2000 calorie assunte
  • Bambini: almeno 8,4 gr ogni 1000 calorie assunte

Ma dove trovarle?

Le fibre sono contenute principalmente negli alimenti di origine vegetale ricchi di vitamine, sali minerali e preziosi nutrienti per il benessere di tutto il corpo. E’ consigliabile consumare la frutta con la buccia preferendo prodotti biologici e non trattati, in quanto è li che si concentra maggiormente il quantitativo di fibre.

 I legumi, come lenticchie, piselli, soia, ceci e fagioli, oltre ad essere vari e saporiti, contengono fibre solubili.

Tra le verdure, le più ricche di fibre sono spinaci, bietole, asparagi, radicchio, verdura a foglia verde.

La frutta secca, oltre ad essere un perfetto e sano spezza fame, è un concentrato di vitamine, sali minerali e acidi grassi insaturi.

Anche i cereali integralie i derivati garantiscono un ottimo apporto di fibre, basti pensare alla crusca, il rivestimento del chicco dei cereali che per 100gr di prodotto contiene 40 gr di fibre.

Atteggiamenti sconsigliati

Gli integratori alimentari a base di fibre, oltre a non essere necessari davanti ad una dieta equilibrata, sono sconsigliati per le persone che soffrono di malattie infiammatorie intestinali; per chi segue una terapia specifica  sono da assumere lontano dai farmaci in quanto potrebbero alterarne l’assorbimento. 

Qualora gli integratori venissero prescritti dal medico, è importante assumerli sempre con il giusto quantitativo di acqua per scongiurare i possibili effetti collaterali come gonfiore, tensione addominali e dolori all’addome.

Il metodo DCD, attraverso l’aiuto di specialiste del settore, garantisce la giusta quantità di fibre grazie ad una dieta ben equilibrata che includa verdure, crusca e una corretta idratazione.

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Giorgia Fusco Dietista

Stress e cortisolo: due fattori che incidono sul dimagrimento

Scopriamo come il cortisolo, chiamato spesso ormone dello stress, può avere effetti negativi sul nostro corpo e sul nostro peso.

Che cos’è il cortisolo? Il cortisolo è un ormone prodotto dalle cellule del surrene sotto stimolo del cervello e la sua secrezione varia a seconda delle fasi della giornata: durante le primissime ore del mattine si assiste a un picco massimo, mentre durante le ultime ore della sera c’è un picco minimo.

Le varie funzioni del cortisolo

Il cortisolo incide fortemente sul nostro metabolismo poiché nella sua forma attiva controlla i livelli di zuccheri, proteine e grassi nel sangue. Tra le varie funzioni, l’ormone del cortisolo contribuisce a bilanciare il sistema immunitario, la pressione sanguigna, la presenza di acqua e sali minerali, la produzione di globuli bianchi e rossi; influisce sul comportamento, la memoria e la sfera emotiva.

Le alterazioni del cortisolo

A volte la produzione del cortisolo viene condizionata da alcuni fattori, come l’assunzione di determinati farmaci o lo stress. In questi casi, la produzione giornaliera standard può essere alterata e il cortisolo può concentrarsi cronicamente nel sangue arrivando ad incidere persino sul nostro aspetto.

Gli effetti indesiderati di elevati livelli di cortisolo nel sangue sono:

  • riduzione progressiva della massa magra 
  • aumento della massa grassa (soprattutto a livello viscerale)
  • glicemia costantemente elevata
  • perdita di massa ossea
  • aumento della ritenzione di liquidi

Come contrastare gli effetti negativi?

Ci sono alcune accortezze che incidono positivamente sull’equilibrio mentale e fisico capaci di aiutarci ad abbassare lo stress, e di conseguenza, i livelli elevati di cortisolo presenti nel nostro organismo.

Per contrastare gli effetti negativi di aumentati livelli di cortisolo, è importante tenere sotto controllo l’alimentazione, assumendo alimenti di qualità ed evitando il consumo di cibi particolarmente lavorati e processati ricchi di zuccheri. Sono sconsigliate le diete “fai da te” particolarmente restrittive basate su digiuni prolungati o l’assunzione sbilanciata di carboidrati proteine e grassi. È invece importante assumere fibre ad ogni pasto, frutta a merenda, verdure a pranzo e cena, e la giusta quantità di proteine e acqua per mantenersi idratati.

Cortisolo e dimagrimento

Lo stress cronico e il cortisolo elevato possono influire negativamente sul successo di un percorso di dimagrimento ed è per questo che DCD propone un metodo sostenibile ed efficace.

L’alimentazione CADN e la Nuova Electrosculpture sono l’alleato ideale per aiutare le persone affette da cortisolo alto a ridurre la ritenzione idrica, il tessuto adiposo e per stimolare il microcircolo grazie all’impiego della corrente galvanica a basso amperaggio.

Di redazione con la collaborazione della Dott.ssa Eleonora Cuofano Dietista – nutrizionista

La tiroide: tutto quello che devi sapere.

Le patologie della tiroide si dividono in ipertiroidismo e ipotiroidismo. Come comportarsi e cosa mangiare.

La tiroide è una ghiandola a forma di farfalla che si trova nella parte anteriore del nostro collo. Seppur di piccole dimensioni, la tiroide ha un ruolo fondamentale nel nostro organismo perché gli ormoni che produce, chiamati ormoni tiroidei, sono necessari per numerose funzioni di crescita e di sviluppo, come ad esempio la regolazione del metabolismo, della temperatura corporea e della forza muscolare.

Una sua alterazione ha conseguenze negative e significative sulla qualità della vita. Le cause dell’alterazione della tiroide possono essere numerose ma le più frequenti sono l’ipertiroidismo l’ipotiroidismo

Il ruolo della iodo

Lo iodio ha un ruolo importante nel funzionamento della tiroide; infatti, l’introito di questo minerale va limitato nell’ipertiroidismo e incrementato nell’ipotiroidismo. Secondo i LARN (Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti della SINU) il fabbisogno giornaliero di iodio degli adolescenti (11-17 anni) è di 130 microgrammi (μg), per gli adulti 150µg. Per le donne in gravidanza e allattamento tale quantità aumenta sensibilmente, raggiungendo i 200μg al giorno, la stessa quantità è consigliata nella pre-gravidanza per garantire le necessità del feto.

Lo iodio non si respira, si mangia

L’acqua del mare è ricca di iodio. Eppure la quantità di iodio respirata dal mare, al contrario di quanto si pensa, è ininfluente per il nostro fabbisogno di iodio, la cui fonte principale è rappresentata dall’alimentazione. Per prevenire le patologie legate a un cattivo funzionamento della tiroide è raccomandabile introdurre nella dieta gli alimenti che maggiormente contengono iodio, così come moderarne il consumo in caso di ipertiroidismo.


Tra questi vanno ricordati: Sale iodato, Pesce azzurro, molluschi e crostacei, alghe marine essiccate, Uova, Yogurt, Frutta secca a guscio, Mirtilli rossi 

Altri minerali importanti

Accanto allo iodio, di grande importanza risulta essere l’apporto di altri micronutrienti quali selenio, zinco magnesio . In particolare, il selenio potrebbe essere utile per la prevenzione delle disfunzioni tiroidee. Tra gli alimenti più ricchi in selenio vanno ricordati il pesce azzurro (sardine fresche in primis), i molluschi ma anche il fegato (frattaglie) e a seguire cereali , soprattutto integrali, e prodotti lattiero-caseari .Zinco e magnesio giocano un ruolo meno cruciale ma sono microelementi implicati in numerose funzioni nell’organismo che riguardano anche la funzione endocrina e pertanto la dieta deve garantirne il corretto fabbisogno giornaliero.

Cibi da tenere d’occhio

Ci sono invece sostanze che sono in grado di modificare l’assorbimento o l’utilizzo dello iodio (riducendone di fatto la disponibilità) e vengono pertanto definite “gozzigene”: tra questi i composti organici solforati, gli ftalati, gli idrocarburi policiclici aromatici e il litio, che agiscono con meccanismi differenti. Cavolfiori, rape soia sono i principali alimenti contenenti queste sostanze, tuttavia il loro consumo moderato all’interno di una dieta varia non causa il manifestarsi di una disfunzione a livello della tiroide, ma potrebbe piuttosto modificare l’effetto della terapia medicinale o ormonale in presenza di distiroidismo accertato.

Glutine

I soggetti affetti da ipotiroidismo potrebbero prendere in considerazione la possibilità di limitare l’assunzione di glutine, presente nel frumento, orzo, farro e altri cereali. In alcuni casi, l’ipotiroidismo potrebbe avere legami con una malattia autoimmune sottostante. Chi presenta i sintomi di questa sindrome può essere più a rischio di altri di sviluppare ulteriori condizioni autoimmuni come la celiachia e necessitare quindi di una dieta aglutinata.

In ogni caso, è meglio scegliere pane e pasta integrale, ricchi di fibre che possono aiutare a migliorare l’irregolarità dell’intestino, un sintomo comune tra i soggetti ipotiroidei. È importante ricordare di assumere i farmaci per l’ipotiroidismo a distanza dai pasti ricchi in fibre

Integratori dimagranti e anticellulite: attenzione all’etichetta

Alcuni farmaci, integratori o prodotti di erboristeria utilizzati a fini dimagranti, in particolare come trattamento anticellulite possono interferire con la funzionalità tiroidea anche in maniera grave per chi soffre di ipertiroidismo o intolleranza allo iodio. Incidono sulla tiroide tutti quei cosmetici a base di fucus, alga bruna e più in generale estratti di sali marini o alghe. Ancora più cautela dev’essere usata con creme specifiche per il trattamento anticellulite, che possono contenere tiroxina.

La Nuova Electrosculpture, trattamento per eccellenza all’interno degli Studi estetici DCD, esclude l’utilizzo di qualsiasi sostanza dannosa per la funzionalità tiroidea; pertanto, è indicata nel trattamento di inestetismi cutanei quali cellulite e ritenzione idrica nei soggetti affetti da disturbi della tiroide

Di redazione, con la collaborazione della dottoressa Giorgia Fusco, dietista.

Lassità cutanea: una guida completa

La lassità cutanea può colpire tante donne. Scopriamo oggi a cosa è dovuta e come contrastarla.

La lassità cutanea è una perdita (o meglio, cedimento) del normale tono cutaneo: solitamente colpisce la pelle più sottile e fragile, rendendola più secca e meno elastica.

La zona più colpita frequentemente riguarda le braccia e le cosce, ma può capitare di notarla sull’addome e sui glutei.

Istologia: a cosa è dovuta la lassità cutanea?

La lassità cutanea è data da una perdita di collagene ed elastina da parte dei fibroblasti e dalla diminuzione del tessuto adiposo: questa è aggravata dal calo di produzione di acido ialuronico che riduce l’idratazione cutanea.

Nello studio della lassità cutanea, gioca un ruolo fondamentale la valutazione medica per una eventuale diagnosi differenziale con altri inestetismi cutanei come ad esempio la cellulite, e la scelta del trattamento più adatto. Alcuni casi restano prettamente chirurgici.

Alla base della lassità cutanea ci sono i normali processi di invecchiamento. Inoltre ci sono altri fattori che possono avere un ruolo nella lassità cutanea, come fattori intrinseci ed estrinseci, genetica, dieta, stile di vita, esposizione al sole, stress e fumo, sbalzi di peso o dimagrimenti consistenti.

Come contrastare la lassità cutanea?

 A volte seguire una dieta sana e un regime di allenamento non è sufficiente per contrastare questo inestetismo: possono essere d’aiuto trattamenti medico-estetici se non si vuole ricorrere alla chirurgia che in alcuni casi resta l’unica opzione.

Utile è la radiofrequenza che va a stimolare direttamente la formazione di nuovo collagene. Questo trattamento è funzionale per la lassità cutanea lieve per fornire un po’ di “tonificazione” della pelle, o come alternativa meno invasiva alla chirurgia.

Anche trattamenti come la Nuova Electrosculpture possono migliorare il tono cutaneo. Vantaggioso è sicuramente migliorare lo stile di vita controllando l’alimentazione e aumentando la massa e il tono muscolare.

Di redazione, con la collaborazione della dottoressa Maria Giulia Mattei medico estitica e nutrizionista

Il sale, un pizzico di salute!

Diminuire l’uso del sale in cucina sembra un’impresa impossibile ma con piccoli trucchi e accorgimenti si può fare senza troppi problemi.

Il sale, croce e delizia della nostra tavola. Basta aggiungerne un pizzico per dare sapore ai nostri alimenti. Il sale da cucina, infatti, è un esaltatore di sapidità utilizzato per dare più gusto ai cibi che prepariamo.

Il sapore e le proprietà biologiche del sale derivano dal sodio (1gr di sale contiene circa 0.4gr di sodio), elemento indispensabile all’organismo umano in quanto regola la permeabilità delle membrane cellulari e l’eccitabilità muscolare, interviene nella trasmissione dell’impulso nervoso e nel mantenimento dei liquidi extracellulari.

L’escrezione urinaria giornaliera di sodio è pari a 0.1-0.6 gr. Questa quantità deve essere reintegrata con la dieta ed è sufficiente quella naturalmente presente negli alimenti, perché solo nei casi di sudorazione eccessiva e prolungata o di disidratazione il fabbisogno di sodio aumenta.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda di introdurre con la dieta non più di 5 gr di sale al giorno (un cucchiaino da tè) pari a circa 2 gr di sodio al giorno.

Ma siamo sicuri di rispettare sempre la quantità di sale consigliata?

I rischi

Un’abitudine comune è l’aggiunta di sale ai cibi che comporta l’inevitabile consumo di una quantità 10 volte superiore a quella fisiologicamente necessaria.

La comunità scientifica afferma che un consumo eccessivo di sale è correlato ad un aumentato rischio di sviluppare ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari e tumori allo stomaco. Inoltre, è associato ad un’aumentata perdita urinaria di calcio con conseguente potenziale rischio di sviluppare osteoporosi.

Limitare il consumo di sale entro i limiti suggeriti permette di ridurre la pressione sistolica fino a 8 millimetri di mercurio (mmHg) e la diastolica fino a 4 mmHg, risultato sovrapponibile a quello che si otterrebbe con un calo ponderale di 10kg o con un’attività fisica regolare di 30 minuti al giorno.

Per tali motivi è importante ridurre il consumo giornaliero di sale e farlo non è così difficile.

Come ridurre l’assunzione di sale

Ma come si può ridurre il consumo di sale senza rinunciare al gusto?

  • DIMINUIRE UN PO’ ALLA VOLTA:  il primo passo è sicuramente quello di diminuire gradualmente l’aggiunta di sale in cucina e a tavola educando il palato a cibi meno salati che diventeranno pian piano saporiti al punto giusto.
  • IL SEGRETO È A FINE COTTURA: un altro accorgimento è quello di aggiungere poco sale a fine cottura in modo che venga assorbito meno dagli alimenti.
  • SPEZIE, ERBE E AROMI: utilizzare spezie (pepe, noce moscata, ecc.), erbe aromatiche (basilico, origano, prezzemolo, ecc.), limone e aceto per esaltare il sapore dei cibi.
  • LEGGERE L’ETICHETTA: saper leggere l’etichetta permette di fare scelte più consapevoli limitando l’acquisto e il consumo di prodotti ricchi di sale. Affettati, formaggi e alimenti conservati (tonno in scatola, patatine, ecc.) sono quelli che ne contengono di più, ma anche pane e prodotti da forno come biscotti e fette biscottate ne hanno una quantità elevata. In quest’ultimo caso il sodio viene nascosto dallo zucchero presente tra gli ingredienti, per cui è molto importante saper leggere l’etichetta dei prodotti confezionati, preferendo quelli che contengono meno di 0.4 gr di sodio per porzione.  Limitare anche l’utilizzo di salse (es. ketchup) e dadi da brodo.
  • FARE SCELTE SENZA SALE: Scegliere, quando possibile, prodotti a ridotto contenuto di sale, come il pane sciapo, legumi freschi o secchi invece che in barattolo (in questo caso avere cura di risciacquarli dall’acqua di vegetazione prima di consumarli).

Lo sapevi che anche l’acqua contiene sale?

Il contenuto di sodio nelle comuni acque minerali è inferiore allo 0.05 gr/litro, per cui bevendo 2 litri di acqua al giorno se ne introduce una quantità sotto il consentito. Tuttavia,le acque a ridotto contenuto di sodio possono aiutare a ridurne l’assunzione giornaliera, soprattutto quando non si riesce a limitare l’uso del sale nella dieta o quando ci sono condizioni cliniche particolari (ipertensione arteriosa, malattie renali).

L’uso del cosiddetto sale iposodico deve essere valutato dal medico curante in quanto il sodio viene in parte sostituito dal potassio per cui può essere controindicato in alcuni casi (diabete, malattie renali, farmaci). Inoltre data la sua diversa sapidità non bisogna cadere nell’errore di utilizzarne troppo.

Poco sale, preferibilmente iodato per prevenire le malattie da carenza di iodio come suggerito dal Ministero della Salute, è la regola d’oro per dare sapore alla vita!

Di redazione, con la collaborazione della dottoressa Serena Rianda medico nutrizionista

Le stagioni della Salute: ecco perché è così importante seguire il ritmo della natura

La natura pensa proprio a tutto, soprattutto alla nostra salute. Conosci la stagionalità della frutta e della verdura? Scopriamoli insieme.

Lo abbiamo imparato fin dalla tenera infanzia: mangiare frutta e verdura fa bene alla salute! Ogni frutto e ogni verdura ha la sua stagione , per questo seguire la stagionalità della natura è un valido alleato per il nostro benessere. Scopriamo oggi perché.

Sapevate perché il consumo di frutta e verdura  è così importante? Innanzitutto garantisce l’apporto di acqua, vitamine, minerali, fibre e sostanze bio-attive fondamentali per mantenere un buono stato di salute. Inoltre, il loro ridotto contenuto calorico e la capacità di dare un rapido senso di sazietà contribuiscono a controllare le calorie introdotte con la dieta, con effetto positivo sul peso corporeo. Dati scientifici convalidati confermano inoltre che un regolare consumo di  frutta e verdura rappresenta un fattore di prevenzione allo sviluppo di patologie croniche (diabete, cardiopatie, tumori).

Le linee guida per una corretta alimentazione suggeriscono il consumo di 5-6 porzioni al giorno tra frutta e verdura: una porzione di frutta corrisponde a circa 150grammi, una porzione di verdura da cuocere a circa 250grammi, una porzione di insalata a circa 50grammi, a crudo e al netto degli scarti.

La Stagionalità di Frutta e Verdura: quali sono i vantaggi?

Il clima e l’avanzamento delle tecniche di produzione permettono di avere un’ampia varietà di prodotti orto-frutticoli  in tutti i periodi dell’anno, tuttavia consumare frutta e verdura di stagione presenta numerosi vantaggi.

  • È UNA SCELTA DI GUSTO: significa consumare prodotti nel periodo della loro maturazione, quindi più saporiti e con caratteristiche nutrizionali migliori.
  • È UNA SCELTA SALUTARE: la natura pensa davvero a tutto perché ci propone prodotti diversi per assicurare all’organismo tutti i principi nutritivi di cui ha bisogno, anche in base ai vari periodi dell’anno. Non è un caso che la frutta e la verdura invernali sono ricche di vitamina C che rinforza il sistema immunitario contro le malattie da raffreddamento, mentre quelle estive sono ricche di acqua e sali minerali utili a contrastare la disidratazione dovuta alle alte temperature. Inoltre rispettare la natura significa ridurre l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi, con effetto benefico sulla salute.
  • È UNA SCELTA ECONOMICA: frutta e verdura di stagione costano meno rispetto a quelle non stagionali, perché non necessitano di serre per essere coltivate, di celle frigorifere per essere conservate, di lunghi viaggi per essere distribuite nei mercati. Oltre al risparmio economico, si protegge anche la qualità del prodotto, che si riduce ad ogni passaggio.
  • È UNA SCELTA ECOLOGICA: i benefici  sull’ambiente dei prodotti stagionali dipendono dal minore utilizzo di energia, acqua, fertilizzanti e pesticidi nelle varie fasi della filiera alimentare (coltivazione, raccolta, conservazione, trasporto, consumo). I prodotti con un minore impatto ambientale sono infatti quelli coltivati all’aperto, nella loro stagione e consumati nello stesso luogo di produzione

Le tabelle della Stagionalità

È difficile stabilire un’unica tabella di stagionalità di frutta e verdura, poiché il clima e le tecniche produttive sono cambiate nel corso degli anni, e con essi la disponibilità dei prodotti. Quella proposta da Altroconsumo può essere utilizzata per fare scelte più consapevoli ed è possibile scaricare il calendario completo della frutta e verdura di stagione 

Alla luce di quanto detto, è davvero vantaggioso rispettare il ritmo della natura; tuttavia, la base di partenza è quella di avere un’alimentazione ricca di frutta e verdura e povera di grassi e zuccheri.

Si possono consumare le verdure non solo come contorno, ma anche come condimento della pasta o come snack durante la giornata, e la frutta può rappresentare un ottimo spuntino o dessert  ed essere utilizzata per la preparazione di un dolce, con meno calorie ma con tanto gusto. Quindi  più frutta e verdura, sempre, meglio se di stagione!

Di redazione, con la collaborazione della dottoressa Serena Rianda, medico nutrizionista 

Acqua come fonte di vita e benessere

L’acqua è essenziale per la vita degli esseri umani. Scopriamo oggi come può essere una valida alleata sulle nostre tavole.

L’acqua, la fonte di vita per eccellenza, essenziale per la vita dell’essere umano. È una delle prime cose che impariamo a scuola: la sua importanza per il nostro organismo è nota in quanto il nostro corpo è costituito principalmente d’acqua, precisamente dal 63%, anche se questa percentuale può variare tendendo a diminuire,  a seconda dell’età, del sesso e del peso.

L’acqua è un veicolo di trasporto per tutti i nutrienti e i rifiuti all’interno del corpo umano: senza acqua, le cellule, i tessuti e gli organi muoiono rapidamente. L’acqua è fondamentale come lubrificante e cuscino per le articolazioni mentre a livello oculare agisce come ammortizzatore per mantenere una pressione ottimale sulla retina e la lente. 

L’importanza dell’acqua per il nostro corpo

 

Durante i pasti l’acqua crea un effetto protettivo e lubrificante sulle pareti gastroesofagee creando un sottile film protettivo dai succhi gastrici e allo stesso tempo facilita lo scorrere del cibo.

Scioglie amminoacidi, glucosio, minerali e molte altre sostanze necessarie da parte delle cellule. Piccole molecole, come quelle dell’azoto e i loro prodotti finali generati durante il metabolismo proteico, si dissolvono nel sangue e devono essere rimosse per evitare di costituire concentrazioni tossiche all’interno del corpo.

I reni agiscono come filtri per questi prodotti di scarto e li espellono, mescolati con acqua; quando i reni si ammalano, come può accadere a coloro che soffrono di diabete, le tossine possono accumularsi provocando una situazione di pericolo per la propria vita.

I fluidi corporei che hanno il maggior contenuto in acqua sono il liquido cefalo rachidiano, il midollo osseo e il plasma sanguigno; risulta quindi di fondamentale importanza per il trasporto dei nutrienti in tutti i distretti corporei e per l’eliminazione e l’escrezione, tramite l’urina, delle scorie prodotte nelle reazioni biochimiche.

L’acqua inoltre svolge una funzione determinante nella regolazione della temperatura corporea (tramite la sudorazione) e della concentrazione dei sali minerali. Proprio perché l’acqua deve essere presente in quantità molto elevate nell’alimentazione umana, viene classificata come macronutriente.

L’alimento più importante

L’acqua è la protagonista indiscussa delle nostre tavole.

Ma nonostante sia insapore e incolore, non tutte le acque sono uguali e si differenziano tra minerali e oligominerali (povera di sali minerali). Esistono diversi fattori da tener conto quando classifichiamo le diverse tipologie d’acqua. 

Il residuo fisso, ovvero la quantità di sali minerali e oligoelementi contenuti in un litro d’acqua dopo essere stata sottoposta ad evaporazione a 180 gradi, è una dei primi criteri con cui distinguere l’acqua. 

Tutte le acque naturali possono essere lisce, gassate o effervescenti naturali e vengono imbottigliate come sgorgano dalla sorgente.

L’acqua minimamente mineralizzata è quella che ha un contenuto di sali non superiore a 50 mg/ litro ed è indicata quando si utilizzano latti in polvere ed altri alimenti per l’infanzia.

Le acque oligominerali hanno un residuo inferiore a 500mg/litro; il loro ridotto contenuto in sali favoriscono la diuresi e sono consigliate per chi soffre di calcoli renali, per neonati e bambini.

Le acque minerali hanno invece un residuo fisso compreso tra 500 e 1500 mg/ litro; data l’elevata quantità di sali, sono consigliate nei periodi caldi in cui si suda maggiormente.

Indicazioni su base DCD per un corretto utilizzo

Per chi segue il protocollo DCD si annovera il consumo ampiamente raccomandato dei 2 litri giornalieri, ponendo particolare attenzione alla composizione e al residuo fisso delle acque che non devono superare i 300/mg litro.

DCD da sempre, fin dall’inizio della sua storia nel 1980, consiglia la famigerata acqua EVIAN, un po’ più cara rispetto alle altre, ma di certo di grande efficacia in quanto si è statisticamente riscontrato un maggior modellamento in termini di diminuzione dei centimetri in chi ha sempre utilizzato questo tipo di acqua rispetto ad altre marche.

Consigliate in alternativa sono la Panna, Vitasnella, Rocchetta, Santa Croce.

Quindi… alla salute!

Un altro consiglio utilissimo è quella di variare le tipologie di acqua ogni tot mesi per non abituare l’organismo ad una sorta di assuefazione e mantenere così un modellamento costante nel tempo.

Di redazione, con la collaborazione della dottoressa Monica Ramiconi, dietista

Ipertensione arteriosa: cosa devi sapere e come combatterla

L’ipertensione arteriosa è una delle patologie più diffuse. Cosa devi mangiare e come DCD può aiutarti a combatterla.

L’ipertensione arteriosa è una delle patologie più diffuse nei paesi industrializzati e rappresenta uno dei problemi clinici attuali e più ricorrenti nelle persone adulte di entrambi i sessi. Conoscere questa patologia, sapere le cause e gli effetti è il primo passo per tenerla monitorata e prevenire i danni che essa può provocare.

L’ipertensione arteriosa è uno stato costante e persistente in cui la pressione arteriosa a riposo risulta più alta rispetto ai parametri definiti normali; le sue complicanze possono essere severe e talvolta mortali. Il trattamento dell’ipertensione è di natura principalmente dietetica e poi farmacologica.

Definizione

La natura dell’ipertensione arteriosa è una condizione caratterizzata dall’elevata pressione del sangue nelle arterie. Più precisamente è la forza che il sangue esercita contro le pareti dei vasi sanguigni a seguito dell’azione di pompa svolta dal cuore.

Misurata in millimetri di mercurio con un paziente in stato di riposo, è solitamente definita attraverso i valori di pressione sistolica (o massima) e pressione diastolica (o minima). Secondo lo standard scientifico la pressione ottimale a riposo è pari a 120/80mm/hg ma se superiamo costantemente valori pari a valori di 140/90 potremo definirci persone ipertese. Le cause sono numerose e possono essere di natura genetica, alimentare, legate all’invecchiamento, al sovrappeso, alla sedentarietà, agli squilibri ormonali, alla menopausa, a predisposizioni familiari.

Lo stile di vita: la principale causa

Sicuramente una delle cause più diffuse che comportano lo sviluppo della ipertensione arteriosa parte dalla tavola. Una scorretta alimentazione unita ad un uso spropositato del sale da cucina, consumo di alimenti preconfezionati, insaccati o troppo elaborati comporta uno sviluppo della patologia. 

Ma esistono anche altri fattori che possono determinare l’ipertensione arteriosa, come: la carenza di vitamina D, il consumo di alcool, l’obesità, la mancanza di movimento, e soprattutto il fumo. Il fumo da sigaretta, in quanto potente vasocostrittore, favorisce la formazione di placche ateromasiche all’interno delle arterie. La vasocostrizione riduce il flusso sanguigno aumentando le resistenze periferiche, imponendo al cuore di esercitare un’azione di pompa maggiore.

Uno stile di vita sano e una corretta alimentazione sono gli alleati per monitorare la patologia. Ma soprattutto fondamentale risulta educare i giovani fin dalla tenera età. La prevenzione primaria dell’ipertensione comincia in età giovanile avviando i soggetti alla pratica sportiva e controllando le abitudini alimentari apportando alimenti ricchi di fibre (frutta e verdura), cereali integrali, ridotti consumi di sale da cucina – non superando mai i 5- 6 grammi/die (grammi al giorno). 

Un’altra causa sicuramente scatenante è lo stress dovuto a collera trattenuta, grandi arrabbiature, intense emozioni, responsabilità o impegni eccessivi. Infatti, quando lo stress risulta molto elevato, soprattutto se psichico può comportare uno sviluppo dell’ipertensione arteriosa.  

Altre cause non gestibili sono legate all’età avanzata. Questa condizione, non controllabile, dunque accettabile in quanto fisiologica, è frutto di fattori diversi legati all’invecchiamento.

Complicanze dell’ipertensione arteriosa

Un aspetto dell’ipertensione arteriosa sicuramente interessante è che le complicanze derivanti dalla sua mancata cura non sono immediate, ma insorgono dopo qualche anno dalla sua comparsa con una severità strettamente correlata all’entità dell’eccesso pressorio. Ad esempio, i danni della pressione alta non trattata a carico del sistema cardiocircolatorio e del compartimento cerebrale insorgono rispettivamente dopo circa 10 e 20 anni dall’inizio dello stato ipertensivo.

Come si cura l’ipertensione arteriosa?

Approccio farmacologico

Se le modifiche allo stile di vita non sono sufficienti a ridurre il carico ipertensivo (riduzione dell’apporto di sale, praticare regolare attività fisica, abolizione del fumo di sigaretta, limitazione del consumo di alcol, riduzione del peso corporeo), si ricorre all’uso di farmaci. 

Le classi farmacologiche attualmente utilizzate sono:

  • Diuretici
  • Beta bloccanti
  • Calcio antagonisti
  • ACE inibitore
  • Antagonisti dell’angiotensina II

Differenti tra loro per il meccanismo con cui riducono la pressione arteriosa, i sopraccitati farmaci presentano un tempo di risposta terapeutica ottimale che varia dalle 2 alle  6  settimane di trattamento.

La DCD ti aiuta in caso di ipertensione arteriosa

I trattamenti eseguiti alla DCD sono rivolti a coloro che hanno problematiche di sovrappeso che sappiamo essere strettamente correlati ad eventuali problematiche cardiache più o meno severe. L’approccio rivolto al paziente iperteso  si traduce  principalmente con un regime alimentare  adeguato  con un apporto controllato di cloruro di sodio consistente in:

  • sale da cucina (massimo 4 grammi/die (grammi al giorno) e preferibilmente sale rosa dell’Himalaya);
  • escludendo dal regime dietetico insaccati di qualsiasi genere;
  • escluso il tonno sia in scatola sia in vetro;
  • abolizione di dadi da brodo o glutammato;
  • proponendo un regime CADN ove vengono esclusi a priori determinati alimenti;
  • no a vegetali conservati (inclusa la salamoia);
  • Acqua oligominerale 2.5 litri/die;
  • Crackers tassativamente integrali Misura

Dolci tentazioni: quella irrefrenabile voglia di dolce

Ti capita di alzarti di notte con un’irrefrenabile voglia di dolci? Non sottovalutare il problema, potresti sviluppare una vera e propria dipendenza. 

Chi di noi non ha mai desiderato un bel dolce?
I dolci nelle loro varietà accompagnano da sempre i momenti lieti della vita: non c’è cerimonia o ricorrenza senza il suo dolce finale. Se pensiamo che fin dall’infanzia i dolci assumono il valore di premio e ricompensa, sembra impossibile pensare ad una vita priva dei dolci.


Il loro buon sapore, dovuto al connubio di zuccheri e grassi, esalta le papille gustative e rallegra gli animi. Pertanto, amare i dolci, esserne golosi, potrebbe non essere un problema ma un innocuo piacere.


Quando i dolci diventano una dipendenza

Però, delle volte, la voglia di dolci può sopraffare fino a diventare una vera e propria dipendenza che si manifesta quando subentrano i seguenti fattori: frequenza, quantità, compulsività. 

Spesso accade che si inizia una dieta con buone intenzioni e si riesce a seguire lo schema alimentare con successo. Ma altrettanto spesso accade che in certi momenti, soprattutto dopo cena o addirittura di notte, esploda una irrefrenabile voglia di dolce.


A quel punto ci si muove verso il frigo, a volte come in trance, obbiettivo la fetta al latte dei ragazzi, o verso i cassetti della credenza a far man bassa di biscotti e cioccolatini destinati ad amici e parenti. Desiderio e volontà di controllo si confondono, si combattono, ed è sempre il primo ad avere la meglio.

Le mani vanno più veloci del pensiero e scartano frenetiche la tavoletta del cioccolato preferito”, così mi racconta una cliente e aggiunge: “non riesco a fermarmi… ho bisogno di scaricare la tensione, calmarmi, coccolarmi.” Queste parole ci guidano verso una comprensione del fenomeno che va oltre il bisogno fisiologico di mangiare, oltre la fame, oltre il puro piacere del palato.


Cosa accade al nostro corpo quando assumiamo dolci

Per le neuroscienze quando si mangiano dolci o cibi contenenti zuccheri, il cervello attiva una sorta di sistema di ricompensa chiamato sistema mesolimbico della dopamina, la stessa sostanza che viene rilasciata dai neuroni quando siamo felici, soddisfatti, appagati. Quindi, se si vorrà mantenere questo stato di grazia si dovrà ripetere l’assunzione con una certa frequenza. Da ciò se ne deduce che i dolci sono la riproduzione “chimica” del piacere e del benessere che non si riesce ad ottenere per altre vie, una sorta di cibo dall’effetto medicale, facile da reperire ed auto prescrivibile.

Lo zucchero, inoltre, essendo presente nel latte materno e nel latte in polvere, può evocare l’abbraccio in cui erano avvolti i nostri corpi da cuccioli e quel senso di pienezza e sazietà irripetibili. Oppure, al contrario, quel sapore rimanda a un contatto emotivo forse insufficiente nell’infanzia, di cui rimaniamo affamati e che continuiamo a farci mancare da adulti.


Quell’ irrefrenabile voglia di dolce è come un diavoletto malefico che ci dice: “fallo, fallo, mangia i biscotti” e fa saltare una giornata di dieta quasi perfetta. Ogni biscotto mangiato può essere una parola non detta, un bisogno non espresso, un dolore non elaborato, la panacea ad un’emozione che esplode nella notte e alla quale non si sa dare un nome.


Le testimonianze

Ho chiesto ad una cliente di dirmi se quel cornetto mangiato con un po’ di senso di colpa fosse stato un gesto o una frase, che gesto e che frase sarebbero stati e lei mi ha risposto: “Il gesto un abbraccio, la frase sei stata brava”.


Ma i dolci nel loro significato psicologico possono essere anche la carica a una vitalità spenta, il sostituto di un gesto creativo, o della  realizzazione di se stessi come persona.

Tante possono essere le chiavi di lettura per questo particolare rapporto con i dolci, ma ognuno ha il suo personale intimo significato. Sarebbe utile comprendere cosa nasconde quel gesto impulsivo, cosa sostituisce, cosa vi manca veramente, e cogliere l’emozione che vi spinge a fagocitare dolci senza gustarli, senza piacere e con senso di colpa.


Il ruolo di DCD

Spesso da soli risulta difficile analizzare il perché di determinati comportamenti. Nonostante ci si metta la buona volontà per seguire un regime alimentare sano, si fallisce. Una psicologa del comportamento alimentare può aiutare ad aprire un dialogo tra la parte impulsiva e la parte razionale, ad accogliere le vostre emozioni senza giudicarle e ad attivare altri canali di piacere e soddisfazione.

dott.ssa Marzia Vercillo, psicologa Psicoterapeuta – Consulente DCD

Menopausa e alimentazione. Ecco tutto quello che bisogna conoscere

La menopausa è un momento delicato per la vita delle donne. Come affrontarla? Cosa mangiare? La nostra esperta risponde a tutte le domande. 

Il momento tanto critico è arrivato. Mille dubbi, mille paure e un punto interrogativo di come affrontare una fase delicata che coinvolge, prima o poi, tutte le donne. Iniziamo con fare chiarezza su cosa è effettivamente la menopausa e cosa può comportare nella vita di una donna.

Fisiologia della menopausa

La menopausa inizia quando nella vita di una donna viene meno la fase mestruale per almeno 1 anno. Ogni donna vive situazioni diverse, più o meno complesse, con sintomatologie ben precise a seconda dei casi.

L’età media fisiologica è 52 anni, anche se fattori come il fumo, il vivere ad elevate altitudini e la scarsa nutrizione possono ridurre l’età. Le variazioni del ciclo mestruale di solito cominciano, con variazione della lunghezza del ciclo, dopo i 40 anni.

Le manifestazioni della menopausa possono comprendere vampate di calore, sudorazione notturna, sindromi genitourinarie. I sintomi possono essere trattati con modifiche dello stile di vita o con terapie complementari o alternative.

I sintomi della menopausa

I sintomi più comuni che una donna riscontra quando inizia la menopausa sono:

  • indolenzimento del seno;
  • cambiamento del flusso mestruale;
  • malumore ed emicrania;
  • vampate di calore (instabilità vasomotoria). Queste ultime persistono per svariati anni dopo l’inizio della menopausa;
  • secchezza vaginale, atrofia delle mucose, urgenza urinaria;
  • perdita di tono muscolare.

Sintomi meno comuni che possono verificarsi sono l’aumento del colesterolo LDL, e questo in parte può spiegare perché l’aterosclerosi diventa più comune tra le donne dopo la menopausa.

Inoltre, si ha una perdita della densità ossea durante i primi 5 anni dopo la menopausa, dopodiché il tasso di perdita è simile a quello degli uomini. Anche per questo, lo screening per l’osteoporosi è consigliato a tutte le donne oltre i 65 anni, coloro presentano alto rischio di fratture( con un anamnesi familiare di osteoporosi),donne che hanno una storia di problemi alimentari, un basso indice di massa corporea, un uso cronico di corticosteroidi, interventi di by-pass gastrico, malattia di Crohn.

Una curiosità che forse pochi sapranno è che per le donne con storia di endometriosi, dismenorrea, disturbi del ciclo e sindrome premestruale, la qualità della vita migliora dopo la menopausa.

La terapia ormonale è il trattamento più efficace per i sintomi menopausali, viene  usata per alleviare le vampate da moderate a gravi, e quando vi è incluso un estrogeno, per  migliorare i sintomi a causa di atrofia  vulvovaginale, riduce la perdita ossea  e l’incidenza  delle fratture.

Imparare a convivere con la menopausa

Arrivare alla fase della menopausa non deve essere un ostacolo per le donne, la vita non finisce quando le ovaie decidono di non produrre più ovuli. Ancor di più perché anche durante la menopausa le ovaie continuano a produrre piccole quote di androgeni ed estrogeni a cui si affiancano quelli sintetizzati nel tessuto adiposo.

Non diventano quindi, organi inutili, e questa parola, a maggior ragione, dovrebbe scomparire dal vocabolario della menopausa. La fine dell’età fertile non è una malattia, ma una fase della vita che richiede (e merita) dei cambiamenti.

Non una fine dunque, ma un nuovo inizio. E allievando i sintomi sopra elencati, la vita può trascorrere serenamente senza troppi drammi. 

Menopausa e aumento di peso 

Una delle maggiori preoccupazioni in menopausa riguarda il possibile aumento di peso; in realtà sono le modifiche ormonali, in particolare la progressiva riduzione dei livelli di estrogeni, ad essere i veri responsabili dei cambiamenti della distribuzione di grasso nel corpo della donna che passa dalla classica forma definita a pera ( grasso su fianchi e cosce) a quella a mela( grasso che si accumula su pancia e spalle).

L’aumento di peso è contribuito di fatto a modifiche dello stile di vita, riduzione dell’attività fisica che porta anche alla progressiva perdita di massa muscolare, riduzione del metabolismo basale. Importante risulta anche l’eventuale presenza alta di stress che può indurre al consumo di alimenti poco sani (comfort food) o, in generale, ad una sorta di trascuratezza verso se stesse.

Dunque non è la menopausa a causare l’aumento di peso, ma è un fattore che comporta una serie di conseguenze. 

Ricordiamo inoltre che la massa muscolare diminuisce con l’andare degli anni e, se non si fa nulla per ricostituire/mantenere la massa magra che è andata persa, la composizione dell’organismo cambia, il grasso inizia a prendere il posto della massa magra ed in questo modo le calorie vengono bruciate più lentamente.

Se quindi si continua a mangiare come si è abituate, si finisce per ingrassare, perché il metabolismo basale ha rallentato in seguito alla perdita di massa muscolare. Dunque l’entrata nella fase della menopausa deve comportare un diversificamento del proprio stile di vita. 

Cosa mangiare in menopausa

Dunque quale può essere una dieta efficace che possa comportare uno stile di vita adeguato senza aumentare di peso?
I consigli che danno i nutrizionisti è innanzitutto di assumere dosi adeguate di calcio e vitamina D, per prevenire l’osteoporosi; ed, inoltre, ridurre se non eliminare il consumo di bevande alcoliche, sale, caffè.

Le verdure sono le grandi alleate di questa fase di vita delle donne. Infatti, grazie al loro contenuto in fibra, garantiranno una regolare funzione intestinale prevenendo la comparsa di stipsi e la predisposizione al carcinoma del colon-retto. Inoltre bisognerebbe preferire prodotti integrali e pochi zuccheri semplici per ridurre il rischio di sviluppare il diabete. 

I consigli di DCD

La DCD  opera dal 1980 per trattare in modo specifico ogni circostanza inerente al sovrappeso; in particolare per le donne in menopausa si pone attenzione all’alimentazione e ai controlli seriati e continui per favorire una perdita di peso costante senza stressare i tessuti.

Oltre al trattamento Nuova Electrosculpture, che tratta il corpo in modalità total-body, viene consigliato anche il trattamento localizzato di Cryoultrasound, in particolare sulla zona addominale, in modo da ridurre in maniera specifica proprio questa zona, cruccio di tutte coloro che attraversano la menopausa.

Con la valutazione antropometrica e l’impedenzometria si monitorizza  nel corso dei trattamenti il miglioramento della silhouette al fine di ottenere il massimo dei risultati rapportati alla condizione della singola persona

Di Redazione , con il contributo della dottoressa Monica Ramiconi, dietista.

Allergie e intolleranze: tutto quello che hai sempre voluto sapere

Alcuni alimenti non ti permettono di digerire? Pensi di soffrire di qualche allergia o intolleranza? La nostra esperta risponde alle domande su allergie e intolleranze 

Che differenza c’è tra allergie e intolleranze?
Si sente spesso parlare di allergie e intolleranze alimentari quasi come fossero sinonimi, mentre in realtà sono due patologie ben distinte, confuse, probabilmente, a causa di alcuni sintomi comuni. Oggi, noi di DCD Studi Estetici, facciamo chiarezza su questo argomento che accomuna tante persone. 

Differenza tra Allergie e Intolleranze 

Le allergie alimentari sono dovute ad una reazione immunologica verso proteine alimentari normalmente tollerate chiamate allergeni. Sono coinvolte le IgE, anticorpi specifici della reazione allergica, e possono presentarsi con sintomi lievi o gravi. Il 2-4% della popolazione adulta è interessata da allergia alimentare, vi è una maggiore incidenza nei bambini, pari al 6-8% nei primi anni di vita. Le allergie alimentari sono più’ comuni nei primi 3 anni di vita, ma si possono presentare a qualsiasi età. Tuttavia la percezione globale di “allergia alimentare“ nella popolazione generale risulta molto più alta, intorno al 20%.

Gli alimenti maggiormente coinvolti sono: cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi e frutta a guscio, senape, molluschi.

I sintomi possono coinvolgere più organi.

  • Pelle: orticaria, angioedema, eczema;
  • Cavo orofaringeo: gonfiore della labbra, voce rauca;
  • Apparato gastroenterico: nausea, vomito, diarrea e crampi intestinali;
  • Apparato respiratorio: broncospasmo, tosse, naso chiuso e difficoltà respiratoria;
  • Apparato cardio-circolatorio: aritmie, pressione bassa, svenimento.

Le intolleranze alimentari provocano sintomi spesso simili a quelli delle allergie, ma non sono dovute a una reazione del sistema immunitario, e variano in relazione alla quantità ingerita dell’alimento non tollerato. Una dieta scorretta o alterazioni gastrointestinali come sindrome da intestino irritabile, gastrite, reflusso gastro-esofageo, diverticolite, calcolosi, colecistica determinano una sintomatologia attribuita, spesso erroneamente, all’intolleranza alimentare.

PRINCIPALI ALLERGIE E INTOLLERANZE

1. Intolleranza al lattosio

L’ intolleranza al lattosio è un problema di salute relativamente frequente; sintomi caratteristici sono dolore e gonfiore addominalediarreaflatulenzanauseavomito.

L’intolleranza al lattosio si manifesta con una sindrome di gravità variabile. La quantità con cui il lattosio non digerito per un deficit dell’enzima lattasi determina i sintomi di intolleranza dipende da diversi fattori, tra cui la quantità di lattosio ingerito, la attività del piccolo intestino, il tasso di svuotamento gastrico, il tempo di transito intestinale e la composizione della microflora gastrointestinale

La cattiva digestione del lattosio è una condizione comune, che colpisce fino al 75% della popolazione del mondo e non porta automaticamente all’intolleranza. Così come la mancata digestione del lattosio non porta automaticamente all’intolleranza.

L’utilizzo di probiotici come Lattobacilli e Bifidobatteri possono essere utili per alleviare i sintomi clinici di intolleranza al lattosio e l’assunzione di lattasi che permettono di digerire il lattosio presente negli alimenti e di alimenti a basso contenuto di lattosio.

2. Allergia alle proteine del latte

L’allergia alle proteine del latte è scatenata da un funzionamento anomalo del sistema immunitario che riconosce come nociva una proteina presente nel latte vaccino. In questo caso è consigliabile escludere totalmente dalla dieta tutti i tipi di latticini e ricorrere a prodotti alternativi.

3. Allergia al nichel

L’allergia al nichel è una  reazione immunitaria che si scatena in seguito al contatto con il metallo o all’ingestione del solfato, quando l’organismo non è in grado di tollerarlo.

Tra i sintomi più comuni vi sono senza dubbio le reazioni cutanee come dermatiti, rossori e prurito nel caso di allergia da contatto, mentre quella sistemica o alimentare si manifesta con disturbi gastrointestinali (gonfiore, crampi addominali, stitichezza o diarrea, nausea) e diffusi in tutto il corpo, tra cui mal di testa, spossatezza e dolori articolari.

Cosa evitare in caso di allergia al nichel, quindi? Cioccolato, cacao, anacardi, avena e pomodoro dovrebbero essere banditi in quanto sono i cibi più rischiosi per questo disturbo e prodotti in scatola.

Seguono poi altri alimenti che possiamo dividere in categorie:

  • Cereali: grano, mais, segale, grano saraceno;
  • Verdure: funghi, cipolle, cavoli, lattuga;
  • Frutta: prugne, pere, uva, mirtilli, lamponi, kiwi, frutta secca;
  • Pesce: frutti di mare, salmone, sgombro;
  • Altri alimenti: caffè, tè, lieviti, vino, margarina, aglio.  

GLUTEN SENSITIVITY E CELIACHIA

La gluten sensitivity, sensibilità al glutine non celiaca, è una possibile reazione al glutine (o più probabilmente ai cereali) i cui meccanismi non sono ancora noti. La comunità scientifica nazionale e internazionale è impegnata a studiare se si tratti di una vera e propria patologia e quali meccanismi la inducano. Per il momento la gluten sensitivity va considerata ancora come un ambito di ricerca. A differenza della celiachia, la sensibilità al glutine non provoca lesioni alla mucosa intestinale e non esistono marcatori nel sangue per identificare questa condizione. Il paziente, tuttavia, riferisce ugualmente la comparsa di sintomi all’ingestione del glutine (o dei cereali che lo contengono) e la loro scomparsa alla loro esclusione.

I Cereali contenenti glutine sono:

  • Farro
  • frumento
  • segale
  • spelta
  • orzo

I cereali naturalmente privi di glutine sono:

  • riso
  • mais
  • grano saraceno
  • miglio
  • amaranto
  • quinoa
  • manioca
  • teff
  • sorgo

La celiachia si può presentare con quadri clinici di diversa gravità e può interessare diversi organi ed apparati. Ma indipendentemente dalla severità clinica di presentazione della patologia, il danno è sempre presente se si assume glutine; esiste un’unica diagnosi di celiachia e un unico trattamento: una rigorosa dieta senza glutine per tutta la vita.

Di Redazione, con il contributo della dottoressa Giorgia Fusco, Dietista.

Cellulite: quali sono le cause e come combatterla

Vi presentiamo la nemica di molte donne: la cellulite. Scopriamo insieme le cause e i rimedi per combatterla.

È capitato a tutte di confrontarsi con sé stesse di fronte allo specchio e di trovare difetti da voler assolutamente combattere. Chi si vede troppo magra, chi troppo grassa, chi vorrebbe delle rotondità che non ha e chi, invece, vorrebbe nasconderle. Tutte con le proprie idee di perfezione che spesso non si rispecchiano nella figura che abbiamo di fronte allo specchio. Ma c’è un nemico che ci accomuna, che tutte prima o poi ci troviamo a voler combattere: la cellulite. 

La nemica numero uno

Una nemica comune. Infatti, è una condizione che attanaglia la maggior parte delle donne di ogni età, di ogni etnia e con stili di vita diversi. E cosa si potrebbe fare per combatterla? Bisogna innanzitutto conoscerla.

Cosa è la cellulite?

La cellulite (in termini medici, PEFS pannicolopatia edemo-fibro-sclerotica) è una condizione patologica che causa manifestazioni di carattere principalmente estetico. La cellulite si può manifestare a livello cutaneo con la cosiddetta “pelle a buccia d’arancia” ed è associata ad altre problematiche circolatorie come teleangectasie, ovvero problemi ai capillari, discromie cutanee, vene varicose e va in diagnosi differenziale con la lassità cutanea.

Ma quali sono le principali cause della cellulite

Le cause della cellulite

Non esiste un’unica causa ma diversi fattori che influiscono sulla comparsa della detestata cellulite. 

Innanzitutto, la cellulite è la conseguenza di una condizione cronica infiammatoria multifattoriale che causa una risposta degenerativa evolutiva del tessuto sottocutaneo. 

Ecco le cause più comuni della cellulite. 

1. Difetti del microcircolo 

Per microcircolo si intende la piccola circolazione sanguigna, quando questa non funziona bene si può accumulare acqua nel tessuto interstiziale ovvero lo spazio tra le varie cellule, favorendo la così detta ritenzione idrica e cellulite. La cellulite, infatti, prende origine dalla microangiopatia degli arti inferiori che causa un rallentamento del flusso dei microvasi portando ad una stasi venosa. La ritenzione idrica è una condizione clinica in cui i fluidi non sono correttamente rimossi dai tessuti; pertanto, avviene un accumulo di liquidi negli spazi intercellulari, causando uno squilibrio tra il sistema venoso e quello linfatico

2. L’alimentazione

Anche un’alimentazione non sana può influire sulla comparsa della cellulite. L’assunzione costante di cibi grassi, calorici e molto sapidi comporta un ristagno dei liquidi oltre che ad un aumento della adiposità localizzata. Anche un dimagrimento troppo rapido e non equilibrato con conseguente rilassamento cutaneo potrebbe favorire l’insorgenza dell’inestetismo. 

3. Fattore genetico

Anche il nostro DNA può essere un fattore che influisce sulla comparsa della cellulite. Questo perché a livello genetico potrebbe essere presente una familiarità con insufficienza venolinfatica degli arti inferiori e problemi venosi come lo sfiancamento delle pareti dei vasi.

4. Stile di vita

La vita che conduciamo è un altro fattore importante da considerare. Una vita troppo sedentaria o l’abbigliamento troppo aderente costringe i vasi e affatica il ritorno venoso. Allo stesso modo anche delle scarpe strette o con il tacco troppo alto, impediscono il meccanismo di naturale pompaggio del sangue dal tallone verso l’alto. La stasi circolatoria è provocata anche dallo stare troppo in piedi senza muoversi o viceversa dallo stare troppo seduti.

La principale causa della stasi venolinfatica degli arti inferiori risiede, però, nel non regolare movimento delle gambe. La vita moderna porta sempre più ad una staticità funzionale del nostro corpo: l’assenza della pompa muscolare impedisce la progressione dei liquidi dal basso verso l’alto, infatti, l’attività fisica regolare aiuta il metabolismo, la circolazione sanguigna e il naturale smaltimento delle tossine. Infine, previene ed elimina le adiposità, mantenendo efficiente la muscolatura.

5. Il fumo e l’alcool 

Anche il fumo agisce come un vasocostrittore, perciò il microcircolo viene compromesso, provocando accumulo di liquidi e contribuendo all’invecchiamento precoce dei tessuti. Anche l’alcool ha un ruolo nella comparsa della cellulite, infatti l’abuso etilico favorisce la comparsa della cellulite in quanto comporta l’introito di calorie non benevole, che favoriscono un accumulo di liquidi nello spazio interstiziale.

Rimedi alla cellulite

Ma dunque esiste una soluzione? Sicuramente ci sono degli accorgimenti che possiamo attuare per combattere la cellulite: uno stile di vita più sano che comprende una sana alimentazione evitando il fumo e riducendo l’eccessivo apporto calorico anche per quanto riguarda l’alcool. Fare attività fisica, ma anche cercare di non stare troppo in piedi o troppo seduti possono contribuire a evitare la stasi circolatoria.

E quando tutto questo sembra non portare i risultati sperati, si può combattere la cellulite con trattamenti specifici che agiscono in maniera mirata sulle cause soprattutto micro circolatorie.

L’approccio di DCD

Negli Studi Estetici DCD l’approccio alla cellulite è sicuramente di tipo multidisciplinare, e può essere affrontato a vari livelli.

La Nuova Elettroscultura agisce direttamente sul microcircolo migliorando la circolazione sanguigna e linfatica con un immediato effetto decongestionante e drenante, questo si traducea livello estetico in un miglioramento dell’inestetismo della cellulite. A questo trattamento sicuramente è opportuno affiancare il percorso alimentare DCD che risulta essere un perfetto alleato nella correzione dello stile di vita, come l’attività fisica costante.

Di Redazione, con il contributo della dottoressa Maria Giulia Mattei, medico chirurgo.

Dieta e felici? L’importante è non seguire falsi miti

Quanti falsi miti esistono sulla dieta? Ecco perché non dovresti seguirli se vuoi essere felice.

Cara dieta,
quante cose sono state dette sul tuo conto, quanto odio e quanti falsi miti per combatterti fin dalla notte dei tempi?

Da sempre associata ad una vita di sofferenze e privazioni, il solo pronunciare “Sono a dieta!”produce ansia in chi ne parla e compassione in chi ci ascolta.

Colei che non deve essere nominata prima o poi appare nella nostra vita. Tornare in forma, perdere peso o qualche centimetro è un qualcosa che ci accomuna e ci rende umani. Tutti con le stesse domande, dubbi e perplessità: “Si può essere a dieta e felici?

Ma allora perché insieme non ci uniamo per aiutarci, raccontarci, svelarci trucchi?

È proprio quello che noi di DCD vogliamo fare oggi. Sfatare i miti della signor Dieta per comprendere che essere a dieta non è per forza sinonimo di tristezza e infelicità. Ma soprattutto quello che vogliamo svelarti oggi è che troppe volte è la poca conoscenza di un argomento che lo rende incomprensibile e detestabile.

Ecco alcuni dei 5 miti più diffusi sulla dieta che non devi seguire se vuoi essere in forma e felice.

 

1. PERDERE PESO SIGNIFICA DIMAGRIRE

Falso.

La perdita di peso corporeo è associata al numero che segna la bilancia, l’amica inseparabile della dieta. Ma quel numeretto che compare sul display indica davvero il nostro stato di salute, se siamo in forma, tonici e allenati? Assolutamente no. Tecnicamente quando saliamo sulla detestata bilancia non sappiamo cosa stiamo pesando – massa magra, massa grassa o liquidi?

Dimagrire significa perdere massa grassa. E non sempre il diminuire del numero sulla bilancia è associato ad un giusto dimagrimento. La diminuzione del peso corporeo indotta da una dieta comporta la perdita sia di massa grassa che di massa magra, quest’ultima in quantità maggiore quanto più la dieta è restrittiva e il calo ponderale più rapido. Da ciò si evince quanto sia più utile valutare la composizione corporea e le sue modificazioni piuttosto che il solo dato della bilancia per stabilire l’efficacia di una dieta.

 

2. SALTARE I PASTI FA DIMAGRIRE

Credenza popolare e diffusa soprattutto tra i giovani induce a pensare che mangiando di meno, saltando i pasti, o digiunando a intermittenza si riesca a dimagrire più velocemente.

Niente di più falso. Saltare i pasti è sia dannoso sia controproducente.

È dannoso perché il calo ponderale iniziale è dovuto quasi esclusivamente alla perdita di massa magra (liquidi e muscolo) poiché l’organismo consuma le preziose scorte di glucosio presenti nel muscolo per ottenere l’energia non più disponibile con il cibo. Una specie di auto cannibalismo.

Ed è anche controproducente perché rallenta il metabolismo, in quanto l’organismo brucia calorie più lentamente perché sta già utilizzando le sue riserve, e questo può portare ad una stabilizzazione se non addirittura ad un aumento del peso corporeo.

 

3. ELIMINARE I CARBOIDRATI FA DIMAGRIRE

Falso.

I carboidrati rappresentano la principale fonte di energia per l’organismo – per il sistema nervoso, i reni e i globuli rossi. Hanno inoltre un effetto positivo sul transito e sulla microflora intestinale.

Secondo le Linee guida per una sana alimentazione, il 50-60% delle calorie totali introdotte con la dieta deve essere rappresentato dai carboidrati, principalmente complessi come la pasta e altri cereali. Questo è comprovato anche dalla Dieta Mediterranea – riconosciuta nel 2010 dall’UNESCO come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità – che fa dei carboidrati la sua base di partenza.

Eliminare carboidrati dalla dieta fa perdere peso ma principalmente liquidi e attiva vie metaboliche alternative che utilizzano principalmente i grassi per avere l’energia non più disponibile dal glucosio, con la produzione di metaboliti potenzialmente dannosi per l’organismo.

 

4. ALLERGIE E INTOLLERANZE FANNO AUMENTARE DI PESO

Ancora una volta no. Falso.

Le allergie e le intolleranze alimentari sono risposte anomale dell’organismo a determinati componenti presenti negli alimenti. La credenza che possano essere la causa dell’aumento di peso corporeo è del tutto infondata. Anzi, spesso, sono associate ad una condizione di malassorbimento che determina una perdita di peso corporeo.

Inoltre, sulla base di test diagnostici non validati scientificamente, vengono arbitrariamente esclusi gruppi di alimenti che rendono la dieta povera e sbilanciata con la conseguente perdita di peso corporeo che non dipende dall’intolleranza ma dalla mancanza di cibo.

 

5. I PRODOTTI LIGHT FANNO DIMAGRIRE

Questo è il mito più difficile da sfatare. Perché inconsciamenteassociamo alla parola light, leggerezza e dunque dieta.
Ma anche in questo caso si tratta di leggenda metropolitana.

Sono considerati alimenti lightgli alimenti che presentano un valore energetico ridotto di almeno il 30% rispetto a quello della media della categoria (Regolamento CE 1924/2006). Il prodotto light si ottiene principalmente riducendo grassi e zuccheri.

Il presunto ruolo sulla perdita di peso corporeo deve essere sostenuto da un’attenta valutazione delle caratteristiche nutrizionali del prodotto, in quanto se pur ridotte, le calorie presenti potrebbero essere comunque tante. Inoltre, il consumatore potrebbe cadere nel tranello del “tanto è più leggero” e consumarne quantità eccessive, anche in conseguenza di un minor senso di sazietà indotto dall’alimento light.

Diffidare dai suggerimenti “miracolosi” e affidarsi a fonti ufficiali è fondamentale per perdere peso in salute. Un peso corporeo adeguato e stabile, ottenuto con un’alimentazione bilanciata e una regolare attività fisica, contribuisce a vivere meglio e più a lungo.Nessun mito, nessuna bacchetta magica, nessuna costrizione e pentimento né tristezza e infelicità. Trovare il proprio equilibrio che si sposi appieno con il proprio stile di vita è questo l’unico mito da inseguire e da insegnare.

Del resto, come diceva anche Ippocrate: “Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in eccesso né in difetto, avremmo trovato la strada per la Salute.”

Di Redazione, con il contributo della Dott.ssa Serena Rianda

Con il cacao stop ai capelli bianchi

I capelli bianchi sono da sempre sinonimo di saggezza e negli ultimi anni sono tornati di moda.

La tendenza vuole i capelli brizzolati per gli uomini e total white per le donne. C’è, però, chi ancora non riesce ad accettarli e con essi il trascorrere del tempo.

Ecco allora che si ricorre alle tinture chimiche o altri prodotti che spesso provocano allergie ed irritazioni. Come ricorrere a rimedi naturali? Il cacao amaro è uno di questi. Scopriamo insieme l’efficacia della polvere di cacao per coprire i capelli bianchi.

Il cacao come rimedio per i capelli bianchi

Vuoi coprire i capelli bianchi? Finalmente potete farlo in modo naturale, prima di spendere denaro e tempo in costosi trattamenti che danneggiano la salute dei capelli e spesso anche fonte di allergie, cercate il rimedio nella natura.

I classici rimedi della nonna tornano ad essere utili per risolvere molti problemi per la nostra salute e bellezza. Abbiamo già visto l’importanza del caffè come rimedio per la salute dei capelli.

Qui vi proponiamo un altro efficace trattamento che oltre ad essere utile per i capelli bianchi, il cacao aiuta anche a mantenere in salute il cuoio capelluto.

Come applicare il cacao sui capelli

Prendere una bustina di cacao in polvere, formare una crema densa unendo 3 cucchiai di miele e 3 cucchiai di cacao amaro. Lasciare riposare sui capelli asciutti per circa un’ora e risciacquare.

Dopo l’asciugatura noterete che il cacao è riuscito a scurire i capelli in modo evidente, donando una tonalità naturale e lasciando i capelli anche profumati.

Impacchi di salute

Il cacao, oltre ad essere efficace per coprire i capelli bianchi, è sorprendente anche come shampoo e maschera. Per lo shampoo: prendete il vostro shampoo abituale e mischiatelo con la stessa quantità di cacao. usatelo per i lavaggi per almeno 2-3 settimane.

Per potenziare gli effetti del lavaggio potete abbinare un impacco pre-shampoo (maschera) a base di cacao. Per la maschera: mischiate 3 cucchiai di yogurt con 2 cucchiai di cacao in polvere, applicateli su tutti i capelli dalle radici alle punte. Fate agire per 30 minuti e procedete con il lavaggio.

Dopo alcune settimane avrete i capelli più sani e morbidi senza ricorrere a prodotti chimici. In più addio capelli bianchi! Provate per credere.

 

Le proprietà e gli utilizzi del sapone di Marsiglia

Il sapone di Marsiglia è un detergente completamente biodegradabile e naturale: vediamo in quanti modi possiamo utilizzarlo quotidianamente e come realizzarlo da sole.

I prodotti che utilizziamo quotidianamente tendono ad essere sempre meno bio e sempre più trattati. Noi consumatori, solitamente, non perdiamo troppo tempo a leggere gli INCI e le liste degli ingredienti, mentre verificare la composizione dei prodotti che utilizziamo soprattutto sulla pelle è un passaggio fondamentale da fare prima di acquistare un prodotto. Quando acquistiamo qualcosa tendiamo a prestare maggiore attenzione al prezzo piuttosto che alla formulazione, non tenendo conto del fatto che spesso un prezzo troppo basso può andare a minare la qualità di un prodotto e soprattutto delle materie prime utilizzate per realizzarlo.

Il sapone di Marsiglia è un sapone completamente naturale, realizzato con soli ingredienti bio. Le sue funzioni sono molte, possiamo infatti utilizzarlo per pulire la casa, per fare il bucato e per l’igiene personale.

PROPRIETÀ DEL SAPONE DI MARSIGLIA

Quando acquistate il sapone di Marsiglia dovete assicurarvi che sia del tutto naturale, alcuni saponi contengono derivati di animali, preferite sempre quelli che contengono olio di oliva. Grazie all’INCI dei prodotti sappiamo che “sodium tallowate” sta a indicare un ingrediente che proviene dalla macellazione animale; il vero sapone di Marsiglia non dovrebbe contenere tale ingrediente. Al posto del “sodium tallowate” nel vostro sapone di Marsiglia dovreste trovare il “sodium olivate“, cioè l’olio di oliva. Controllate quindi molto bene la lista degli ingredienti prima di procedere all’acquisto, la differenza appena citata ci fa capire se stiamo comprando un sapone di Marsiglia autentico e del tutto naturale o un sapone di bassa qualità.

SAPONE DI MARSIGLIA PER VISO, CAPELLI E MANI

Il sapone di Marsiglia svolge azione antibatterica, è quindi perfetto per detergere il viso sia la mattina appena svegli che la sera o dopo aver tolto il make-up. Questo sapone aiuta soprattutto le pelli miste o grasse. Molti detergenti per il viso che si trovano in commercio contengono zolfo, a lungo andare questo ingrediente può diventare molto nocivo per la pelle e peggiorare irritazioni o brufoli.

Il sapone potrebbe però seccare la pelle: consigliamo quindi di combinare sapone di Marsiglia a un tonico. Lavate bene il viso con sapone e poi passate il tonico sul viso.

Perfetto anche per lavare le mani, il sapone di Marsiglia è molto meno aggressivo di tanti saponi in commercio. Se le vostre mani risultano secche e dure dopo averle lavate, il vostro sapone è troppo forte. Un detergente a base di sapone di Marsiglia invece è molto più delicato sulla pelle ed è adatto alla detersione quotidiana delle mani perché pulisce a fondo le mani senza seccarle.

Il sapone di Marsiglia ha anche azione sgrassante e come è perfetto per pelli miste e grasse lo è anche per i capelli che tendono ad essere grassi e unti. Su capelli secchi e sfibrati invece il sapone svolge un’azione di rinforzo. I capelli secchi saranno rigenerati e ritroveranno lucentezza.

SAPONE DI MARSIGLIA FAI DA TE

Preparare il sapone di Marsiglia in casa è molto semplice. Per preparare una saponetta vi serviranno poche gocce di un olio essenziale a vostra scelta, un litro di olio di oliva, 300 ml di acqua, e 120 grammi di soda caustica.
Munitevi di guanti e mascherina per proteggere gli occhi prima di iniziare la preparazione del sapone. Mescolate in un recipiente l’acqua e la soda caustica facendo molta attenzione. Aspettate che la temperatura si abbassi e aggiungete l’olio. Mescolate il tutto aiutandovi con un frullatore apposito o una frusta elettrica. Aggiungete qualche goccia (5 o 6) di olio essenziale e continuate a mescolare.

Versate poi il contenuto in uno stampino apposito e lasciate solidificare per un giorno. Dopo aver tolto il sapone dallo stampo lasciatelo stagionare in luogo asciutto e ventilato per circa un mese. Vi ricordiamo inoltre che la soda caustica una volta trasformata in sapone e fatta stagionare diventa biodegradabile! Il prodotto rimane al 100% puro e naturale.

Come ridurre l’astinenza dal fumo

Il fumo, oltre ad essere una delle maggiori cause di malattie cardiache e polmonari, favorisce anche altre conseguenze negative come la perdita di calcio (che porta all’osteoporosi), ipertensione e ictus (causa restringimento dei vasi sanguigni).

Il fumo incide negativamente anche sul benessere della pelle favorendo la comparsa di rughe e inestetismi cutanei. Smettere di fumare è uno degli obiettivi principali di uomini e donne per evitare conseguenze spiacevoli per salute e benessere

Smettere di fumare spaventa perchè si ha paura di non superare l’astinenza da tabagismo. Come ridurre i sintomi dell’astinenza? Ecco alcuni rimedi utili e consigli per superare i cosiddetti momenti di “crisi da fumo”.

Sintomi dell’astinenza da fumo

La nicotina causa dipendenza e per questo motivo quando il nostro corpo non ne assume più è possibile avvertire sintomi tipici di un’astinenza da droghe. Cosa accade al nostro organismo quando si smette di fumare? Ecco i sintomi tipici della “sindrome da astinenza da fumo”:

  • irritabilità
  • sonnolenza
  • aumento dell’appetito
  • insonnia

Il tempo necessario per eliminare completamente la nicotina dall’organismo è 3 giorni, quando comincia il momento più acuto della sindrome. In questo momento, infatti, l’ex fumatore avverte nel modo più intenso i sintomi citati in precedenza, molto più forti di quelli avvertiti dopo circa due ore dall’ultima sigaretta.

Secondo alcuni studi dopo circa 20 giorni gli ex fumatori cominciano ad avvertire meno il desiderio di fumare e si sentono più a loro agio. Scopriamo come aiutarsi in questo periodo e come alleviare il desiderio impellente di accendersi una sigaretta.

Rimedi per ridurre l’astinenza da fumo

Il momento più brutto per coloro che decidono di smettere di fumare spesso non è il preciso istante della volontà, ma affrontare le conseguenze del desiderio di riaccendere una sigaretta. Affrontare l’astinenza da fumo è molto difficile. Come fare? Esistono alcuni trucchi e consigli per placare il desiderio di fumare e placare i nervi. Eccone alcuni:

  • Consumare 6 pasti al giorno ricchi di frutta, verdura, proteine e cereali integrali per mantenere costante il livello di zuccheri nel sangue
  • Seguire una dieta più vegetariana per rallentare lo smaltimento della nicotina dall’organismo
  • Fate esercizi fisici, passeggiate e seguite corsi di buona respirazione
  • Fate spuntini a base di semi di zucca e girasole (il contenuto di zinco riduce il desiderio di fumare bloccando gli enzimi del gusto)
  • Mangiate avena, diminuirebbe il desiderio di fumare
  • Bere infusi di erbe per calmare i nervi da astinenza da nicotina

Bevande per contrastare l’astinenza da fumo

Per alleviare i sintomi da astinenza da fumo e calmare i nervi possono essere utili alcune bevande a base di erbe, alghe o sostanze naturali da assumere costantemente o all’occorrenza. Ecco alcune bevande della salute che, oltre a calmare il desiderio, riescono a nutrire in modo efficace il sistema nervoso e prepararlo agli attacchi di astinenza:

  • Coltellino svizzero: infuso a base di alga kelp, cardo, spirulina e uva. Filtrate in un recipiente l’alga kelp e conservatene il succo. In un estrattore unire il cardo, la spirulina e l’uva. Mescolare versare nei bicchieri
  • Ortica: unire nell’estrattore ortica, melone, carota e uva insieme all’olio di oliva. Mescolare e versare nei bicchieri
  • Mela e camomilla: inserire nell’estrattore mele, uva e camomilla. Aggiungere la scutellaria, mescolate e consumate
  • Pina Colada: inserire nell’estrattore ananas, melissa e limone. Aggiungere latte di cocco e olio di semi di lino. Mescolare e consumare
  • Vitamine del mare: mescolare alga kelp, mela, spinaci e spirulina. Versate nei bicchieri e consumare all’occorrenza

Quale insalata preferisci? Cicoria, indivia o lattuga?

La denominazione generica di “insalata” è utilizzata per indicare un gruppo di ortaggi a foglia consumati prevalentemente crudi. La maggior parte delle insalate si può suddividere in tre famiglie botaniche: 

  • le cicorie (che includono i radicchi)
  • le indivie
  • le lattughe

A queste si affiancano numerose erbe di campo quali il tarassaco, la borragine e così via.

La produzione delle diverse specie non ha interruzioni nel corso dell’anno: alcune varietà sono prettamente invernali (indivia riccia, indivia scarola, radicchi), altre sono tipicamente primaverili-estive (lattuga cappuccio, lollo, trocadero), altre ancora estive-autunnali (lattuga a costa lunga, iceberg).

Dal punto di vista nutrizionale, le insalate sono ricche di vitamine (A, C), sali minerali (calcio, ferro) e fibra solubile, particolarmente efficace nella prevenzione dell’arteriosclerosi.

Qualche consiglio:

  • All’acquisto controllate sempre che i colori siano vivaci, le foglie turgide, croccanti e non alterate da insetti.
  • Non lasciatele mai negli involucri sigillati, poiché marcirebbero in breve tempo, ma sistematele in un contenitore coperto con un panno inumidito e ponetele in un cassetto del frigorifero dove l’aria riesca a circolare.
  • Le insalate si conservano al massimo per 3-4 giorni, a eccezione del radicchio rosso, un po’ più resistente.

Cicorie

Il gruppo delle cicorie comprende numerose varietà molto diverse tra loro, in genere a raccolta autunnale o invernale. Il caratteristico sapore amarognolo è particolarmente gradevole nelle piante giovani, che sono quindi da preferire al momento dell’acquisto. 
Le cicorie a foglia rossa o variegata, comunemente chiamate radicchi, sono oggi la varietà più diffusa.

Indivie

Piante a foglia simili alle cicorie, tipiche dei mesi invernali, ma ormai reperibili nel corso di tutto l’anno. Hanno l’aspetto di cespi appiattiti, con le foglie verdi inserite in un breve fusto tenero. La parte centrale, detta cuore, è di colore più chiaro, tendente al giallo. Si dividono in due gruppi: le indivie ricce e le indivie scarole.
Indivia riccia: è facilmente riconoscibile per le foglie crespate e molto frastagliate, che devono essere compatte e ben turgide anche all’esterno. L’indivia riccia viene sempre consumata cruda, meglio ancora se combinata con altre varietà di insalata.

Indivia scarola: pianta dalle foglie larghe e lisce, con bordi appena frastagliati, caratterizzata da una consistenza croccante e da una leggera tonalità amarognola. Viene consumata sia cruda sia cotta, ed è particolarmente utilizzata nella gastronomia campana (per esempio nella preparazione della pizza con la scarola e della scarola imbottita).

Lattughe

Sono le insalate più delicate, sia per la consistenza della foglia, sia per quanto riguarda la conservazione. Oltre all’ottima lattuga da taglio, le lattughe si suddividono nei grandi gruppi seguenti.
Lattuga cappuccio: di forma rotonda e dalle foglie molto larghe, concave e rugose. è il tipo di lattuga più utilizzato in cucina per insalate e guarnizioni. Tra le diverse varietà, due in particolare si distinguono per robustezza e consistenza croccante: la trocadero e la iceberg; quest’ultima in particolare resiste anche al calore e, per questo, è spesso utilizzata nella preparazione degli hamburger.
Lattuga a costa lunga: detta anche lattuga romana, ha forma molto allungata e consistenza croccante: è utilizzata sia a crudo nelle insalate, sia cotta brasata o nella preparazione di minestre.

Erbe di campo

Sono numerose le varietà di erbe spontanee che si possono utilizzare nelle insalate, a patto che le loro foglie siano giovani e fresche; tra le più diffuse occorre ricordare l’acetosella, l’achillea, l’altea, la beccabunga, la borsa del pastore, il levistico, la melissa, la piantaggine, la pimpinella, la valerianella ecc. Talvolta il confine tra insalate di campo ed erbe aromatiche è molto labile e può dipendere unicamente dalla quantità utilizzata.

Fiori

Molti fiori sono adatti a un uso alimentare: i fiori d’acacia possono essere utilizzati per preparare frittelle, mentre le viole sono ottime in insalata o candite; le pratoline, le primule e il gelsomino sono utilizzati per decorare variopinte misticanze, mentre le rose sono l’ideale per aromatizzare preparazioni dolci o come accompagnamento di delicate erbe crude. Tra i numerosi fiori da insalata, occorre ricordare almeno i seguenti. Calendula: oltre alle tenere foglie che conferiscono un gusto particolare alla misticanza, si possono utilizzare i fiori, dal colore vivace e dal sapore intenso. La calendula può essere impiegata anche per aromatizzare un risotto, conferendogli un particolare colore giallo. I boccioli si possono conservare e usare come i capperi.Malva: i piccoli fiori di questa pianta, oltre a essere utilizzati in erboristeria, possono rappresentare una gradevole guarnizione di insalate miste. Le foglie cotte sono invece inpiegate nella preparazione di zuppe. Nasturzio: fiore dal caratteristico colore giallo o arancione che sboccia in estate; ha un sapore piccante ed è in genere utilizzato per insaporire insalate miste o per guarnirle. I boccioli possono essere conservati sotto sale o sotto aceto.Primula: foglie e fiori di primula si abbinano in particolare con la lattuga classica. Tarassaco o dente di leone: erba spontanea dei prati nota per il suo potere diuretico. I fiori conferiscono alle insalate una nota amaricante e si possono utilizzare sia chiusi, sia quando sono già sbocciati.

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