Chi di noi non ha mai desiderato un bel dolce?
I dolci nelle loro varietà accompagnano da sempre i momenti lieti della vita: non c’è cerimonia o ricorrenza senza il suo dolce finale. Se pensiamo che fin dall’infanzia i dolci assumono il valore di premio e ricompensa, sembra impossibile pensare ad una vita priva dei dolci.
Il loro buon sapore, dovuto al connubio di zuccheri e grassi, esalta le papille gustative e rallegra gli animi. Pertanto, amare i dolci, esserne golosi, potrebbe non essere un problema ma un innocuo piacere.
Però, delle volte, la voglia di dolci può sopraffare fino a diventare una vera e propria dipendenza che si manifesta quando subentrano i seguenti fattori: frequenza, quantità, compulsività.
Spesso accade che si inizia una dieta con buone intenzioni e si riesce a seguire lo schema alimentare con successo. Ma altrettanto spesso accade che in certi momenti, soprattutto dopo cena o addirittura di notte, esploda una irrefrenabile voglia di dolce.
A quel punto ci si muove verso il frigo, a volte come in trance, obbiettivo la fetta al latte dei ragazzi, o verso i cassetti della credenza a far man bassa di biscotti e cioccolatini destinati ad amici e parenti. Desiderio e volontà di controllo si confondono, si combattono, ed è sempre il primo ad avere la meglio.
“Le mani vanno più veloci del pensiero e scartano frenetiche la tavoletta del cioccolato preferito”, così mi racconta una cliente e aggiunge: “non riesco a fermarmi… ho bisogno di scaricare la tensione, calmarmi, coccolarmi.” Queste parole ci guidano verso una comprensione del fenomeno che va oltre il bisogno fisiologico di mangiare, oltre la fame, oltre il puro piacere del palato.
Per le neuroscienze quando si mangiano dolci o cibi contenenti zuccheri, il cervello attiva una sorta di sistema di ricompensa chiamato sistema mesolimbico della dopamina, la stessa sostanza che viene rilasciata dai neuroni quando siamo felici, soddisfatti, appagati. Quindi, se si vorrà mantenere questo stato di grazia si dovrà ripetere l’assunzione con una certa frequenza. Da ciò se ne deduce che i dolci sono la riproduzione “chimica” del piacere e del benessere che non si riesce ad ottenere per altre vie, una sorta di cibo dall’effetto medicale, facile da reperire ed auto prescrivibile.
Lo zucchero, inoltre, essendo presente nel latte materno e nel latte in polvere, può evocare l’abbraccio in cui erano avvolti i nostri corpi da cuccioli e quel senso di pienezza e sazietà irripetibili. Oppure, al contrario, quel sapore rimanda a un contatto emotivo forse insufficiente nell’infanzia, di cui rimaniamo affamati e che continuiamo a farci mancare da adulti.
Quell’ irrefrenabile voglia di dolce è come un diavoletto malefico che ci dice: “fallo, fallo, mangia i biscotti” e fa saltare una giornata di dieta quasi perfetta. Ogni biscotto mangiato può essere una parola non detta, un bisogno non espresso, un dolore non elaborato, la panacea ad un’emozione che esplode nella notte e alla quale non si sa dare un nome.
Ho chiesto ad una cliente di dirmi se quel cornetto mangiato con un po’ di senso di colpa fosse stato un gesto o una frase, che gesto e che frase sarebbero stati e lei mi ha risposto: “Il gesto un abbraccio, la frase sei stata brava”.
Ma i dolci nel loro significato psicologico possono essere anche la carica a una vitalità spenta, il sostituto di un gesto creativo, o della realizzazione di se stessi come persona.
Tante possono essere le chiavi di lettura per questo particolare rapporto con i dolci, ma ognuno ha il suo personale intimo significato. Sarebbe utile comprendere cosa nasconde quel gesto impulsivo, cosa sostituisce, cosa vi manca veramente, e cogliere l’emozione che vi spinge a fagocitare dolci senza gustarli, senza piacere e con senso di colpa.
Spesso da soli risulta difficile analizzare il perché di determinati comportamenti. Nonostante ci si metta la buona volontà per seguire un regime alimentare sano, si fallisce. Una psicologa del comportamento alimentare può aiutare ad aprire un dialogo tra la parte impulsiva e la parte razionale, ad accogliere le vostre emozioni senza giudicarle e ad attivare altri canali di piacere e soddisfazione.
dott.ssa Marzia Vercillo, psicologa Psicoterapeuta – Consulente DCD
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